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venerdì 17 settembre 2010

Festa delle Stimmate di San Francesco (2010). Canti e preghiere

Un riepilogo dei post degli anni scorsi a proposito di questa festa tipicamente francescana, che celebra l'impressione delle sacrosante Stimmate nel corpo del Serafico Padre San Francesco:

L'inno delle Stimmate, il famoso Crucis Christi.

Inno dei II vespri per le feste di san Francesco

L'antifona Salve Sancte Pater

L'antifona Caelorum candor  in onore delle Stimmate del Santo di Assisi

Vi aggiungo oggi, in parallelo, le collette della festa delle Stimmate, nella versione classica e in quella riformata del nuovo messale Romano-Serafico:

Domine Jesu Christe, qui frigescente mundo, ad inflammandum corda nostra tui amoris igne, in carne beatissimi Patris nostri Francisci Passionis tuae sacra Stigmata renovasti; concede propitius, ut eius meritis et precibus Crucem jugiter feramus, et dignos fructus poenitentiae faciamus. Qui vivis et regnas in saecula saeculorum.  Amen.

Signore Gesù Cristo, che quando il mondo si stava raggelando, per infiammare i nostri cuori del tuo amore, hai rinnovato le sacre Stimmate della tua Passione nella carne del Beatissimo Padre nostro Francesco, concedici propizio, per i suoi meriti e le sue preghiere, di portare sempre la Croce e di fare frutti degni di penitenza. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
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Deus, qui ad inflammandum corda nostra tui amoris igne, passionis Filii tui signa in carne beati Patris nostri Francisci mirifice renovasti; concede, ipso intercedente, ut morti eiusdem Filii tui configurati, simul et resurrectionis participes efficiamur. Per Dominum...

O Dio, che per infiammare i nostri cuori del tuo amore, hai rinnovato in modo mirabile i segni della passione del tuo Figlio nella carne del Beato Padre nostro Francesco, concedici, per sua intercessione, di essere configurati alla morte dello stesso tuo Figlio, per essere insieme partecipi della risurrezione. Per il nostro Signore....

Interessante il confronto tra queste due collette, che ho cercato di tradurre in modo letterale.
Salta agli occhi che la prima versione era diretta al Figlio, mentre la nuova - secondo i canoni - è diretta al Padre. Però, nel cambiare la destinazione della Persona Divina a cui è rivolta la preghiera, gli estensori non hanno cambiato alcune parti della formula. Perciò, l'amore che infiamma i cuori prima era di Cristo, adesso è l'amore del Padre. Mentre, ovviamente, le stimmate (ora solo segni) sono sempre quelle del Figlio. E' caduta l'espressione pittoresca: frigescente mundo (al tempo di Francesco, il mondo si stava raffreddando di devozione, il cuore della società stava diventando gelido, tutto preso dal denaro e dal potere...come adesso?) espressione tanto cara alla devozione francescana (e che risaltava nel contrasto sensibile tra freddo del cuore raggelato del mondo e caldo del fuoco dell'amore).
Ma, cosa più evidente, è cambiata la richiesta dopo la parte anamnetica della colletta.
Prima si chiedeva, con parole tipicamente francescane, di poter imitare Cristo nel portare la croce e produrre frutti di penitenza: Croce (riferimento visivo alle stimmate e alla configurazione a Cristo di san Francesco e di ogni cristiano) e Penitenza (non dimentichiamo che Francesco volle fondare il gruppo dei "penitenti di Assisi", il carattere penitenziale è tipico delle origini francescane): due parole chiavi del pensiero francescano.
Adesso l'immagine, così evangelica e francescana, del "portare la croce" è scomparsa (cf. Ammonizioni, V: "In questo possiamo gloriarci, ... nel portare sulle spalle ogni giorno la santa croce del Signore nostro Gesù Cristo [cf. Lc. 14,27]") , lasciando spazio all'espressione sostitutiva teologico-liturgica "configurati alla morte" (che non è, direttamente, una metafora visiva, nè così come tale, un'espressione biblica sebbene richiami Rm 6,5).
Ma soprattutto è sparito il riferimento, altrettanto evangelico (Lc 3,8) e francescano, ai "frutti degni di penitenza". Scrive il francescanista Cesare Vaiani, a proposito della Lettera ai fedeli scritta dal Serafico Padre:
Francesco esorta a «far frutti degni di penitenza» , a «perseverare nella vera fede e nella penitenza, perché nessuno può salvarsi in altro modo» e pone proprio in questo atteggiamento un chiaro criterio di riferimento per tutti i cristiani, dividendo la lettera che indirizza a tutti i fedeli in due parti, intitolate proprio "Di coloro che fanno penitenza" e "Di coloro che non fanno penitenza".
Nella nuova colletta si chiede direttamente la risurrezione, il fine, senza menzionare i mezzi (penitenza): e dire che il Padre Serafico avesse ammonito "coloro che non vogliono fare penitenza" che non possono altrimenti salvarsi (= giungere alla risurrezione insieme a Cristo).
La critica alla nuova colletta, dunque, è di dissimulare e appiattire ciò che prima invece era messo in chiaro e comprensibilissimo a chi, come i membri dei tre Ordini, usava l'antica colletta e aveva ben in mente il linguaggio tipico del fondatore e la propria scelta di vita.

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