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mercoledì 20 aprile 2011

I lamenti del Signore sulla Croce: residui arcaici in greco nella liturgia latina

Gli Improperia sono versetti cantati antifonicamente e responsorialmente durante l'adorazione della Croce del Venerdì santo.
Il testo, di reminescenza biblica, benchè forse derivato anche da contaminazioni con l'apocrifa Apocalisse di Esdra, immagina i "rimproveri" che Gesù rivolge agli ebrei dalla croce. Di fatto parte di questi sovrappongono le parole di Cristo a quelli di Dio stesso quando ricorda agli ebrei la salvezza concessa attraverso Mosé.
Il rito è antichissimo, già testimoniato a Gerusalemme nel III sec. (descritto dalla pellegrina  Eteria) fu accolto anche in Occidente verso il VI secolo.
La prima parte, delle due sezioni in cui si divide, prevede tre improperia (destinate ai solisti del coro):

[1] Popule meus, quid feci tibi? Aut in quo contristavi te? Responde mihi! — Quia eduxi te de terra Aegypti: parasti Crucem Salvatori tuo. Popolo mio, che ti ho fatto? In cosa ti ho contrariato? Rispondimi. (Cf. Mi 6,3) — Ti ho liberato dall'Egitto e tu prepari la croce per il tuo salvatore? (Cf. Mi 6,4)

[2] Quia eduxi te per desertum quadraginta annis, et manna cibavi te, et introduxi in terram satis optimam: parasti Crucem Salvatori tuo. Ti ho condotto quarant'anni attraverso il deserto, ti ho cibato con la manna, ti ho portato in una terra rigogliosa e tu prepari la croce per il tuo salvatore? (Cf. Dt 8,2-3.7)

[3] Quid ultra debui facere tibi, et non feci? Ego quidem plantavi te vineam meam speciosissimam: et tu facta es mihi nimis amara: aceto namque sitim meam potasti: et lancea perforasti latus Salvatori tuo. Cos'altro dovrei fare che non ho fatto? (Cf. Is 5,4) Ho piantato per te la mia florida vigna e tu ti sei comportato in modo così amaro: hai dato aceto per dissetar la mia sete e hai aperto il fianco con una lancia al tuo salvatore. (Sal 69,22).

Ad ogni strofa risponde il primo coro con il Trisaghion greco (da hagios, santo) a cui replica l'altro coro con la traduzione latina. In tutta la liturgia romana si trova unicamente in questo testo e in questo giorno dell'anno il canto - comunissimo tra gli orientali - dell'inno in onore del "tre volte Santo": Santo Dio, Santo forte, Santo immortale, abbi pietà di noi!

Hagios o Theos – Sanctus Deus
Hagios Ischyros – Sanctus Fortis
Hagios Athanatos, eleison hymas – Sanctus Immortalis, miserere nobis.



Lo stesso canto eseguito da un coro femminile italiano

Lo spartito dal Graduale Triplex:


























Fonte: www.examenapium.it

2 commenti:

roberto di bovolone ha detto...

perche residui arcaici in greco nella liturgia latina??? prima dell'angustiante vernacolo e del magnifico latino la liturgia era in greco.poi si e' avviata la disennellizazione della liturgia.ma per me che e' la prima volta che la sento ,mi appare sublime.forse in momenti di cosi grave crisi di fede parrebbe bene recuperare tutto cio gregoriano compreso che non e' un belare ma il canto primario della chiesa

A.R. ha detto...

Evidentemente sono d'accordo con lei, "residui arcaici" non aveva un significato deteriore, ma solo la constatazione che nel passaggio dal greco al latino, qualche locuzione greca, testimone di una più antica lingua liturgica, è sopravvissuta all'interno del rito romano. E certamente la bellezza del canto gregoriano (si pensi ai Kyrie) esalta queste particolarità

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