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domenica 30 giugno 2013

L'orefice, l'orafo e il cercatore d'oro

L'orefice, l'orafo e il cercatore d'oro: professioni assai diverse, ma tutte e tre si occupano, in fondo, dello stesso prezioso metallo. L'orefice ha il compito di vendere, di convincere gli avventori della bontà del prodotto che è comunque costoso, deve dire la verità e insieme affascinare. L'orafo esercita l'arte del plasmare e cesellare con le sue mani  monili e gioielli. Lavora con perizia nel suo laboratorio il metallo biondo e produce ciò che altri si impegneranno a collocare. Ma all'inizio di tutto c'è il cercatore d'oro. Un lavoratore instancabile, spesso immerso nel fango dei fiumi che setaccia per scovare le pagliuzze gialle o affaticato, con i calli sulle mani, per i ripetuti colpi sulla roccia mineraria da cui ricava qualche pepita. Il lavoro del cercatore d'oro è alla base di tutto, quello dell'orafo che nel nascondimento raffina e plasma il metallo è indispensabile, però senza l'orefice che esercita l'arte di esporre e convincere, pochi pagherebbero il prezzo di un gioiello.

Questa metafora mi è venuta in mente pensando ai tre ultimi papi: Giovanni Paolo II è stato un vero orefice, capace ed esperto nel "marketing della fede". Aveva voluto con sé un grande orafo di nome Joseph, a cui non ha mai rinunciato, e a lui ha lasciato la "bottega" dopo la sua scomparsa.
L'orafo, dive-nuto papa con il nome di Benedetto, è rimasto un grande artista e sapeva plasmare con l'oro della Parola di Dio splendidi gioielli di insegnamento e di omiletica; ma quanto a piazzare i suoi prodotti stupendi e costosi non è stato pari al suo predecessore. Il suo mestiere, però, non era di essere un orefice!
Poi è venuto Francesco, con le scarpe grosse del cercatore d'oro dell'America d'altri tempi. Anche lui, come gli altri due, è interessato esclusivamente all'oro della Fede, ma i suoi modi non sono proprio gli stessi dei precedenti. Francesco va al metallo ancora grezzo, ma non per questo meno prezioso. Lui sa bene che senza la materia prima non si fa niente. Di questo si è accorto e per questo è stato scelto. Certo una pepita non è ancora un gioiello, e certe prediche o angelus a braccio non hanno le forme splendide che l'orafo sapeva dare al prezioso insegnamento. Tuttavia i karati ci sono e l'oro è autentico. Questo conta parecchio e la gente apprezza sempre e comunque l'oro genuino.
I Papi dunque sono diversi: orefici, orafi o cercatori d'oro, ma tutti hanno a che fare con la Parola di Dio "più preziosa dell'oro, di molto oro fino" (cf. sal 18,11) e tutti devono imparare, loro malgrado, mestieri che non hanno mai dovuto esercitare prima di essere posti alla guida della Chiesa.
Reperire il nobile metallo e scovarlo tra il fango delle periferie o dei centri di potere, purificarlo dalle scorie e plasmarlo in modo armonioso, esporlo nella vetrina, davanti ai media di questo mondo, perché gli uomini possano - a loro spese - farlo proprio: queste sono le distinte attività dell'unica catena di montaggio del ministero apostolico, il cui dirigente e proprietario si chiama Gesù Cristo. 
C'è stato il tempo dell'orefice sorridente, abbiamo quindi ammirato l'arte dell'orafo, e proprio lui ci ha indicato, iniziando l'Anno della Fede, che scarseggiava la materia prima senza la quale non si fanno "gioielli cristiani". Per questo ha ceduto il posto al Cercatore d'oro. Non lasciamoci ingannare dai modi spicci di quest'ultimo e dal fatto che non ha tempo per andare ai concerti: è uno che va al sodo e sa cosa e dove cercarlo. La chiesa va avanti, lo dice sempre proprio lui, ma essa non dimentica il passato né cambia il proprio interesse centrale, il core business, come dicono gli esperti del mercato aurifero.
Tra qualche mese il Cercatore d'oro ci regalerà l'ultima grande creazione dell'Orafo "in pensione": l'enciclica Lumen Fidei. Non dimentichiamo, infine, di ringraziare anche l'Orefice, che ha scelto l'uno e l'altro e con fine intuito ha dato loro impiego come uomini-cardine (cardinali...) nella sua bottega, sulla cui insegna campeggiano ancora - come sempre- due chiavi incrociate.

1 commento:

Maria R. ha detto...

Nel ringraziarla per questo testo molto particolare e significativo, mi permetto solo una postilla: non credo che Benedetto non abbia saputo "piazzare" il prodotto...ma, che essendo orafo più che orefice, è stato capito da quelli che non erano pepite proprio del tutto grezze. Come dire: ha venduto gioielli, per certi versi, più per intenditori, che per chiunque. Ma oggi questi "intenditori" sono sacerdoti, o apostoli impegnati, o religiosi. E porteranno molto frutto, in unione al "cercatore d'oro".

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