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mercoledì 13 febbraio 2013

Il Papa che vince le tentazioni del pensiero mondano: rilettura e commento della Catechesi di oggi


La semplice certezza di Papa Benedetto: "La Chiesa è di Cristo, il quale non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura"
 
In attesa di ascoltare l'omelia della Messa delle Ceneri, questo pomeriggio alle 17, già la catechesi di oggi, si può leggere come un'esegesi della scelta sconvolgente compiuta da Benedetto XVI, da lui stesso spiegata attraverso l'esempio di Gesù, in una chiave davvero forte:
Anzitutto il deserto, dove Gesù si ritira, è il luogo del silenzio, della povertà, dove l’uomo è privato degli appoggi materiali e si trova di fronte alle domande fondamentali dell’esistenza, è spinto ad andare all’essenziale e proprio per questo gli è più facile incontrare Dio. Ma il deserto è anche il luogo della morte, perché dove non c’è acqua non c’è neppure vita, ed è il luogo della solitudine, in cui l’uomo sente più intensa la tentazione. Gesù va nel deserto, e là subisce la tentazione di lasciare la via indicata dal Padre per seguire altre strade più facili e mondane (cfr Lc 4,1-13). Così Egli si carica delle nostre tentazioni, porta con Sè la nostra miseria, per vincere il maligno e aprirci il cammino verso Dio, il cammino della conversione.
Il Papa che sceglie la via del silenzio e del ritiro assomiglia proprio tanto a questo Gesù "spinto all'essenzionale" per incontrare meglio Dio. Questa è la via che gli è indicata, suggerisce Benedetto, nonostante ci possano essere tentazioni "più facili e mondane", in questo caso il suo permanere al suo posto. Il Pontefice ribalta le accuse di chi lo vede "scendere dalla croce". Impressiona anche il seguito:
Riflettere sulle tentazioni a cui è sottoposto Gesù nel deserto è un invito per ciascuno di noi a rispondere ad una domanda fondamentale: che cosa conta davvero nella mia vita? [...] Qual è il nocciolo delle tre tentazioni che subisce Gesù? E’ la proposta di strumentalizzare Dio, di usarlo per i propri interessi, per la propria gloria e per il proprio successo. E dunque, in sostanza, di mettere se stessi al posto di Dio, rimuovendolo dalla propria esistenza e facendolo sembrare superfluo. Ognuno dovrebbe chiedersi allora: che posto ha Dio nella mia vita? E’ Lui il Signore o sono io?
Il Papa la scelta l'ha fatta e l'ha mostrato a tutti. Come Giovanni Battista sa dire di Gesù: "lui deve crescere, io diminuire".
E poi prosegue, quasi come in un testamento spirituale, additando le tematiche che da sempre ha a cuore:
Questo esige di operare le nostre scelte alla luce della Parola di Dio. Oggi non si può più essere cristiani come semplice conseguenza del fatto di vivere in una società che ha radici cristiane: anche chi nasce da una famiglia cristiana ed è educato religiosamente deve, ogni giorno, rinnovare la scelta di essere cristiano, cioè dare a Dio il primo posto, di fronte alle tentazioni che una cultura secolarizzata gli propone di continuo, di fronte al giudizio critico di molti contemporanei.
Le prove a cui la società attuale sottopone il cristiano, infatti, sono tante, e toccano la vita personale e sociale. Non è facile essere fedeli al matrimonio cristiano, praticare la misericordia nella vita quotidiana, lasciare spazio alla preghiera e al silenzio interiore; non è facile opporsi pubblicamente a scelte che molti considerano ovvie, quali l’aborto in caso di gravidanza indesiderata, l’eutanasia in caso di malattie gravi, o la selezione degli embrioni per prevenire malattie ereditarie. La tentazione di metter da parte la propria fede è sempre presente e la conversione diventa una risposta a Dio che deve essere confermata più volte nella vita.
Le citazioni degli esempi di incontro con la fede dell'ortodosso Pavel Florenskij, di Etty Hillesum, di origine ebraica, e dell'anarchica convertita Dorothy Day, mostrano l'estrema libertà spirituale di Papa Ratzinger.

E alla fine Benedetto riconduce tutto, da discepolo di Bonaventura, alla centralità di Cristo e alla sua iniziativa, al di là di calcoli o di sforzi umani. Ci pensa lui, il Signore a convertire e salvare: a lui il primato a noi l'abbracciare la Croce.
Nella nostra epoca non sono poche le conversioni intese come il ritorno di chi, dopo un’educazione cristiana magari superficiale, si è allontanato per anni dalla fede e poi riscopre Cristo e il suo Vangelo. Nel Libro dell’Apocalisse leggiamo: «Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (3, 20). Il nostro uomo interiore deve prepararsi per essere visitato da Dio, e proprio per questo non deve lasciarsi invadere dalle illusioni, dalle apparenze, dalle cose materiali.
In questo Tempo di Quaresima, nell’Anno della fede, rinnoviamo il nostro impegno nel cammino di conversione, per superare la tendenza di chiuderci in noi stessi e per fare, invece, spazio a Dio, guardando con i suoi occhi la realtà quotidiana. L’alternativa tra la chiusura nel nostro egoismo e l’apertura all’amore di Dio e degli altri, potremmo dire che corrisponde all’alternativa delle tentazioni di Gesù: alternativa, cioè, tra potere umano e amore della Croce, tra una redenzione vista nel solo benessere materiale e una redenzione come opera di Dio, cui diamo il primato nell’esistenza.
Il Papa, in fondo, si offre come modello di conversione in atto. E mi pare che le parole finali del suo discorso lo mostrino bene: 
Convertirsi significa non chiudersi nella ricerca del proprio successo, del proprio prestigio, della propria posizione, ma far sì che ogni giorno, nelle piccole cose, la verità, la fede in Dio e l’amore diventino la cosa più importante.


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