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venerdì 15 luglio 2011

San Bonaventura descrive l'apparizione di S. Francesco che approva le parole di Sant'Antonio

Bonaventura lega i due primi e grandi santi dell'Ordine serafico in una parentela spirituale: il padre San Francesco approva, nell'apparizione di Arles, le parole del figlio, sant'Antonio, che predica la Croce di Cristo, da vero araldo della medesima, come lo era Francesco. Il passo che vi riporto qui sotto è l'unico cenno, nella Leggenda Maggiore", cioè nella vita ufficiale del Poverello di Assisi, al Santo di Padova. Un passo - comunque - tanto famoso e citato nei primi decenni francescani, da finire tra i grandi affreschi che Giotto dipinge nella Basilica superiore ad Assisi, per immortalare le gesta di san Francesco:


Dalla "Leggenda Maggiore di S. Francesco", scritta da San Bonaventura, cap. IV, § 10.

Ai capitoli provinciali [Francesco] non poteva essere presente di persona; ma si preoccupava di rendersi presente con sollecite direttive, con la preghiera insistente e con la sua efficace benedizione.
Qualche volta, però, in forza di quella virtù divina che opera meraviglie, vi compariva anche in forma visibile. Durante il Capitolo di Arles, Antonio, allora insigne predicatore ed ora glorioso confessore di Cristo, stava predicando ai frati, servendosi come tema dell’iscrizione posta sulla croce: «Gesù Nazareno, re dei Giudei». Ebbene un frate di virtù sperimentata, di nome Monaldo, si mise, per ispirazione divina, a guardare verso la porta della sala capitolare e vide con i suoi propri occhi il beato Francesco che, stando librato nell’aria con le mani stese in forma di croce, benediceva i frati. Tutti i frati, a loro volta, si sentirono ripieni di una consolazione spirituale così grande e così insolita che la ritennero una testimonianza con la quale lo Spirito li assicurava che il padre santo era veramente in mezzo a loro.
Il fatto, però, in seguito venne comprovato non solo da attestazioni sicure, ma anche dalla testimonianza dello stesso san Francesco.
Evidentemente quella forza onnipotente di Dio che concesse al santo vescovo Ambrogio di essere presente alla tumulazione del glorioso vescovo Martino, perché con pio ossequio potesse venerare il pio pontefice, rese presente anche il suo servo Francesco alla predica del suo verace araldo Antonio, perché potesse confermare la verità delle sue parole e in particolare di quelle che riguardavano la croce di Cristo, di cui egli era alfiere e ministro.

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