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mercoledì 29 febbraio 2012

Con i santi c'è poco da scherzare: riflessioni sulla vicenda di San Pelino.

devote parrocchiane a guardia delle reliquie di San Pelino a Corfinio
Innanzitutto a cosa mi riferisco? Qualche giorno fa, il 23 febbraio, il vescovo di Sulmona si è recato nella Basilica di san Pelino a Corfinio per prelevare un frammento d'osso dalla reliquia del santo Patrono, per donarla a Durazzo (Albania), città natale dello stesso san Pelino. San Pelino fu vescovo di Brindisi, esiliato e martirizzato per non aver ceduto all'eresia monotelita.
Tutto regolare, comunque. Il vescovo aveva con sé anche il permesso della Congregazione per le Cause dei Santi per effettuare il prelievo. Monsignore però non si sarebbe certo aspettato che le donne della parrocchia locale si opponessero risolutamente al gesto che stava per compiere. Tra urla e lacrime vere, desolazione e scoramento le parrocchiane di san Pelino hanno fatto desistere il presule dal compiere quello che, con esagerazione, chiamavano "sacrilegio" e "profanazione".
Vedetevi il video qui sotto, tratto da CentroAbruzzoNews e poi continuate a leggere le riflessioni che aggiungo:


Innanzitutto bisogna dire che il Vescovo, nella circostanza, si è comportato benissimo, come vero pastore e padre comprensivo, anche davanti ai capricci dei propri figlioli, che avrebbe potuto intepretare negativamente, e invece se ne è astenuto.
Forse non avrebbe dovuto dare per scontata la volontà dei valvensi di far dono della reliquia, come non aveva dato per scontato il nulla osta vaticano. Questo ci può far pensare che non si sognasse nemmeno una tale levata di scudi e di sentimenti nell'imminenza del suo gesto. Tale gesto, senza dubbio, rimane bellissimo, nella più pura tradizione delle chiese tra loro sorelle, che desiderano rinforzare la comunione reciproca donandosi quanto hanno di più caro: i tesori della santità, rappresentata dalla simbolica delle reliquie. Proprio per questo il gesto avrebbe ancor più essere preparato in loco, coinvolgendo pastoralmente le persone più semplici e preparandole a un sacrificio d'amore per fratelli cristiani che hanno a loro volta sofferto tanto e sono stati privati del loro Santo concittadino per donarlo prima a Brindisi da vivo, e a Corfinio da martire.

In secondo luogo, dopo aver visto il video e le emozioni espresse dalle donne di Corfinio, emozioni autentiche e lacrime vere, non si può non sperimentare sentimenti di empatia e vicinanza per il loro smarrimento. Le reliquie di un santo, anche oggi nel tecnologico 2012, sono una cosa serissima. Anzi, come si vede, non sono una cosa, sono la sua persona. Bisogna anche sapere, come ricorda un post di Andrea Carradori, che i poveri abitanti di Corfinio hanno ancora nella memoria collettiva il rogo appiccato al corpo del loro Santo, bruciato insieme alla sua Basilica, ad opera dei Sulmonesi, invidiosi della fama del Martire dei "vicini di casa". A Corfinio è rimasto solo l'ossicino del braccio di san Pelino che è custodito da secoli nel busto reliquiario. Vederlo ora manomesso e frazionato non può non destare sofferenza e scalpore tra le devote del paese. Certo non è giustificabile l'intemperanza verbale, che arriva a far dire a qualcuna: "quando il vescovo verrà a dire la messa qui, noi non verremo", questo è un atteggiamento riprovevole.

Ma anche loro, povere donne, non hanno tutti i torti. Si chiedono: perchè deve essere ulteriormente frazionata la reliquia? Chi sono i beneficiari? E come mai la popolazione locale non è stata adeguatamente coinvolta e catechizzata su di essi e sul dono che si intendeva far loro?
Tra l'altro se leggiamo cosa dice in proposito il Direttorio Vaticano su Liturgia e Pietà Popolare, scopriamo che gli abitanti di Corfinio non hanno tutti i torti. Proprio perché ragionano ancora secondo la più antica tradizione romana a loro, visceralmente, non piace la divisione eccessiva dei corpi dei santi (che va impedita, dice il documento vaticano!) e in suo luogo si possono inviare i brandea (le cosiddette reliquie di III classe, ma di per sé le più diffuse tra i romani ai tempi di San Pelino stesso). Io aggiungerei (vista una certa esperienza con le reliquie di sant'Antonio): si può anche portare il reliquiario in visita a Durazzo, senza rompere niente, mostrarlo per un certo periodo e poi riportarlo indietro; si possono organizzare giornate di conoscenza reciproca e di preghiera al comune Santo....
Solo alla fine di un lungo percorso di comunione fra comunità cristiane, si può arrivare alla spartizione delle reliquie (che sono - in questo caso - già esigue), come punto di arrivo. Non è, evidentemente, una necessità ecclesiologica, procedere così per gradi,  ma una opportunità umana e pastorale.
Il buon vescovo Spina ha capito di aver forse accelerato troppo e con umiltà e cortesia cerca di sanare i cuori e i sentimenti feriti. La religiosità popolare ha i suoi tempi (che non coincidono con i tempi né della Fede, né con quelli della Ragion), la pietà popolare va certo evangelizzata, ma da essa bisogna anche sapersi lasciare evangelizzare. Gli abitanti di Corfinio, anche se esagerano un po' e sembrano alla fine avari, ci mostrano invece il senso di attaccamento e di umano e cristiano coinvolgimento nella devozione ai santi.

Leggiamo dunque il num. 236 e 237 del Direttorio:
Le reliquie dei Santi

236. Il Concilio Vaticano II ricorda che «la Chiesa, secondo la tradizione, venera i Santi e tiene in onore le loro reliquie autentiche e le loro immagini».[323] L’espressione “reliquie dei Santi” indica anzitutto i corpi – o parti notevoli di essi – di quanti, vivendo ormai nella patria celeste, furono su questa terra, per la santità eroica della vita, membra insigni del Corpo mistico di Cristo e tempio vivo dello Spirito Santo (cf. 1 Cor 3, 16; 6, 19; 2 Cor 6, 16).[324] Poi, oggetti che appartennero ai Santi, come suppellettili, vesti, e manoscritti, e oggetti che sono stati messi a contatto con i loro corpi o i loro sepolcri, quali olï, panni di lino (brandea), ed anche con immagini venerate.

237. Il rinnovato Messale Romano ribadisce la validità dell’«uso di collocare sotto l’altare da dedicare le reliquie dei Santi, anche se non martiri».[325] Poste sotto l’altare, le reliquie indicano che il sacrificio delle membra trae origine e significato dal sacrificio del Capo,[326] e sono espressione simbolica della comunione nell’unico sacrificio di Cristo di tutta la Chiesa, chiamata a testimoniare, anche con il sangue, la propria fedeltà al suo Sposo e Signore.

A questa espressione cultuale, eminentemente liturgica, se ne aggiungono molte altre di indole popolare. I fedeli infatti amano le reliquie [anche troppo!]. Ma una pastorale illuminata sulla venerazione dovuta ad esse non trascurerà di:

- assicurarsi della loro autenticità; là, dove essa sia dubbia, le reliquie dovranno, con la dovuta prudenza, essere ritirate dalla venerazione dei fedeli;[327]

- impedire l’eccessivo frazionamento delle reliquie, non consono alla dignità del corpo umano; le norme liturgiche, infatti, avvertono che le reliquie devono essere «di grandezza tale da lasciare intendere che si tratta di parti del corpo umano»;[328]

- ammonire i fedeli a non lasciarsi prendere dalla mania di collezionare reliquie; ciò nel passato ha avuto talvolta conseguenze deprecabili;

- vigilare perché sia evitata ogni frode, ogni forma di mercimonio,[329] e ogni degenerazione superstiziosa.

Le varie forme di devozione popolare alle reliquie dei Santi, quali sono il bacio delle reliquie, l’ornamento con luci e fiori, la benedizione impartita con esse, il portarle in processione, non esclusa la consuetudine di recarle presso gli infermi per confortarli e avvalorarne la richiesta di guarigione, devono essere compiute con grande dignità e per un genuino impulso di fede. Si eviterà in ogni caso di esporre le reliquie dei Santi sulla mensa dell’altare: essa è riservata al Corpo e al Sangue del Re dei martiri.[330]

1 commento:

Vincenzo ha detto...

Ciao,
questo tuo blog è una grande fonte di informazione, educazione e buonsenso.
La perla che quivi colgo è "la pietà popolare va certo evangelizzata, ma da essa bisogna anche sapersi lasciare evangelizzare".
Grazie!

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