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giovedì 19 agosto 2010

La frammentazione linguistica della liturgia e i motivi "identitari"

Ho trovato una notizia sul giornale "L'Unione Sarda" che annuncia la costituzione di una commissione regionale il cui scopo è di fomentare la conoscenza e l'uso della lingua Sarda e che, tra i suoi obiettivi, ha anche quello di far entrare nell'uso liturgico questa bella ed antica lingua isolana.
Leggiamo e poi commentiamo:


La messa celebrata in "limba sarda": presto all'interno della liturgia ufficiale

La lingua sarda potrebbe esser introdotta ufficialmente nella liturgia della Chiesa. Sarà, infatti, affidato a un'apposita Commissione regionale, formata da esperti, il compito di costruire un percorso di studio, lavoro e ricerca che possa portare a questa decisione.

Il gruppo di lavoro, che nasce su proposta dell'assessore regionale della Pubblica Istruzione, Maria Lucia Baire, in conseguenza anche di numerose sollecitazioni del mondo culturale e dell'associazionismo, dovrà supportare tutte le azioni necessarie per valorizzare la lingua sarda, secondo le diposizioni e le prassi del diritto canonico. "La Giunta regionale, che sta già attuando un programma di valorizzazione del patrimonio culturale della Sardegna - ha detto l'assessore Baire - intende avviare l'iter per accrescere ancor di più la dignità della nostra lingua, proseguendo così quel percorso di costruzione identitaria che considera la lingua sarda come espressione fondamentale e imprescindibile della nostra comunità". L'esponente dell'Esecutivo regionale ha rivolto un'istanza alla Conferenza episcopale sarda (Ces) affinché possa individuare esponenti del mondo ecclesiastico competenti in materia, da nominare fra i componenti della Commissione, per contribuire al raggiungimento dell'uso della lingua materna nella liturgia. "Confido nella dovuta attenzione della Ces - ha affermato l'assessore Baire - anche in ragione di una recente presa di posizione dei vescovi sardi che, in un documento ufficiale del Concilio, hanno ipotizzato l'utilizzo della lingua locale 'con canti e testi', nell'osservanza delle attuali norme liturgiche".

E' interessante notare la motivazione che questi  ben intenzionati signori adducono per la promozione della Messa in Sardo. Non si tratta affatto di quella espressa dal Concilio Vaticano II a proposito delle lingue vernacole nella Liturgia, ovvero il semplice favorire la comprensione dei testi biblici ed eucologici, quanto - al contrario - il desiderio di favorire la lingua vernacola, nobilitandola come lingua liturgica. Come dire: usiamo la liturgia per diffondere il nostro bell'idioma della Sardegna. Una inversione inconcepibile, pur con tutte le buone intenzioni del mondo e dei politici locali. La lingua liturgica non è intesa come simbolo identitario, regionale o etnico che sia. Anzi, dovrebbe essere, virtualmente, come ci insegna il latino, la più universale possibile, per unire tutti i popoli diversi, non per restringere. Il grafico, poi ci mostra che le "lingue sarde" sono parecchie, ogni Provincia dovrà avere il suo Messale....
Non me ne vogliano i partigiani della lingua in questione (lo stesso si potrebbe dire del Messale in Friulano, o la Bibbia in Genovese.....). Il punto è che si ribaltano le cause e gli effetti. 
La lingua della Liturgia Latina, è ovviamente il Latino. Le concessioni pastorali delle traduzioni (che tra l'altro - ricordo ai signori sacerdoti - non riguardano il clero, che si dà per scontato conosca la lingua liturgica della propria Chiesa), tali concessioni dunque, servono solo per aiutare il popolo dei laici a comprendere ciò che si prega e ciò che si legge. Non hanno un valore intrinseco, neppure come espressione del genio di un popolo. Non ci siamo proprio. Le lingue vernacole sono solo uno strumento pastorale. Se in Sardegna l'Italiano è capito, basta il Messale della CEI, non ha nessun senso pretendere di isolarsi ancora di più e frammentare ulteriormente con barriere linguistiche, la già frammentata liturgia della Chiesa latina contemporanea.
In questo anche le antiche chiese ortodosse e orientali in genere ci mostrano la via. Esistono le traduzioni nazionali degli stessi riti, non le traduzioni regionali o dialettali. 
Quindi bando alle perdite di tempo. E invece di cercare di compilare e diffondere il Messale Sardo, chiediamo che i Vescovi di Sardegna, con tutti i colleghi del Continente e della Sicilia, si affrettino piuttosto a dare al Popolo di Dio l'attesa traduzione della Terza Edizione tipica del Messale Romano. Questa sì che è attesa! E l'esercizio del Sardo liturgico? Penso si possa rimandare, magari alle "calende greche".

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Da sardo di madrelingua sarda dico:
quale sardo verrebbe usato nella liturgia?
Il logudorese (usato nel 90% dei componimenti poetici)?
Il campidanese?
Oppure si costruirà una unità linguistica a tavolino? Una sorta di "esperanto" in salsa sarda?
Sono semplicemente idee peregrine.
E poi che c'entra l'assessore?

E' vero che con la televisione l'abbandono della lingua sarda (in tutte le sue varianti) ha raggiunto livelli impressionanti (pensate che c'è gente che abitualmente parla il sardo e quando deve rivolgersi al propio cane parla in italiano.!!!! Roba da manicomio) ma non è certo usando la liturgia che si favorisce il ritorno all'uso del sardo.
L'assessore pensi a fare il suo lavoro e non si occupi di argomenti che non gli competono.
Efisino

Semiur ha detto...

Da sarda condivido in toto !!!

Anonimo ha detto...

Sono veneto e mi pare che chi ha scritto su queste pagine abbia le idee confuse e tiri conclusioni superficiali.non bisogna avere paura di una liturgia in sardo. La Bibbia stessa è scritta in una lingua che non può avere una sola versione, tante sono le possibilità di interpretazione di una sola parola, né l'Italiano standard può rendere in profondità il senso e le sfumature dell'originale. Se avete a disposizione due idiomi, perché non usarli? uno completa l'altro. Poi il Sardo non verrebbe a sostituire l'It. sarà facoltativo, credo. Quale sardo? Una lingua vera e propria ha le sue varianti, chiaro? Scegliete il nucleo originario, il più antico e/o che abbia più letteratura illustre e che possa essere compreso dalla maggioranza dei parlanti sardo nelle sue varianti. Non si farebbe torto alle altre varianti, anzi.
PEccato che l'idea sia nata dai politici anziché dai consigli pastorali. Provate a chiedere in giro alla gente e immaginatevi come potrebbero suonare certe espressioni di Gesù: molto umane, forse troppo, per gente che ha paura.

Anonimo ha detto...

Caro veneto: sono l'anonimo del primo commento, e come ho detto sono sardo. e se permetti di sardo me ne intendo un pochino più di te. Io sarei quello che ha le idee confuse? A me sembra che le idee confuse le hai tu. Anzi, non hai propio idea della situazione linguistica attuale della Sardegna in cui un sardo di una zona non capisce una parola di ciò che dice il sardo di un'altra zona. Io per esempio non capisco quasi nulla del sardo parlato in Barbagia, come loro non capiscono nulla del sardo parlato in Gallura o del sassarese parlato a Sassari......... Prima di parlare di cose che non sai, per lo meno documentati.

Anonimo ha detto...

Naturalmente ci sono parecchi ecclesiastici e laici sardi che vorrebbero introdurre il sardo nella liturgia. Ma propio la frammentazione linguistica sarda manifesta come i progressisti non perseguono il bene comune, ma vorrebbero distillare l'utopia. La questione del sardo nella liturgia non è roba da discutere ora; ne riparliamo tra due o tre secoli come minimo.

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