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venerdì 20 novembre 2009

L'aurora di una rinnovata arte cristiana?

L. Malice, Annunciazione, 1981

Domani Papa Benedetto incontrerà gli artisti, per un'incontro simbolico, quasi a voler ricominciare un dialogo tra Chiesa e arte di cui c'è tanto bisogno. Bisogno, soprattutto, che gli artisti capiscano il contenuto del messaggio cristiano che sono chiamati a mediare attraverso la materia, il colore o il suono, e insieme bisogno che gli uomini di Chiesa si rendano conto di dover guidare gli artisti, pretendendo da loro non un'emotiva espressione dei personali sentimenti religiosi, ma l'oggettiva trasposizione del messaggio cristiano per la fruizione comunitaria.
Vi propongo un articolo tratto dalla rivista TEMPI, mentre vi ricordo - se non l'avete ancora fatto - di firmare l'appello al Papa per il ritorno ad un'arte auntenticamente cattolica. Leggete e meditate il documento dell'appello.

Però basta sarabande e santuari-garage. Appello al Papa per un’arte cattolica
«Noi siamo, per la grazia di Dio, manifestatori agli uomini grossi che non sanno lectera delle cose miracolose operate per virtù ed in virtù della santa fede».

di Emanuele Boffi

«Noi siamo, per la grazia di Dio, manifestatori agli uomini grossi che non sanno lectera delle cose miracolose operate per virtù ed in virtù della santa fede». Lo statuto dei pittori di Siena del 1352 definiva con queste parole la professione dei propri aderenti. Quanti artisti oggi impegnati su committenze di soggetto sacro sarebbero pronti a sottoscrivere una tale affermazione di principio? Pochi, pare di capire, almeno a dar credito alle parole di Antonio Paolucci, direttore dei Musei vaticani, che ha anche recentemente parlato di «divorzio» tra arte e fede, tra Chiesa e artisti: «A far data dall’Ottocento, la Chiesa si è chiusa in difesa, non ha più saputo né voluto rischiare confronti con i movimenti artistici che devastavano e sconvolgevano il mondo. Quando, per dare immagine ai suoi messaggi, adottava uno stile, si attestava su quelli più tradizionali e consolanti. Così si è consumato il grande divorzio. Le risorse spirituali e intellettuali del cristianesimo hanno scelto di disertare il mondo della contemporaneità artistica inabissandosi come un fiume carsico. Oppure – è il fenomeno di cui tutti ai nostri giorni siamo testimoni – aprendosi alle forme di un caotico eclettismo che cerca di tenere insieme astrazione e figura, novità e tradizione, liturgia e funzione, segno e messaggio».
Così, quella grande tradizione di bellezza che aveva nella fede la sua origine – «i pittori per secoli hanno intinto il loro pennello in quell’alfabeto colorato che è la Bibbia», diceva Marc Chagall – sembra oggi andata perduta. «Quell’immenso vocabolario», come lo chiamava Paul Claudel, sembra essere oggi poco più che balbettato.
Questa stessa preoccupazione anima un gruppo variopinto di intellettuali, artisti, scrittori, filosofi e giornalisti che ha inviato un Appello a sua santità papa Benedetto XVI. Per un ritorno a un’Arte sacra autenticamente cattolica. Tra i promotori si trovano i nomi dello scrittore Martin Mosebach (primo firmatario), del filosofo Enrico Maria Redaelli, dello storico Paul Badde, del filologo Francesco Colafemmina, del teologo Michele Loconsole, dell’editore Manuel Grillo, del giornalista Sandro Magister e di vari architetti come Nikos Salingaros, Steven J. Schloeder, Steen Heidemann, Duncan G. Stroik, Ciro Lomonte (è sottoscrivibile su internet all’indirizzo appelloalpapa.blogspot.com).
L’appello ricorda in apertura le parole che Paolo VI pronunciò nel “Discorso agli artisti” nel 1964, quando, già consapevole della frattura che s’era andata formando tra arte e fede, chiese agli artisti di riparare a questo danno e aprire una nuova stagione di collaborazione, facendo anche pubblica ammenda per gli errori della Chiesa stessa («Siamo andati anche noi per vicoli traversi, dove l’arte e la bellezza e il culto di Dio sono stai mal serviti»). «A distanza di 45 anni – scrivono amaramente Mosebach e gli altri – i risultati sono modesti, se non del tutto deludenti». L’appello ha parole inequivocabili per definire l’arte e l’architettura sacre: «Esse oggi non sembrano favorire l’incontro dolce e vivificante con l’unico vero Dio, quanto piuttosto ostacolarlo e pervertirlo costantemente». Gli edifici e le musiche moderne sono quasi più un ostacolo alla liturgia e alla comprensione delle verità di fede, che un aiuto. Si imputa ai committenti di affidare spesso la realizzazione di opere ad artisti che «non conoscono o quantomeno apprezzano il Credo della Chiesa e la sua liturgia». Ci si sofferma sul ruolo dell’artista, ormai sempre più lontano da quelle figure cristiane che sapevano «di non lavorare da soli ma in comunione e in continuità con la comunità ecclesiale di tutti i tempi», sull’importanza dello spazio sacro in cui «sarebbe opportuno reintrodurre l’orientamento a Cristo», sulla necessità di un «recupero del canto gregoriano, della buona polifonia e musica organistica», per porre rimedio a «decenni di assoluto sconcerto e probabilismo musicale».

Verso il “conclave degli artisti”
L’appello, chiaro nella lettera ma garbato nei toni, si conclude con l’umile richiesta al Pontefice perché legga in queste parole «la più struggente preoccupazione per le terribili condizioni in cui oggi versano tutte le arti che sempre hanno accompagnato la sacra liturgia, nonché una modesta, umilissima richiesta d’ausilio alla Santità Vostra». E c’è da star certi che Benedetto XVI non deluderà le aspettative, avendo in calendario il 21 novembre a Roma un incontro con gli artisti nella splendida cornice della Cappella Sistina.

Fonte: Tempi.it


Arcabas (Jean-Marie Pirot), Annunciazione

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