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mercoledì 12 maggio 2010

I gusti musicali di un parroco non coincidono con gli ideali musicali della Chiesa

Purtroppo non è una novità, ma speravo fossero passati i tempi. E invece questa triste notizia proveniente da Vicenza ci mostra che la disinformazione e la deformazione operata negli ultimi 40 anni è dura a morire.
Vi riporto la storia con i miei commenti e sottolineature:

Canti troppo sacri, il prete caccia il coro

A SAN PAOLO. La formazione partecipava da 30 anni all’animazione liturgica delle celebrazioni più importanti, ma negli ultimi anni i problemi

Il parroco: «Ho chiesto di fare generi più popolari per la messa»


Vicenza. L'ultima messa a cui hanno cantato è stata quella del 21 febbraio, la prima di Quaresima. Poi basta. Niente triduo, niente Pasqua di Resurrezione. Niente più Gloria di Charles Gounod. Niente più Laudamus te, benedicimus te, adoramus te, quattro voci in do maggiore. Niente più Mozart. Niente più Adoramus te Criste Stabat Mater. Niente più prove nella chiesa di San Paolo, via Carducci, cuore del quartiere Italia, dove risiedono pure la società di San Paolo con una decina di religiosi e le Pie Discepole del Divin Maestro che aiutano nell'animazione liturgica. «Non siamo più stati messi nelle condizioni di cantare», dice il direttore Luigi Ceola, che abita a Isola Vicentina e guida il coro parrocchiale da 15 anni. «Invitati a cambiare repertorio - spiega - a scegliere canti più popolari, che coinvolgessero tutta l'assemblea».[si ripete il ritornello falso: se non cantano tutti, tutto, e sempre, non ha senso la musica in chiesa. E invece i cori servono proprio a questo, a cantare in modo specializzato quello che l'assemblea non può o non riesce a cantare, cioè il proprio della messa in particolare, i canti variabili di ogni celebrazione, soprattutto le più solenni! Partecipare qui invece è coinvolgere, come si trattasse di una festa in cui si canta tutti insieme, non di un rito in cui ognuno, secondo il suo ministero, fa tutto ciò che gli compete] «Cacciati in pratica», dicono i coristi.
Il coro parrocchiale di San Paolo, voci adulte maschili e femminili, canta da 30 anni nelle celebrazioni più importanti della chiesa [dati importanti: lunga esperienza, tanti parroci passati, non canta a tutte le messe], un gruppetto di mezza età, animati anche dalla voglia di stare insieme. Hanno sempre cantato, una volta al mese e sempre nelle feste più importanti, come Natale, l'ultima cena, il venerdì santo, Pasqua [ecco: cantano una domenica al mese e nelle solennità. Quindi è chiaro che c'è ampio spazio nella maggioranza delle domeniche per l'assemblea e per altri cori (se ce ne sono) di cantare le canzoncine che piacciono al parroco]. Musica sacra, impegnativa, latino. Più da ascoltare che non da seguire con le parole [ecco il duplice problema: è la musica della tradizione che infastidisce il parroco perchè non si armonizza con le sue idee su come deve essere la liturgia, non perchè sia essa fuori luogo]. Era sempre stato così: prima con mons. Antonio Corrà oggi parroco a Cologna Veneta, poi con don Flavio Lista, che ora è parroco a Isola. Quattro anni fa è arrivato don Luca Trentin, classe 1961, per cinque anni era stato in missione in Brasile [Ecco dove si è formato liturgicamente questo parroco: in Brasile. Ora, visto che parla tanto di inculturazione, dovrebbe inculturarsi nella realtà italiana, tradizionale e parrocchiale di Vicenza, non esattamente abituata alle danze sacre e ai ritmi salsa in Chiesa... Ma si sa: il concetto di inculturazione è a senso unico, cioè eliminare la tradizione ricevuta e custodita per mettere le novità culturali del momento].
Un prete con le sue idee, uno "tosto", uno di quelli che insieme ad altri sacerdoti della Diocesi non si era certo tirato indietro nell'esprimere la sua posizione contro il Dal Molin, tanto per dirne una. In parrocchia c'è chi non esita a chiamarlo il prete dei "No". [sorvoliamo su questo aspetto, ma ci fa comprendere l'area culturale del don...].
Anche in fatto di musica. Sono seguiti recenti confronti, conditi da carteggi, anche lettere anonime, assemblee. Il parroco, supportato dal consiglio pastorale, racconta di aver sollecitato il responsabile del coro a comprendere il valore del coinvolgimento della comunità [e noi fermi al concetto di partecipazione, vero padre Augé....] anche attraverso i canti, chiedendogli di frequentare i corsi diocesani di formazione per i cori, uno dei quali l'anno scorso tenuto proprio a San Paolo, facendo presente l'utilità di accordarsi su canti validi da imparare e cantare poi in tutte le messe. «Ha rifiutato l'invito - dice - dicendo che sapeva già di cosa parlavano» [parlavano di "animare l'assemblea" invece che di "cantare la messa".].
Il direttore chiede se c'è proprio bisogno di modificare il repertorio del coro, considerando che non è presente a tutte le messe, con il rischio così di abbandonare un patrimonio consolidato, «che dovrà essere sostituito e quindi dimenticato» [distruggere il passato, cancellare la memoria, impedire al popolo di percepire la storia e la stratificazione della propria fede: un'iconoclastia musicale], ricominciando da zero. Un corista, A.B. dice di soffrire per la situazione. Scrive che all'inizio il coro «è stato in qualche modo accettato dal "giovane" parroco, poi sopportato e ultimamente non più desiderato perché non gli piace il canto sacro tradizionale» [a lui non piace, ma lui comanda e non agisce secondo quando la Chiesa domanda]. Conclusione: il coro ha lasciato l'attività a San Paolo, non farà più le prove in chiesa. E non si sa il suo destino.
«Per ora rimango in contatto con il gruppo», dice il direttore. Domenica cantano alla messa delle 11 nel Duomo di Gallio. Altra diocesi. Più avanti si vedrà. Don Luca Trentin racconta di aver fatto diversi passi perchè il coro continuasse a cantare. Ma sul punto di partenza era stato chiaro: l'obiettivo era di condurre ad una maggiore partecipazione alla messa dei fedeli [questi fedeli non pregano? Si lamentano sempre del repertorio (sperando che il coro sia all'altezza e non cerchi di strafare), è il coro che impedisce la partecipazione interiore ed esteriore dei fedeli o invece, offrendo un'esperienza celebrativa diversa, una volta al mese, impedisce al popolo di dimenticare la grande tradizione della Chiesa che in quella parrocchia si è tramandata per mezzo di laici impegnati nella musica?]. «Il coro però - afferma il parroco - ha preferito mantenere la propria identità, non ritrovandosi in quanto gli veniva chiesto, ha fatto altre scelte». Di fatto «ha continuato a cantare fino a prima di Pasqua, quindi per 4 anni anni con la mia presenza, le sollecitazioni ad un cambiamento d'impostazione coerente con le indicazioni liturgiche non li trovava d'accordo [ma di quali indicazioni liturgiche si tratta? Noi non le conosciamo. Ha mai letto, il signor parroco, il chirografo di Giovanni Paolo II sulla musica sacra del 2003 (non dico Pio X o Pio XII o il povero Benedetto XVI, ma GIOVANNI PAOLO II!!!!!)], in particolare il direttore. Richiamati a prendere una posizione, hanno optato per continuare come hanno sempre fatto, ma altrove» [il parroco li ha scomunicati nel vero senso della parola, ha preferito perdere le sue pecorelle, vederle andarsene dalla comunità, piuttosto che piegarsi alla viva tradizione musicale della chiesa, fino ad allora conservata nella sua parrocchia]. «L'animazione delle messe per ora continua come prima - risponde il parroco - tenendo comunque conto che il coro cantava solo alcune volte [e allora dove è il problema, non imponeva mica tutti i giorni Bach e il gregoriano, solo nei momenti più spiritualmente impegnati, quando anche il parroco tira fuori dalla sacrestia il turibolo dorato e i paramenti preziosi! C'è posto per il canto popolare e c'è posto per la musica sacra polifonica e gregoriana. Perchè l'esclusivismo o la dittatura della novità?], in attesa di capire il loro orientamento [il loro orientamento è già orientato dalla parte giusta, forse tocca al parroco riprendersi dal suo disorientamento di chitarra e tamburello]. Una modalità più precisa verrà presa all'inizio del prossimo anno pastorale».
Luigi Ceola difende l'attività del coro «composto da parrocchiani cresciuti frequentando la chiesa e con l'idea che fosse indispensabile la presenza di un certo tipo di canto per solennizzare le feste» ["se ho detto male, mostrami dove è il male, altrimenti perchè mi percuoti"]. E ancora: «Per chi pensa che i testi in latino siano un problema, faccio notare che il repertorio proposto a livello diocesano per il prossimo convegno sui cori parrocchiali prevede la gran parte di canti con testo latino oltre che qualche melodia gregoriana» [pare che i coristi conoscano anche i documenti diocesani, ma il parroco non è d'accordo con il gregoriano e quindi non si fa]. Poi allarga il ragionamento: «Il problema non è il repertorio del coro, è l'estrema passività dell'assemblea, non solo sul canto» [un'assemblea da ri-animare, insomma]. E chiude: «Cambiare il repertorio, significa azzerare quello che c'è. Se ciò accadesse in tutte le chiese sarebbe un vero e proprio delitto contro la musica sacra vera. Sarebbe come togliere i quadri di Giotto o di Michelangelo dai muri delle basiliche» [Questo ultimo pensiero è perfettamente azzeccato. Nessuno si lamenta perchè non sa dipingere come Giotto o Michelangelo, ma può fruire delle loro splendide pitture, nessuno pensa che il popolo non partecipi alla messa perchè non è come il Bernini capace di costruire una chiesa. A nessuno viene in mente che non si partecipi alla preghiera del prefazio solo perchè la canta il sacerdote e non tutti insieme. E allora perchè l'introito o il canto di comunione, quando il popolo ha la bocca occupata dal corpo di Cristo, non dovrebbe essere solo un canto per le orecchie dello stesso popolo, che ascolta i capolavori ispirati dalla Parola di Dio, come contempla con gli occhi i capolavori pittorici ispirati alla stessa Parola. Se qualcuno ce lo spiega....]. R.B.

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Mi aspetto un po' di solidarietà per questo coro, e non solo per loro....

5 commenti:

Bartolomeo ha detto...

O fraticello perchè ti adiri col tuo fratello?
Il Serafico Padre avrebbe detto "faro l'priego su di lui".
E avrebbe baciato le sue mani prima che all'Angelo del Signore.
E' vero, "è meglio una riprensione aperta".
Vicenza ti dista pochi passi, corri a dirgli in viso ciò che hai scritto, e la tua anima ne guadagnerà, e forse avrai guadagnato il tuo fratello.

Frate, non contristare il Santo padre Francesco.
Rammenta come mando il frate portinaio a scusarsi con i ladroni che aveva richiamato e a recargli il cibo, pregando su lui e su di loro.
L'Ordine guadagno tre santi frati.
Corri a provvedere il cibo spirituale al tuo fratello.

A.R. ha detto...

Nessuna ira, ci mancherebbe! Solo un commento ad una triste notizia. Non è una questione di correzione fraterna a livello di peccato o di sbaglio personale. Qui si tratta di errore radicato nella formazione ricevuta, nella - a volte invincibile - ignoranza delle norme e degli ideali della liturgia romana.
Non è, comunque, un giudizio sulla persona, ma una valutazione sulla attività e sui presupposti erronei su cui certe azioni sono basate.
Pace e Bene

Anonimo ha detto...

"più partecipazione"? mah sarà, a me sembra che il fracasso di chitarre, voci squillanti e tamburelli sia spesso inversamente proporzionale al numero di fedeli che cantano.
nella mia parrocchia, in diocesi prossima a quella vicentina, gli unici canti che si sostengono senza amplificazione e strumenti vari sono quelli della tradizione popolare, ormai relegati dal parroco "progressista fuori tempo massimo" solo alla messa di prima mattina. l'unica in cui si possa respirare e vivere in pace la messa, senza essere coinvolti in balletti e altre coreografie. peraltro, alle rumorose "messe dei giovani" di giovani ce ne sono sempre meno, vedo più che altro parrocchiani anzianotti, un po' perplessi ma che cercano di adattarsi per senso del dovere alle scelte liturgiche e musicali del parroco. io, che giovane sono effettivamente, resto invece sconcertato e rammaricato!

bertoldo

Areki ha detto...

Reverendo Padre Fr. A. R.
ha fatto benissimo a pubblicare l'articolo sul coro di Vicenza....
ha reso un servizio a Gesù e alla Chiesa nell'autentico spirito di San Francesco che ci teneva moltissimo al decoro nella casa di Dio e alla bellezza nella liturgia.
don bernardo

Anonimo ha detto...

Consiglio il sig. Parroco di leggersi in merito i documenti del Vaticano II.
Per una splendida sintesi si veda wwww.liturgiaculmenetfons.it
(numero di settembre 2009)

http://www.liturgiaculmenetfons.it/ArticInteri/_notes/SettembreA2n3.pdf

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