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giovedì 6 novembre 2008

Senza la risurrezione (reale) di Cristo la fede sarebbe assurda.

Papa Benedetto, alla catechesi del mercoledì (5 nov.) ha rinnovato il messaggio paolino della necessità intrinseca della risurrezione di Cristo per la plausibilità della fede.
Sembrerebbe qualcosa di scontato, e inveve non lo è. Il papa lo sa bene. Sia nella teologia come nella coscienza di tanti cristiani la risurrezione di Cristo corre sempre il rischio di essere interpretata mitologicamente o psicologicamente, o "metastoricamente" (che vuol dire che tanto storico non è questo evento).
Leggiamo questa sintesi del discorso a cura di Alessandro de Carolis di Radio Vaticana:

Sarebbe “semplicemente assurda” la vita cristiana senza la risurrezione di Gesù. La convinzione ribadita da Benedetto XVI fu la stessa che duemila anni fa mosse Paolo di Tarso: il suo insegnamento alle prime comunità di credenti, ha spiegato il Papa, parte sempre e in ogni caso da questo momento zero della fede: il sepolcro vuoto, i testimoni che ne toccano le pietre e le bende, Gesù che appare a questi testimoni dopo la sua morte. Da qui - allora per Paolo, ma oggi per noi - muove anche ogni passo del cristiano verso la vera speranza:
“In tale evento infatti sta la soluzione del problema posto dal dramma della Croce. Da sola la Croce non potrebbe spiegare la fede cristiana, anzi rimarrebbe una tragedia, indicazione dell’assurdità dell’essere. Il mistero pasquale consiste nel fatto che quel Crocifisso 'è risorto il terzo giorno secondo le Scritture' - così attesta la tradizione protocristiana. Sta qui la chiave di volta della cristologia paolina: tutto ruota attorno a questo centro gravitazionale”.
 
Ma in che modo il “grande apostolo”, come lo chiama il Papa, annuncia questo mistero? E perché per lui è un tema “così determinante”? La catechesi in Piazza San Pietro risponde a queste due domande. Sul come, Paolo - ha affermato Benedetto XVI - annuncia a partire dalle parole della “tradizione”, non ne “va mai a discapito”. Risponde alle domande concrete dei primi cristiani, ai loro dubbi. In sostanza, ha osservato il Papa, quella paolina è una “teologia vissuta”. E qui, il Pontefice, esperto teologo, ha fatto una digressione sul ruolo della teologia moderna:
“ll teologo, il predicatore non crea nuove visioni del mondo e della vita, ma è al servizio della verità trasmessa, al servizio del fatto reale di Cristo, della Croce, della risurrezione. Il suo compito è aiutarci a comprendere oggi, dietro le antiche parole, la realtà del ìio con noi’ quindi la realtà della vera vita”.
 
Rispettando la “catena della tradizione” avviata dai primi Apostoli, San Paolo arriva dunque a presentare la risurrezione di Gesù come “sintesi” del Vangelo e come “punto culminante” di un cammino di salvezza. E questo “modo” di annunciare induce, ha proseguito Benedetto XVI, a chiedersi il “perché” insista su questo evento. Perché, ha risposto il Papa:
“La novità della risurrezione consiste nel fatto che Gesù, elevato dall’umiltà della sua esistenza terrena, viene costituito Figlio di Dio ‘con potenza’ (...) La risurrezione svela quindi definitivamente qual è l’autentica identità e la straordinaria statura del Crocifisso. Una dignità incomparabile e altissima: Gesù è Dio!”.
 
Tutto ciò, ha concluso il Pontefice rivolgendosi alla folla, produce “importanti conseguenze per la nostra vita di fede”, perché siamo intimamente chiamati a partecipare “a tutta la vicenda della morte e della risurrezione di Cristo”. Siamo chiamati a una speranza che passa per un via di grande impegno:
“La teologia della Croce non è una teoria – è la realtà della vita cristiana. Vivere nella fede in Gesù Cristo, vivere la verità e l’amore implica rinunce ogni giorno, implica sofferenze. Il cristianesimo non è la via della comodità, è piuttosto una scalata esigente, illuminata però dalla luce di Cristo e dalla grande speranza che nasce da Lui”.


Per leggere l'intera catechesi del papa:

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