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giovedì 15 gennaio 2009

La "messa privata" che cos'è? Chi l'ha vietata?



Giovanni Paolo II celebra la Messa "privata" il 9 giugno 1997 nella cripta della Cattedrale del Wawel a Cracovia (Osservatore Romano del 1/11/1997)

Ogni tanto è bene rileggere e meditare sui documenti del recente passato, che rischiano di essere con troppa facilità obliati, sepolti dai tanti testi magisteriali di varia natura che si sono susseguiti freneticamente negli ultimi 40 anni (e che ultimamente si sono un tantino diradati...)
Vi propongo una meditazione sulla "Messa senza il popolo" che anche il Messale di Paolo VI prevede con apposita sezione, ma che non è prevista nella mente di molti sacerdoti.
Costoro si attaccano, infatti, all'ambigua dicitura di "messa privata", come se si opponesse ad una "messa pubblica". Invece si sa bene che tutte le messe sono pubbliche e ogni messa che non sia quella conventuale per le comunità religiose e la messa "pro populo" nelle parrocchie, sono tutte "private", nel senso che l'intenzione del sacerdote è di celebrarla per una persona o una situazione particolare (fosse anche la sua). Per evitare confusioni, già Giovanni XXIII nella sua revisione delle rubriche del Messale, faceva scrivere: "Sacrosanctum Missae Sacrificium, iuxta canones et rubricas celebratum, est actus cultus publici, nomine Christi et Ecclesiae Deo redditi. Denominatio proinde 'Missae privatae' vitetur" (Si eviti pertanto di chiamarle "Messe private", non di celebrarle!)
Sentiamo comunque cosa ne pensa e come ne scrive il Papa del Messale riformato:

ENCICLICA DI SUA SANTITÀ PAOLO VI


MYSTERIUM FIDEI

SULLA DOTTRINA E IL CULTO DELLA SS. EUCARISTIA
1965

9. ...Non mancano, proprio nella materia che ora trattiamo, motivi di grave sollecitudine pastorale e di ansietà, dei quali la coscienza del Nostro dovere Apostolico non ci permette di tacere.

10. Ben sappiamo infatti che tra quelli che parlano e scrivono di questo Sacrosanto Mistero ci sono alcuni che circa le Messe private, ... divulgano certe opinioni che turbano l'animo dei fedeli ingerendovi non poca confusione intorno alle verità di fede, come se a chiunque fosse lecito porre in oblio la dottrina già definita dalla Chiesa, oppure interpretarla in maniera che il genuino significato delle parole o la riconosciuta forza dei concetti ne restino snervati.

11. Non è infatti lecito, tanto per portare un esempio, esaltare la Messa così detta «comunitaria» in modo da togliere importanza alla Messa privata (Non enim fas est, ut exemplo rem confirmemus, Missam quam «communitariam» dicunt, ita extollere, ut Missis quae privatim celebrentur derogetur).

33. Inoltre bisogna richiamare la conclusione che scaturisce da questa dottrina circa «l'indole pubblica e sociale di ogni Messa» (Sacrosaпctum Concilium, c. 1, n. 27). Giacché ogni Messa, anche se privatamente celebrata da un sacerdote, non è tuttavia cosa privata, ma azione di Cristo e della Chiesa, la quale nel sacrificio che offre, ha imparato ad offrire sé medesima come sacrificio universale, applicando per la salute del mondo intero l'unica e infinita virtù redentrice del sacrificio della Croce. Poiché ogni Messa celebrata viene offerta non solo per la salvezza di alcuni, ma anche per la salvezza di tutto il mondo. Ne consegue che, se è sommamente conveniente che alla celebrazione della Messa partecipi attivamente gran numero di fedeli, tuttavia non è da riprovarsi, anzi da approvarsi, la Messa celebrata privatamente, secondo le prescrizioni e le tradizioni della santa Chiesa, da un Sacerdote col solo ministro inserviente; perché da tale Messa deriva grande abbondanza di particolari grazie, a vantaggio sia dello stesso sacerdote, sia del popolo fedele e di tutta la Chiesa, anzi di tutto il mondo, grazie che non si possono ottenere in uguale misura mediante la sola Comunione.
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A questo proposito, già Pio XII era intervenuto per arginare le idee estremiste di alcuni teologi del Movimento Liturgico, idee che all'epoca erano considerate ipotesi impossibili, e invece, poi, si sono effettivamente concretizzate:


"Ci piace, a questo proposito, ripetere le considerazioni del Nostro Predecessore Benedetto XIV sulle definizioni del Concilio di Trento: «In primo luogo […] dobbiamo dire che a nessun fedele può venire in mente che le Messe private, nelle quali il solo sacerdote prende l'Eucaristia, perdano perciò il valore del vero, perfetto ed integro Sacrificio istituito da Cristo Signore e siano, quindi, da considerarsi illecite. Né i fedeli ignorano - almeno possono facilmente essere istruiti - che il Sacrosanto Concilio di Trento, fondandosi sulla dottrina custodita nella ininterrotta Tradizione della Chiesa, condannò la nuova e falsa dottrina di Lutero ad essa contraria». «Chi dice che le Messe nelle quali il solo sacerdote comunica sacramentalmente sono illecite e perciò da abrogarsi, sia anatema».

Si allontanano dunque dal cammino della verità coloro i quali si rifiutano di celebrare se il popolo cristiano non si accosta alla mensa divina; e ancora di più si allontanano quelli che, per sostenere l'assoluta necessità che i fedeli si nutrano del convito Eucaristico insieme col sacerdote, asseriscono, capziosamente, che non si tratta soltanto di un Sacrificio, ma di un Sacrificio e di un convito di fraterna comunanza, e fanno della santa Comunione compiuta in comune quasi il culmine di tutta la celebrazione". (Enciclica Mediator Dei, 1947).


Mons. Francesco Carpino, poi Cardinale, in un discorso tenuto ad un Simposio all'Ateneo Lateranense nel 1949 per il 50° di Pio XII diceva, sottolineando con enfasi, quasi incredulo, esagerazioni che al suo tempo erano irreali:
"Bisognerà, quindi, disapprovare la Messa privata; disapprovare anche la Messa detta da un sacerdote ad un altare laterale mentre si celebra all'altar maggiore la Messa solenne per i fedeli presenti; disapprovare, in fine, la celebrazione contemporanea di più messe nella stessa Chiesa." E annotava subito dopo inorridito: "né dinanzi a tali conseguenze indietreggiano gli incauti assertori del rinnovamento liturgico: chè anzi non esitano ad accoglierle apertamente".

Ma è proprio quello che poi, senza alcun appiglio a documenti cogenti, è stato imposto anche in conventi e monasteri negli ultimi 20 anni da parte di chi era imbevuto più di "movimento liturgico" che di tradizione organicamente sviluppata e attestata.

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