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mercoledì 22 febbraio 2012

Segni, significati, pratiche e pii esercizi di Quaresima


Dal Direttorio su Pietà popolare e Liturgia della Congregazione per il Culto Divino, ecco i numeri che mettono in luce i significati e i segni tipici del tempo quaresimale che oggi iniziamo:

Nel Tempo di Quaresima
124. La Quaresima è tempo che precede e dispone alla celebrazione della Pasqua. Tempo di ascolto della Parola di Dio e di conversione, di preparazione e di memoria del Battesimo, di riconciliazione con Dio e con i fratelli, di ricorso più frequente alle «armi della penitenza cristiana»:[134] la preghiera, il digiuno, l’elemosina (cf. Mt 6, 1-6. 16-18).
Nell’ambito della pietà popolare non viene facilmente percepito il senso misterico della Quaresima e non ne sono colti alcuni grandi valori e temi, quali il rapporto tra il “sacramento dei quaranta giorni” e i sacramenti dell’iniziazione cristiana, come pure il mistero dell’”esodo” presente lungo tutto l’itinerario quaresimale. Secondo una costante della pietà popolare, portata a soffermarsi sui misteri dell’umanità di Cristo, nella Quaresima i fedeli concentrano la loro attenzione sulla Passione e Morte del Signore.
125. L’inizio dei quaranta giorni di penitenza, nel Rito romano, è qualificato dall’austero simbolo delle Ceneri, che contraddistingue la Liturgia del Mercoledì delle Ceneri. Appartenente all’antica ritualità con cui i peccatori convertiti si sottoponevano alla penitenza canonica, il gesto di coprirsi di cenere ha il senso del riconoscere la propria fragilità e mortalità, bisognosa di essere redenta dalla misericordia di Dio. Lontano dall’essere un gesto puramente esteriore, la Chiesa lo ha conservato come simbolo dell’atteggiamento del cuore penitente che ciascun battezzato è chiamato ad assumere nell’itinerario quaresimale. I fedeli, che accorrono numerosi per ricevere le Ceneri, saranno dunque aiutati a percepire il significato interiore implicato in questo gesto, che apre alla conversione e all’impegno del rinnovamento pasquale.
Nonostante la secolarizzazione della società contemporanea, il popolo cristiano avverte chiaramente che durante la Quaresima bisogna orientare gli animi verso le realtà che veramente contano; che si richiede impegno evangelico e coerenza di vita, tradotta in opere buone, in forme di rinuncia a ciò che è superfluo e voluttuario, in manifestazioni di solidarietà con i sofferenti e i bisognosi.
Anche i fedeli che frequentano scarsamente i sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia sanno, per lunga tradizione ecclesiale, che il tempo di Quaresima-Pasqua è in rapporto al precetto della Chiesa di confessare i propri peccati gravi almeno una volta all’anno e di ricevere la Santa Comunione almeno una volta all’anno, preferibilmente durante il tempo pasquale.[135]
126. Il divario esistente tra la concezione liturgica e la visione popolare della Quaresima non impedisce che il tempo dei “Quaranta giorni” costituisca dunque uno spazio efficace per una feconda interazione tra Liturgia e pietà popolare.
Un esempio di questa interazione sta nel fatto che la pietà popolare privilegia alcuni giorni, alcuni pii esercizi, alcune attività apostoliche e caritative che la stessa Liturgia quaresimale prevede e raccomanda. La pratica del digiuno, così caratteristica fin dall’antichità in questo tempo liturgico, è “esercizio” che libera volontariamente dai bisogni della vita terrena per riscoprire la necessità della vita che viene dal cielo: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (cf. Dt 8,3; Mt 4,4; Lc 4,4; antifona alla comunione della I Domenica di Quaresima).

La venerazione a Cristo crocifisso
127. Il cammino quaresimale termina con l’inizio del Triduo pasquale, vale a dire con la celebrazione della Messa In Cena Domini. Nel Triduo pasquale il Venerdì Santo, dedicato a celebrare la Passione del Signore, è il giorno per eccellenza dell’«Adorazione della santa Croce».
Ma la pietà popolare ama anticipare la venerazione cultuale della Croce. Infatti, lungo l’intero arco della Quaresima il venerdì che, per antichissima tradizione cristiana, è giorno commemorativo della Passione di Cristo, i fedeli orientano volentieri la loro pietà verso il mistero della Croce.
Essi, contemplando il Salvatore crocifisso, afferrano più facilmente il significato del dolore immenso e ingiusto che Gesù, il Santo e l’Innocente, patì per la salvezza dell’uomo, e comprendono pure il valore del suo amore solidale e l’efficacia del suo sacrificio redentore.
128. Le espressioni di devozione a Cristo crocifisso, numerose e varie, acquistano particolare rilievo nelle chiese dedicate al mistero della Croce o nelle quali si venerano reliquie ritenute autentiche del lignum Crucis. Il “rinvenimento della Croce” infatti, avvenuto secondo la tradizione nella prima metà del IV secolo, con la susseguente diffusione nel mondo intero di veneratissime particelle, determinò un notevole incremento del culto alla Croce.
Nelle manifestazioni di devozione a Cristo crocifisso gli elementi consueti della pietà popolare come canti e preghiere, gesti  come l’ostensione, il bacio, la processione e la benedizione con la croce, si intrecciano in vario modo, dando luogo a pii esercizi, talora pregevoli per valore contenutistico e formale.
Tuttavia la pietà verso la Croce ha spesso bisogno di essere illuminata. Si deve cioè mostrare ai fedeli l’essenziale riferimento della Croce all’evento della Risurrezione: la Croce e il sepolcro vuoto, la Morte e la Risurrezione di Cristo sono inscindibili nella narrazione evangelica e nel disegno salvifico di Dio. Nella fede cristiana, la Croce è espressione del trionfo sul potere delle tenebre, e perciò la si presenta impreziosita di gemme ed è diventata segno di benedizione sia quando viene tracciata su di sé che su altre persone e oggetti.
129. Il testo evangelico, singolarmente particolareggiato nella narrazione dei vari episodi della Passione, e la tendenza alla specificazione e alla differenziazione propria della pietà popolare, hanno fatto sì che i fedeli rivolgessero l’attenzione anche ad aspetti singoli della Passione di Cristo e ne facessero quindi oggetto di devozioni particolari: all’«Ecce Homo», il Cristo vilipeso, «con la corona di spine e il mantello di porpora» (Gv 19, 5), che Pilato mostra al popolo; alle sante piaghe del Signore, soprattutto alla ferita del costato e al sangue vivificante da essa sgorgato (cf. Gv 19, 34); agli strumenti della Passione, quali la colonna della flagellazione, la scala del pretorio, la corona di spine, i chiodi, la lancia della trafittura; alla santa sindone o lenzuolo della deposizione.
Queste espressioni di pietà, promosse in alcuni casi da persone eminenti per santità, sono legittime. Tuttavia, per evitare un frazionamento eccessivo nella contemplazione del mistero della Croce, sarà conveniente sottolineare la considerazione complessiva dell’evento della Passione secondo la tradizione biblica e patristica.

La lettura della Passione del Signore
130. La Chiesa esorta i fedeli alla lettura frequente, individuale e comunitaria, della Parola di Dio. Ora non v’è dubbio che tra le pagine bibliche il racconto della Passione del Signore ha un particolare valore pastorale, per cui, ad esempio, l’Ordo unctionis infirmorum eorumque pastoralis curae suggerisce di leggere, nell’ora dell’agonia del cristiano, la narrazione della Passione del Signore per intero o alcune pericopi di essa.[136]
Nel tempo di Quaresima l’amore verso Cristo crocifisso dovrà condurre le comunità cristiane a prediligere, soprattutto il mercoledì e il venerdì, la lettura della Passione del Signore.
Tale lettura, di alto significato dottrinale, attira l’attenzione dei fedeli sia per il contenuto sia per l’impianto narrativo, e suscita in essi sentimenti di genuina pietà: pentimento delle colpe commesse, poiché i fedeli percepiscono che la Morte di Cristo è avvenuta per la remissione dei peccati di tutto il genere umano e quindi anche dei propri; compassione e solidarietà verso l’Innocente ingiustamente perseguitato; gratitudine per l’amore infinito che Gesù, il Fratello primogenito, ha dimostrato nella sua Passione verso tutti gli uomini, suoi fratelli; impegno a seguire gli esempi di mitezza, pazienza, misericordia, perdono delle offese, abbandono fiducioso nelle mani del Padre, che Gesù diede con grande abbondanza ed efficacia nella sua Passione.
Al di fuori della celebrazione liturgica la lettura della Passione potrà essere opportunamente “drammatizzata”, affidando a vari lettori i testi corrispondenti ai vari personaggi; come pure potrà essere intervallata da canti e da momenti di silenzio meditativo.

La «Via Crucis»
131. Tra i pii esercizi con cui i fedeli venerano la Passione del Signore pochi sono tanto amati quanto la Via Crucis. Attraverso il pio esercizio i fedeli ripercorrono con partecipe affetto il tratto ultimo del cammino percorso da Gesù durante la sua vita terrena: dal Monte degli Ulivi, dove nel «podere chiamato Getsemani» (Mc 14, 32) il Signore fu «in preda all’angoscia» (Lc 22, 44), fino al Monte Calvario dove fu crocifisso tra due malfattori (cf. Lc 23, 33), al giardino dove fu deposto in un sepolcro nuovo, scavato nella roccia (cf. Gv 19, 40-42).
Testimonianza dell’amore del popolo cristiano per il pio esercizio sono le innumerevoli Via Cruciserette nelle chiese, nei santuari, nei chiostri e anche all’aperto, in campagna o lungo la salita di una collina, alla quale le varie stazioni conferiscono una fisionomia suggestiva.
132. La Via Crucis è sintesi di varie devozioni sorte fin dall’alto Medioevo: il pellegrinaggio in Terra Santa, durante il quale i fedeli visitano devotamente i luoghi della Passione del Signore; la devozione alle “cadute di Cristo” sotto il peso della croce; la devozione ai “cammini dolorosi di Cristo”, che consiste nell’incedere processionale da una chiesa all’altra in memoria dei percorsi compiuti da Cristo durante la sua Passione; la devozione alle “stazioni di Cristo”, cioè ai momenti in cui Gesù si ferma lungo il cammino verso il Calvario perché costretto dai carnefici, o perché stremato dalla fatica, o perché, mosso dall’amore, cerca di stabilire un dialogo con gli uomini e le donne che assistono alla sua Passione.
Nella sua forma attuale, attestata già nella prima metà del secolo XVII, la Via Crucis, diffusa soprattutto da san Leonardo da Porto Maurizio († 1751), approvata dalla Sede Apostolica ed arricchita da indulgenze,[137] consta di quattordici stazioni.
133. La Via Crucis è una via tracciata dallo Spirito Santo, fuoco divino che ardeva nel petto di Cristo (cf. Lc 12, 49-50) e lo sospinse verso il Calvario; ed è una via amata dalla Chiesa, che ha conservato memoria viva delle parole e degli avvenimenti degli ultimi giorni del suo Sposo e Signore.
Nel pio esercizio della Via Crucis confluiscono pure varie espressioni caratteristiche della spiritualità cristiana: la concezione della vita come cammino o pellegrinaggio; come passaggio, attraverso il mistero della Croce, dall’esilio terreno alla patria celeste; il desiderio di conformarsi profondamente alla Passione di Cristo; le esigenze della sequela Christi, per cui il discepolo deve camminare dietro il Maestro, portando quotidianamente la propria croce (cf. Lc 9, 23).
Per tutto ciò la Via Crucis è un esercizio di pietà particolarmente adatto al tempo di Quaresima.
134. Per un fruttuoso svolgimento della Via Crucis potranno risultare utili le indicazioni seguenti:
- la forma tradizionale, con le sue quattordici stazioni, deve ritenersi la forma tipica del pio esercizio; tuttavia, in alcune occasioni, non è da escludere la sostituzione dell’una o dell’altra “stazione” con altre riflettenti episodi evangelici del cammino doloroso di Cristo, non considerati nella forma tradizionale;
- in ogni caso esistono forme alternative della Via Crucis, approvate dalla Sede Apostolica[138]  o pubblicamente usate dal Romano Pontefice:[139] esse sono da ritenersi forme genuine, cui far ricorso secondo l’opportunità;
- la Via Crucis è pio esercizio relativo alla Passione di Cristo; è opportuno tuttavia che esso si concluda in modo tale che i fedeli si aprano all’attesa, piena di fede e di speranza, della risurrezione; sull’esempio della sosta all’Anastasis al termine della Via Crucis a Gerusalemme, si può concludere il pio esercizio con la memoria della risurrezione del Signore.
135. I testi per la Via Crucis sono innumerevoli. Essi sono stati composti da pastori mossi da sincera stima per il pio esercizio, convinti della sua efficacia spirituale; talvolta hanno per autore fedeli laici, eminenti per santità di vita o per dottrina o per doti letterarie.
La scelta del testo, tenuto conto delle eventuali indicazioni dei Vescovi, dovrà essere fatta tenendo presenti soprattutto la condizione dei partecipanti al pio esercizio e il principio pastorale di contemperare saggiamente continuità e innovazione. In ogni caso saranno da preferire testi in cui risuoni, correttamente applicata, la parola biblica e che siano scritti in un linguaggio nobile e semplice.
Uno svolgimento sapiente della Via Crucis, in cui parola, silenzio, canto, incedere processionale e sostare riflessivo si alternino in modo equilibrato contribuisce al conseguimento dei frutti spirituali del pio esercizio.

La «Via Matris»
136. Associati nel progetto salvifico di Dio (cf. Lc 2, 34-35), Cristo crocifisso e la Vergine addolorata sono associati anche nella Liturgia e nella pietà popolare.
Come Cristo è l’“uomo dei dolori” (Is 53, 3), per mezzo del quale piacque a Dio «riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce [...] le cose che stanno sulla terra e quelle dei cieli» (Col 1, 20), così Maria è la “donna del dolore”, che Dio volle associata a suo Figlio come madre e partecipe della sua Passione (socia passionis).
Fin dai giorni dell’infanzia di Cristo, la vita della Vergine, coinvolta nel rifiuto di cui era oggetto suo Figlio, trascorse, tutta, sotto il segno della spada (cf. Lc 2, 35). Tuttavia la pietà del popolo cristiano ha individuato nella vita dolorosa della Madre sette episodi principali e li ha contraddistinti come i “sette dolori” della beata Vergine Maria
Così, sul modello della Via Crucis, è sorto il pio esercizio della Via Matris dolorosæ o semplicemente Via Matris, anch’esso approvato dalla Sede Apostolica.[140] Forme embrionali della Via Matris sono individuabili fin dal secolo XVI, ma nella sua forma attuale, essa non risale oltre il secolo XIX. L’intuizione fondamentale è quella di considerare l’intera vita della Vergine, dall’annuncio profetico di Simeone (cf. Lc 2, 34-35) fino alla morte e sepoltura del Figlio, come un cammino di fede e di dolore: cammino articolato appunto in sette “stazioni”, corrispondenti ai “sette dolori” della Madre del Signore.
137. Il pio esercizio della Via Matris si armonizza bene con alcune tematiche proprie dell’itinerario quaresimale. Infatti, essendo il dolore della Vergine causato dal rifiuto di Cristo da parte degli uomini, la Via Matris rinvia costantemente e necessariamente al mistero di Cristo servo sofferente del Signore (cf. Is 52, 13 — 53, 12), rifiutato dal suo popolo (cf. Gv 1, 11; Lc 2, 1-7; 2, 34-35; 4, 28-29; Mt 26, 47-56; At 12, 1-5). E rinvia ancora al mistero della Chiesa: le stazioni della Via Matris sono tappe di quel cammino di fede e di dolore, nel quale la Vergine ha preceduto la Chiesa e che questa dovrà percorrere fino alla fine dei secoli.
La Via Matris ha come massima espressione la “Pietà”, tema inesauribile dell’arte cristiana sin dal Medioevo.

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