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domenica 5 luglio 2009

La mentalità del "cantiamo tutto tutti" e l'oblio dei veri testi del Vaticano II

Tra le lettere al direttore del Settimanale diocesano di Padova "La Difesa del Popolo", ho trovato nell'edizione del 28 giugno questo scambio di vedute sulla musica nella liturgia. Si riferiscono al canto sostenuto dalla Cappella musicale della Basilica Pontificia di Sant'Antonio di Padova durante la messa pontificale del giorno della solennità (13 giugno) presieduta dal Vescovo di Padova. Si sta cioè parlando dell'occasione più solenne dell'anno liturgico del Santuario (insieme alla messa vespertina presieduta dal Ministro Provinciale dei Frati). Una certa "assuefazione parrocchiale" fa discutere - come potete leggere sotto - due fedeli, di cui uno sacerdote, sulle modalità di animazione liturgica dei cori...

IL DIRETTORE RISPONDE
Bravi, ma non è animazione liturgica...

Ho letto con piacere sulla Difesa del popolo di domenica 7 giugno l’articolo a proposito della cappella musicale del Santo: avendo un parente che vi canta, fa sempre un certo che vedere che se ne parla bene... Ma quale delusione l’animazione della messa del vescovo Mattiazzo, alle 11, il giorno di sant’Antonio! Hanno cantato bene, per carità, ma hanno cantato solo loro!
Noi fedeli abbiamo partecipato al ritornello del salmo, l’Alleluia, il Padre nostro... È questa l’animazione liturgica presentata dall’intervista come finalità primaria della cappella musicale?
lettera firmata

CESARE CONTARINI
Confesso che, avendo partecipato a quella messa solenne, sono rimasto perplesso come l’autrice di queste righe... Sarà la solennità dell’occasione, sarà l’eterogeneità dell’assemblea, sarà quel che sarà a dettare certe scalette di canti della messa, ma anch’io faccio fatica a riconoscere come “animazione liturgica” quel che è stato proposto in quella solenne celebrazione al Santo. Nulla da dire sulla qualità artistica delle esecuzioni, ma qualche canto popolare – nel senso di coinvolgente l’assemblea – ci sarebbe stato bene. E non è l’unica occasione.
Mi pare che il tema “animazione liturgica da parte di un coro (bravo)” sia da mettere di più – e con rinnovata insistenza – all’ordine del giorno: a livello di preparazione dei maestri di coro, sensibilità e disponibilità dei coristi, accordi con il prete celebrante, precisa scaletta dei canti per l’occasione concreta... In una celebrazione mi pare accettabile “ascoltare” uno o due canti (belli) da concerto, ma vorrei poter cantare tutti gli altri: questo, a mio parere, è animare la liturgia per favorire quella che il Vaticano II chiama «attiva partecipazione».
Per ascoltare – e gustarsi meglio – repertori scelti di musica sacra ci sono i concerti, che si possono fare anche in chiesa ma non dentro le celebrazioni!

Che possiamo dire? Rispettare la sensibilità del lettore/lettrice e del direttore che risponde (ognuno ha i suoi gusti), ma al contempo cercare di educare e chiarire la vera finalità dei Cori delle cattedrali e delle Basiliche maggiori, cosa che, ahimè, non il direttore della rivista diocesana non mette in luce. Anzi rimarca che il Concilio Vaticano II avrebbe stabilito che si deve cantare sempre come giustamente si canta ogni domenica in tutte le parrocchie di Padova... Ma siamo proprio sicuri che il Concilio, e i documenti post-conciliari sostengano che le Cappelle musicali siano da eliminare dalla liturgia perchè l'antica polifonia è fuori moda (o roba da concerti)? Pare proprio di no. Per questo consigliamo ai giornalisti (oltre che ai reverendi sacerdoti) di rileggere qualche numero di documenti importanti qui sotto...

Il capitolo VI della Costituzione liturgica del Vat. II è tutto dedicato alla Musica Sacra. Ecco come i padri conciliari ne parlano [in rosso i miei commenti]:

Dignità della musica sacra

112. La tradizione musicale della Chiesa costituisce un patrimonio d'inestimabile valore [altro che solo ai concerti! Vogliamo sottrarre al popolo di Dio un patrimonio d'intestimabile valore e relegarlo solo alle orecchie delle elites?], che eccelle tra le altre espressioni dell'arte, specialmente per il fatto che il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrante della liturgia solenne. Il canto sacro è stato lodato sia dalla sacra Scrittura, sia dai Padri, sia dai romani Pontefici; costoro recentemente, a cominciare da S. Pio X, hanno sottolineato con insistenza il compito ministeriale della musica sacra nel culto divino. Perciò la musica sacra sarà tanto più santa quanto più strettamente sarà unita all'azione liturgica, sia dando alla preghiera un'espressione più soave e favorendo l'unanimità, sia arricchendo di maggior solennità i riti sacri. La Chiesa poi approva e ammette nel culto divino tutte le forme della vera arte, purché dotate delle qualità necessarie [forse è l'assuefazione a quelle forme che non hanno le qualità necessarie che fa pensare ad alcuni che la grande polifonia del passato sia contraria allo "spirito del Concilio"]. Perciò il sacro Concilio, conservando [oh Vaticano II conservatore!!!] le norme e le prescrizioni della disciplina e della tradizione ecclesiastica e considerando il fine della musica sacra, che è la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli, stabilisce quanto segue.

.....

114. Si conservi [ancora il Concilio conservatore, che non fa piazza pulita del vecchiume musicale!] e si incrementi con grande cura il patrimonio della musica sacra. Si promuovano con impegno le « scholae cantorum » in specie presso le chiese cattedrali [La cappella musicale della Basilica è una di queste]. I vescovi e gli altri pastori d'anime curino diligentemente che in ogni azione sacra celebrata con il canto tutta l'assemblea dei fedeli possa partecipare attivamente, a norma degli articoli 28 e 30 [si legga attentamente: tutta l'assemblea deve partecipare attivamente, ma secondo le norme stabilite, non secondo il proprio arbitrio, o il "mi piace che sia così"].

Cosa dicono, dunque, i numeri 28 e 30 appena citati sulla partecipazione attiva dei fedeli?

Sacrosanctum Concilium n. 30:

Partecipazione attiva dei fedeli

Per promuovere la partecipazione attiva, si curino le acclamazioni dei fedeli, le risposte, il canto dei salmi, le antifone, i canti, nonché le azioni e i gesti e l'atteggiamento del corpo. Si osservi anche, a tempo debito, un sacro silenzio.
[compito proprio di tutta l'assemblea è rispondere con le acclamazioni e i dialoghi cantati con il sacerdote, con i canti responsoriali e le antifone (come l'alleluia). L'elenco presentato nel num. 30 non è disposto casualmente: i canti del proprio sono l'ultima "cosa" che l'assemblea può cantare, ma non è mai stata tenuta a farlo. Soprattutto quando c'è la "Schola cantorum" che non esegue i soliti inni triti e ritriti del libretto sui banchi, ma i canti propri della Messa, i quali vanno ascoltati, non per forza cantati da tutti]

Sacrosanctum Concilium n. 28
Nelle celebrazioni liturgiche ciascuno, ministro o semplice fedele, svolgendo il proprio ufficio si limiti a compiere tutto e soltanto ciò che, secondo la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza [Il Concilio, parlando del canto, richiama questa norma-base: non tutti devono fare e cantare tutto. Ognuno si attenga alla sua parte. Perchè ogni ministro - e il coro ha un ufficio ministeriale, vedi num. 29 - possa svolgere con competenza la sua parte, è evidente che deve compiere tutto e solo ciò che gli compete. Il coro canta non per supplenza, ma per suo compito ministeriale, come gli accoliti servono e i lettori leggono (e nessuno si lamenta perchè solo uno legge la lettura, ma si deve brontolare se legge male, cioè senza competenza, perchè non aiuta a pregare)].

Ma la Sacrosanctum Concilium va avanti, e prescrive anche qualcosa di preciso pure sul repertorio! Regole quanto mai neglette nel post-concilio, e dire che tanti sono proprio convinti che le chitarre e i bonghi siano stati introdotti dal Magistero solenne della Chiesa! E invece leggiamo qui sotto qualche altro numero indigesto (ma autentico) della Costutuzione sulla sacra Liturgia;

Canto gregoriano e polifonico

116. La Chiesa riconosce il canto gregoriano come canto proprio della liturgia romana; perciò nelle azioni liturgiche, a parità di condizioni, gli si riservi il posto principale [Questo è il punto: una cappella musicale del livello di una basilica pontificia ha ovviamente le "condizioni", per questo è da criticare, semmai, che anche al Santo il Gregoriano si senta ben poco! Bisognerebbe chiederne di più: è il canto proprio della liturgia romana, accidenti! Altro che repertorio ottocentesco e romantico...]. Gli altri generi di musica sacra, e specialmente la polifonia, non si escludono affatto dalla celebrazione dei divini uffici, purché rispondano allo spirito dell'azione liturgica, a norma dell'art. 30 [Mentre per il Gregoriano c'è strada spianata, per gli altri generi musicali esiste invece una certa attenzione. La polifonia classica non si esclude affatto, dice la Costituzione, e anche questa è benvenuta. Poi bisogna fare attenzione allo "spirito dell'azione liturgica" per armonizzare ad esso il repertorio: è ovvio che una messa pontificale del Patrono della Città, celebrata dal Vescovo nella Basilica internazionale di quel Santo, ha uno spirito che non coincide proprio con la situazione liturgica della messa dei fanciulli della parrocchia del quartiere...].

Canti religiosi popolari

118. Si promuova con impegno il canto religioso popolare in modo che nei pii e sacri esercizi, come pure nelle stesse azioni liturgiche, secondo le norme stabilite dalle rubriche, possano risuonare le voci dei fedeli [ed eccoci, dulcis in fundo, al canto popolare tanto richiesto dal dibattito sulle colonne della Difesa del Popolo. Non è escluso neanche quello, ma, secondo la formulazione del num. 118, sarebbe meglio impiegarlo nei pii esercizi, e in forma concessiva anche nelle stesse azioni liturgiche, soprattutto - si può aggiungere dopo aver letto il resto - quando non c'è un coro che faccia la propria parte e i fedeli devono supplirvi da soli].

Ricapitolando:
a) nelle messe solenni il canto dei fedeli è in primo luogo il canto semplice delle risposte (e con il tuo spirito, Amen, ritornello responsoriale, Alleluia...), la qual cosa è sempre curata nelle messe che si celebrano alla Basilica di Sant'Antonio.
b) Sarebbe bene che il popolo si unisse al canto dell'Ordinario della Messa, almeno in alcune parti, per es. il Sanctus e/o il Gloria. Quando queste parti sono cantate in gregoriano (o con alternanza polifonia/gregoriano) tutti i partecipanti, di qualunque nazione, sono invitati a unirsi al canto. E' ovvio che il Gregoriano, in un santuario internazionale come è la Basilica di Sant'Antonio, può unire le lingue diverse nell'unico canto che si eleva al Padre (e quindi dovrebbe essere impiegato di più....)
c) I canti del proprio (ossia: introito, offertorio, comunione e altri eventuali mottetti) avendo testi e musiche PROPRI che cambiano ad ogni celebrazione, non sono MAI stati pensati dalla liturgia come canti del popolo. Questi vanno ascoltati con devozione. Se poi in parrocchia non si cantano mai i canti del proprio e si fanno sempre "altri canti adatti", non prendiamocela con le Scholae Cantorum che cercano di fare il loro dovere!

E se ancora avete dubbi e pensate di dover approfondire, leggetevi il testo dell'istruzione MUSICAM SACRAM, del 1967, uscita per favorire la corretta esecuzione della riforma liturgica (e purtroppo tristemente sconosciuta anche a tanti cori e corali!). Ve ne cito solo un numerino, che mostra come la cappella musicale del Santo, a detta della lettera stessa pubblicata sul settimanale diocesano, sia proprio in linea con la regola:

Musicam Sacram 20: "Le cappelle musicali già esistenti presso basiliche, cattedrali, monasteri e altre chiese maggiori, e che nel corso dei secoli si sono acquistate grandi meriti, custodendo e sviluppando un patrimonio musicale di inestimabile valore, si conservino, con propri regolamenti, riveduti e approvati dall’Ordinario, per una celebrazione delle azioni sacre in una forma più sontuosa.
Tuttavia i maestri di quelle «scholae» e i rettori delle chiese si curino che i fedeli possano sempre associarsi al canto, almeno nell’esecuzione delle parti più facili che loro spettano".

Di più non abbiamo da dire. La lettera al direttore si chiedeva: "Noi fedeli abbiamo partecipato al ritornello del salmo, l’Alleluia, il Padre nostro... È questa l’animazione liturgica presentata dall’intervista come finalità primaria della cappella musicale?". La risposta è ovviamente un semplice SI'!

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Condivido le argomentazioni del frà A.R. ma anche il concetto che nell'anbito di una grande Messa Solenne si dia la possibilità ai fedeli di intervenire con il canto almeno in un canto da tutti conosciuto perquanto popolare come ad esempio O DEI MIRACOLI nella Basilica patavina.
La sensibilità espressa da Mons. Contarini è condivisibile, non lo sono però le motivazioni che adduce e che sono sempre accompagnate dal secondo me.
Credo che nella Chiesa il "secondo me" debba lasciare spazio alle direttive opportunamente stabilite dai competenti organismi ecclesiali come ha correttamente richiamato il frà A.R..
LDA

Anonimo ha detto...

E' interessante notare che finalmente ci sia un dibattito attorno a questi argomenti. Mi permetto di lasciare un commento in quanto svolgo servizio di Organista in diverse chiese di Padova e provincia da diversi anni. Io sono Violinista, Compositore e sto portando avanti studi di Organo e Direzione d'Orchestra e la questione di cui si parla va avanti da almeno 5 secoli ed è generata da alcuni colossali equivoci interni alla chiesa e dalla sua ingerenza in questioni dell'arte. Quando l'arte sacra ha vissuto la sua epoca d'oro ed è andata a costituire i 2/3 del patrimonio artistico mondiale, la sua realizzazione era affidata a persone professioniste che avevano acquisito le competenze teoriche e tecniche necessarie a garantire un risultato di qualità. Il risultato di due Concili (il Tridentino prima e l'Ecumenico Vaticano II poi) è stato invece di gettare alle ortiche questo patrimonio enorme ed estremamente valido che si era stratificato nel tempo. Per quanto riguarda la Musica, il Direttore Contarini dovrebbe considerare il fatto che concerti nelle chiese non se ne fanno quasi più specialmente in Italia dove gli investimenti per la Cultura sono praticamente nulli. Quindi ben vengano le cappelle musicali ed il popolo dovrebbe proprio star zitto deliziando così le orecchie di tutti. La Musica come le altre Arti prevede l'utilizzo di certe competenze per la sua realizzazione, al di sotto di questo livello i risultati non sono soddisfacenti e di questo si accorge chiunque (soprattutto i "non addetti ai lavori") come chiunque si accorge quando il popolo stona in chiesa. La questione "musica sacra" poi deriva dal tardo romanticismo più deteriore, dalla sua critica dilettante e dalla sua abitudine a voler attribuire alla musica significati o simbologie estranei che non sempre sono pertinenti. Non si può giudicare l'Arte secondo criteri morali o peggio ancora moralistici. La Musica cosiddetta "assoluta" (cioè esistente di per sè, priva di rimandi ad altri contenuti, di validità estetica autonoma) esiste com'è sempre esistita e non vi è mai stata alcuna differenza, nei secoli passati, tra la materia della Musica a destinazione sacra e quella a destinazione profana. L'esempio da seguire è semmai quello di paesi come l'Austria o la Germania dove quasi tutte le chiese, di qualsiasi livello, hanno una cappella musicale (che quasi sempre significa un coro ed un'orchestra), un Organo degno di questo nome, musicisti professionisti che vivono di questo mestiere e quando il popolo è chiamato a cantare lo fa perchè ne ha la capacità perchè lì la Musica si studia a scuola. La cappella del Santo è abbastanza lontana da questi livelli, come pure l'Organo, però nel panorama di Padova è di certo una delle realtà di livello discreto. Non si deve fare distinzione fra un concerto ed una messa: il livello artistico-professionale è ugualmente richiesto e deve essere ugualmente garantito dagli interpreti altrimenti il risultato è scadente. Le persone che partecipano alla messa non sono "di serie B" rispetto a quelle che partecipano ad un concerto ed hanno il diritto di ascoltare della buona Musica eseguita correttamente. Il grande repertorio artistico è patrimonio dell'Uomo e va rispettato e se non si eseguirà più nemmeno in chiesa la grande Musica, nessuno più saprà che sono esistiti Palestrina, i Gabrieli, Monteverdi, Bach, Mozart, Beethoven, Mendelssohn, Verdi, Perosi, Strawinskij, Arvo Paert, ecc. e sostanzialmente tutti i grandi Compositori perchè tutti hanno dato il loro contributo alla costituzione di questo immenso patrimonio.

Il vero canto è nel cuore. ha detto...

Beati coloro che hanno una bella voce perchè canteranno nelle Chiese.
Guai a coloro che hanno una brutta voce e si azzardano ad unirsi al canto corale.
Ma per cortesia, smettiamola.

Arnulfo ha detto...

Condivido in sostanza le argomentazioni del post. la mia esperienza personale, come partecipante alle liturgie e come ascoltatore di cori, è la seguente:

qualunque coro, fosse anche il più scalcagnato postconciliare e chirarresco, si limita a eseguire i PROPRI canti,
mentre invece il punto a) di fra' A.R. è del tutto ignorato: NESSUNO DEI CORISTI canta "il canto semplice delle risposte (E con il tuo spirito, Amen, ritornello responsoriale, Alleluia ...).

Oltre che "animare la liturgia", come si dice postconciliarmente, servirebbe tanto, tutti, coristi compresi, "farsi animare dalla liturgia".

Anonimo ha detto...

Tutti i guasti liturgici e non, del passato come del presente, hanno sempre una sola ed identica origine: "secondo me".

Non importa ciò che dicono le norme, prevale il soggettivismo, il gusto personale, le mode del momento.
Il rispetto delle norme, l'amore per esse, richiede sacrificio ed umiltà; "secondo me" è per questo che oggi come ieri (ma forse oggi più di ieri)non c'è nè rispetto nè amore per le "rubriche" e le disposizioni. Le norme sono come i binari su cui un treno può viaggiare, correre ed andar lontano; quando un treno va fuori dei binari si ferma e, di norma, si sfascia pure.
Prima ancora che al gusto del bello è necessaria una rieducazione all'umiltà che fa rispettare le norme. La norma del "secondo me" è figlia primogenita dell'orgoglio.
Antonello

Anonimo ha detto...

Una telegrafica riflessione: stamattina a messa ho prestato attenzione alle parole cantate da tutti i fedelidi un canto che sento spesso: "il Signore è la mia salvezza e con lui non temo più......ti lodo Signore perché un giorno eri lontano da me, ora invece sei tornato"!!!

Ma scherziamo? Dio è stato lontano dagll'uomo o è l'uomo ad allontanarsi da lui?
Incredibile le deformazioni anche teologiche che vengono inoculate nella mente di preti e fedeli da certi canti recenti.
Alla fine della messa, fingendo di non averlo capito, chiedo a qualche fedele di spiegarmi il senso di quelle parole e candidamente mi è stato detto: "prima Dio non ci amava, poi lo ha fatto; prima ci ha abbandonati(!!!!) poi è ritornato".
Obietto: ma questo non è il comportamento del figliol prodigo?
Mi è stato risposto: "no, quella è un'altra storia" !!!
Domando ancora: ma, visto che dalla parabola del figliol prodigo si può evincere solo il grande amore di Dio e il suo amare l'uomo fin dal momento della creazione, da dove apprendiamo invece che Dio prima ci abbandona e poi ritorna?
Risposta: "questo abbandono di Dio e il suo ritonare ad amarci lo diciamo anche nel canto fatto or ora a messa"!!! E un'altra fedele dice: "anche Ges sulla croce dice che Dio lo ha abbandonato".

Credetemi, ma di fronte a tali deformazioni aberranti dell'amore di Dio per l'uomo e della Verità, mi è venuto da piangere.

Un passante.. ha detto...

...ma alla Santa Messa ci si va per partecipare al Santo Sacrificio o a cantare come all'osteria, magari con battito di mani e coreografie varie???

Anonimo ha detto...

Sono veramente contento che la Basilica del Santo ritorni ad essere la chiesa in cui si fa la più bella liturgia di tutta Padova.
Purtroppo dopo la dipartita del P.Lino Brentari "il grande Lino", lentamente la liturgia si è uniformata a quello stile "nazional popolare" che caratterizza tutte le liturgie della città, salvo S. Giustina che ha sempre mantenuto la sua classe.
Io spero che la cappella Antoniana continui a eseguire tutto il suo repertorio compresi Vallotti e Ravanello. Auspico anche dopo la morte di quel grande uomo come Fra Luciano Forese che fino alla morte non ha permesso che si disperdesse nulla del patrimonio delle suppellettili liturgiche della basilica. Spero anche di poter ancora assistere a qualche messa "in undicesimo".

Anonimo ha detto...

Occore decidere secondo buon senso. Vi sono parti della Messa che l'Assemblea deve cantare, quali i canti d'acclamazione, mentre i canti di comunione e i momenti offertoriali, ove deve approfondirsi il dialogo tra l'anima e Dio, vanno utilizzati canti che aiutino alla meditazione.

Ma colgo l'occasione per una provocatoria domanda: siamo sicuri che il gregoriano faciliti l'azione liturgica..? se io parlo, penso, sogno in Italiano, quale moto del cuore potrà essere veicolato da una lingua morta ? No parlo per me che lo conosco, ma certo non mi viene di pregare in latino, quindi, stiamo SOLO RECITANDO un'insieme di frasi.
Un minimo di conoscende di psicologia aiuterà a comprendere questa affermazione.
Un saluto e grazie.

Anonimo ha detto...

Il gregoriano, al di là della lingua latina, ci mostra il termine di paragone per come deve svilupparsi il canto sacro anche nelle lingue vive. Un esempio sono i canti della Comunità di Taizè: melodie semplici ma in armonia con il testo e il suo contenuto, parole anche in latino che i giovani non hanno nessun problema a memorizzare e comprendere, ed hanno la forza di unire persone diverse per lingua e nazionalità. Al di là della comprensione razionale, c'è molto di più: e la psicologia insegna anche questo.

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