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sabato 29 giugno 2013

L'ultimo sermone di sant'Antonio: dedicato ai santi Pietro e Paolo

Nel Sermonario del santo Dottore di Padova il testo dedicato ai due Apostoli, colonne della Chiesa, è l'ultimo tra quelli in onore dei santi. Come si sa, i Sermoni festivi che Antonio stava componendo vengono lasciati incompiuti a causa della sua prematura morte.
Tuttavia per la solennità odierna il Dottore Evangelico ci parla ancora dai suoi scritti. Ne rileggiamo un paragrafo, preso dal cuore del Sermone allegorico (cioè, nella terminologia antoniana: dottrinale) sui santi Pietro e Paolo (qui si può leggere l'intero testo). Secondo il sistema classico della predicazione medievale Antonio parte per i suoi discorsi da un versetto biblico, che spesso a noi può apparire completamente scollegato rispetto all'occasione. Ma l'occhio penetrante del commentatore spirituale non guarda secondo le categorie contemporanee, ma bada ai richiami interni delle parole e segue le suggestioni degli agganci lessicali che si rincorrono nella catena delle citazioni. In questo caso il passo biblico da cui si parte è Dt 33,18-19: «Rallègrati, Zabulon, nella tua uscita, e tu, Issacar, nelle tue tende. Chiameranno i popoli sulla montagna e immoleranno sacrifici legittimi. Succhieranno come latte le inondazioni del mare»:
Questi due apostoli furono, come oggi, lieti nel loro martirio: Pietro «nella sua uscita», dal supplizio della croce alla gloria dell'eterna beatitudine; Paolo «nelle tende», uscendo dalla tenda del suo corpo ed entrando nella tenda dell'abitazione celeste. Pietro è lieto della croce, Paolo della spada, perché sono sicuri dell'eterna ricompensa, alla quale, mentre erano in vita, avevano chiamato i popoli loro affidati.
«Chiameranno i popoli sulla montagna». Leggiamo nel libro dei Numeri: «Il Signore parlò a Mosè dicendo: Fatti due trombe d'argento battuto, con le quali potrai radunare la moltitudine» (Nm 10,1-2). Questi due apostoli sono detti trombe d'argento per la grande risonanza della loro predicazione; «d'argento battuto» perché subirono il martirio. Queste due trombe le ha fatte Cristo, cioè le ha scelte con la sua grazia, e per mezzo di esse ha chiamato la moltitudine dei popoli alla montagna della vita eterna. E come le trombe di Mosè radunavano il popolo per la guerra, per i banchetti sacri e per le solennità (cf. Nm 10,9-10), così questi due apostoli chiamarono i popoli alla guerra contro i vizi. Dice Pietro: «Siate temperanti e vegliate, perché il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente, va in giro cercando chi divorare» (1Pt 5,8). E Paolo: «Imbracciate lo scudo della fede, con il quale potrete respingere e spegnere tutti i dardi infuocati del maligno» (Ef 6,16).
Li chiamarono ai banchetti dell'innocenza e della santa vita. Pietro: «Come bambini appena nati, bramate il puro latte spirituale per crescere con esso verso la salvezza: se davvero avete già gustato come è buono il Signore» (1Pt 2,2-3). E Paolo: «Banchettiamo con azimi di sincerità e di verità» (1Cor 5,8).
Li chiamarono alla grande festa della patria celeste. Pietro: «Esulterete di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la mèta della vostra fede, la salvezza dell'anima vostra» (1Pt 1,8-9). E Paolo: «Correte anche voi in modo da conquistare il premio» (1Cor 9,24); e di nuovo: «Finché arriviamo tutti allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo» (Ef 4,13).
E dopo che queste trombe, questi due apostoli, ebbero chiamato i popoli ai tre impegni indicati, sentiamo che cosa hanno fatto essi stessi. «E immoleranno sacrifici legittimi» (alla lett. vittime di giustizia). È ciò che hanno fatto oggi, immolando a Cristo, con il martirio, i loro corpi come vittime di giustizia, perché erano giusti e santi.
(Sermone per la Festa dei Santi Pietro e Paolo §10) 
Giotto e bottega, 1325-1335, tempera su rame, I santi Apostoli Pietro e Paolo, C. del Vaticano.

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