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venerdì 17 ottobre 2008

Ancora sul ventilato spostamento del segno di pace


Sull'Osservatore Romano di oggi c'è un'intervista al Card. Arinze, dove, tra le altre cose, si chiedono lumi sul proposto spostamento del segno di pace:

E per quanto riguarda la possibilità di modificare la collocazione dello "scambio della pace" nell'ambito della celebrazione liturgica?

Diciamo anzitutto che si tratta ancora di un'ipotesi. Al numero 49 dell'esortazione apostolica il Papa premette che "l'Eucaristia è per sua natura Sacramento della pace" e che "questa dimensione del Mistero eucaristico trova nella Celebrazione liturgica specifica espressione nel rito dello scambio della pace". Un "segno di grande valore" dunque che "nel nostro tempo, così spaventosamente carico di conflitti", acquista un particolare rilievo anche dal punto di vista della sensibilità comune, in quanto "la Chiesa avverte sempre più come compito proprio quello di implorare dal Signore il dono della pace e dell'unità per se stessa e per l'intera famiglia umana". Per Papa Ratzinger "la pace è un anelito insopprimibile, presente nel cuore di ciascuno", tanto che "la Chiesa si fa voce della domanda di pace e di riconciliazione che sale dall'animo di ogni persona di buona volontà". Da tali premesse si comprende l'intensità con cui il rito della pace è sentito nel contesto della celebrazione liturgica.

Perché allora l'ipotesi di spostarlo?

Già durante il Sinodo del 2005 era stata rilevata l'opportunità di moderare questo gesto, che - rileva la
Sacramentum Caritatis - "può assumere espressioni eccessive, suscitando qualche confusione nell'assemblea proprio prima della Comunione". Di qui il suggerimento di "limitare lo scambio della pace a chi sta più vicino", per evitare il perpetuarsi di una situazione diventata in molte chiese un momento chiassoso, quasi un jamboree che avviene proprio appena prima della Comunione. Si è inoltre pensato a un possibile trasferimento del gesto a un altro momento della celebrazione. Il Papa ha domandato alla nostra Congregazione di fare delle proposte. E noi abbiamo organizzato una vasta consultazione i cui risultati sono stati inoltrati al Pontefice. Lo stesso, dopo aver studiato le sintesi, ci ha incaricati di scrivere alle Conferenze episcopali locali per chiedere loro di scegliere tra due possibilità di collocazione del segno della pace: lasciarlo dov'è, subito prima dell'Agnus Dei oppure anticiparlo tra la preghiera dei fedeli e l'offertorio.

E qual è stato il risultato di questa seconda consultazione?

Ancora non abbiamo ricevuto tutte le risposte. Contiamo di averle entro la fine di ottobre. Poi, alla fine del mese successivo, la nostra Congregazione farà il commento delle indicazioni ricevute e lo porterà al Papa per la decisione definitiva.

Ma io mi chiedo: il segno di pace è già attualmente una possibilità "se opportuno". Lì dov'è ha il suo significato di preparazione immediata alla comunione, perchè il Corpo eucaristico di Cristo si deve accostare se riconosco e sono in pace con il Corpo mistico di Cristo che è la Chiesa.
Con lo spostamento ventilato - e preghiamo che il Papa amante della Tradizione non vada contro i suoi stessi principi - il gesto di pace CAMBIA SIGNIFICATO. Il rito Ambrosiano, venerabilissimo, lo intende come preparazione all'offerta dei doni all'altare, come gesto di riconciliazione più che espressione di una pace che c'è già.
Lo so che direte sono sfumature e sottigliezze, l'importante è evitare le baraonde pre-comunione, ma a me non pare sia questo spostamento il modo di risolvere il problema. L'educazione e l'istruzione di clero e popolo non la si dribbla spostando il problema da un'altra parte.

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