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sabato 2 febbraio 2013

Inni bizantini per la festa della Presentazione del Signore

Oggi sull'Osservatore Romano padre Manuel Nin, Rettore del Pontificio collegio greco di Roma, firma un articolo che illustra il contenuto degli inni bizantini in onore dell'Ypapanti, cioè la festa dell'Incontro tra Dio e il suo popolo nel Tempio santo dell'Umanità di Cristo. Oltre l'articolo, vi metto anche video e testi per ascoltare e meglio apprezzare la musica e la poesia liturgica dei cristiani orientali.

TROPARIO DI YPAPANTI

Χαῖρε κεχαριτωμένη Θεοτόκε Παρθένε· ἐκ σοῦ γὰρ ἀνέτειλεν ὁ Ἥλιος τῆς δικαιοσύνης, Χριστὸς ὁ Θεὸς ἡμῶν, φωτίζων τοὺς ἐν σκότει. Εὐφραίνου καὶ σὺ Πρεσβύτα δίκαιε, δεξάμενος ἐν ἀγκάλαις, τὸν ἐλευθερωτὴν τῶν ψυχῶν ἡμῶν, χαριζόμενον ἡμῖν, καὶ τὴν Ἀνάστασιν.

Gioisci, Madre di Dio, Vergine piena di grazia: da Te infatti è sorto il sole di giustizia, Cristo Dio nostro, che illumina quanti sono nelle tenebre. Gioisci anche tu, o giusto vegliardo, accogliendo fra le braccia il liberatore delle anime nostre che ci dona anche la resurrezione.

APOSTICHI (dalla Liturgia del Vespro)
(Gli apostichi sono cantati dal cantore nel tono in corso o della festa)
Adorna il tuo talamo, o Sion, e accogli il re Cristo; abraccia Maria, la celeste porta, perché essa è divenuta trono dei Cerubini, essa porta il Re della gloria; è nube di luce la Vergine perché reca in sé, nella carne, il Figlio che è prima della stella del mattino. Simeone lo prende tra le braccia e annuncia ai popoli che egli è Signore della vita e della morte, il Salvatore del mondo.
Versetto: Ora congeda il tuo servo, Sovrano, secondo la tua parola, in pace, poiché i miei occhi hanno visto la tua salvezza.
La Madre ignara di nozze, portando al tempio colui che prima dei secoli dal Padre è rifulso, e alla fine dei tempi, da grembo verginale, presentava colui che sul monte Sinai aveva dato la Legge, e ora ubbidiva al comando della Legge, al giusto e anziano sacerdote, al quale era stato vaticinato che avrebbe visto il Cristo Signore. Accogliendolo tra le braccia, Simeone esultò acclamando: Dio è costui, al Padre coeterno, e Redentore delle anime nostre.
Versetto: Che hai preparato a cospetto di tutti i popoli: luce a rivelazione delle nazioni e gloria del popolo tuo Israele.
La Madre di Dio Maria, recando tra le braccia colui che è portato sui carri dei Cherubini ed è celebrato con canti dai Serafini, da lei senza nozze incarnato, metteva nelle mani del vecchio sacerdote il datore della Legge che compiva l’ordine della Legge: ed egli, portando la vita, chiedeva di essere sciolto dalla vita, dicendo: Ora lascia che io me ne vada, o Sovrano, per annunciare ad Adamo che ho visto il Dio che è prima dei secoli senza mutamento fatto bambino, e Salvatore del mondo.
C. Gloria al Padre, e al Figlio e al santo Spirito. E ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.
Colui che è portato dai Cherubini e celebrato dai Serafini, presentato oggi nel sacro tempio secondo la Legge, ha per trono le braccia di un vegliardo; per mano di Giuseppe riceve doni degni di Dio: sotto forma di una coppia di tortore, ecco la Chiesa incontaminata e il nuovo popolo eletto dale genti, insieme da due piccoli di colomba per significare che egli è principe dell’antico e del nuovo patto. Simeone, accogliento il compimento dell’oracolo che aveva ricevuto benedice la Vergine Madre di Dio Maria, simbolicamente predicendole la passione di colui che da lei era nato, e a lui chiede di essere sciolto dalla vita, gridando: Ora lascia che me ne vada, o Signore, come mi avevi predetto, perché ho visto te, luce sempiterna, e Signore Salvatore del popolo che da Cristo prende nome.
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Gli inni alla Vergine nella festa dell'Incontro del Signore
Come un trono porti il sovrano della luce
di Manuel Nin   (©L'Osservatore Romano 2 febbraio 2013)

La presenza della Madre di Dio nelle tradizioni liturgiche dell'oriente cristiano è importante per il suo ruolo nel mistero della salvezza. Con il nome di theotòkion -- dal titolo theotòkos (“madre di Dio”) dato a Maria -- si indicano nelle liturgie orientali, specialmente in quella bizantina, i testi liturgici che parlano del mistero della maternità divina di Maria. In questi testi viene sviluppata e cantata in forma poetica una vera e propria riflessione di carattere cristologico e mariologico.
Nella festa dell'Incontro del Signore, che ricorre il 2 febbraio, la figura della Madre di Dio è presente in quasi tutti i tropari. Maria è colei che porta Cristo, e diversi testi parlano del vegliardo, «l'antico di giorni» (Daniele, 7,9), che i Padri e la liturgia hanno letto sempre in chiave cristologica: «L'antico di giorni, che un tempo sul Sinai ha dato a Mosè la legge, oggi si mostra bambino» ai due vegliardi nel tempio, Simeone e Anna.
La Vergine è presentata poi come colei dalla quale il Verbo di Dio nella sua incarnazione assume la natura umana: «È bambino per me l'antico di giorni; il Dio purissimo si sottopone alle purificazioni, per confermare che è realmente la mia carne quella che dalla Vergine ha assunto. Simeone, iniziato ai misteri, riconosce Dio stesso, apparso nella carne». In tutta l'ufficiatura della festa, Maria è associata pienamente al mistero dell'Incarnazione del Verbo di Dio che si fa uomo per riparare la rovina sopraggiunta dalla caduta di Adamo.
Maria è descritta nella sua verginità (ripetutamente con l'espressione «ignara di nozze») e nella sua divina maternità: «La Madre di Dio, Maria, recando tra le braccia colui che è portato sui carri dei cherubini ed è celebrato con canti dai serafini, da lei senza nozze incarnato, metteva nelle mani del vecchio sacerdote il datore della Legge che compiva l'ordine della Legge».
Come conseguenza di questa offerta da parte di Maria, l'anziano Simeone la canta come carro e trono terrestre che porta Dio: «Comprendendo il divino vegliardo la gloria che già un tempo si era manifestata al profeta, vedendo il Verbo tenuto tra le mani dalla Madre, esclamava: O venerabile, gioisci! Perché, come un trono, tu porti Dio, sovrano della luce senza tramonto e della pace. Inchinandosi il vegliardo e abbracciando i piedi dell'ignara di nozze e Madre di Dio, disse: Tu porti il fuoco, o pura: tremo nell'abbracciare come bambino Dio, Sovrano della luce senza tramonto».
In diversi tropari della festa vi è la lettura cristologica del testo di Isaia, 6,6, con l'immagine del carbone ardente che purifica coloro che lo toccano: «È purificato Isaia, ricevendo il carbone ardente del serafino, gridava il vegliardo alla Madre di Dio; e tu con le tue mani, come con molle, mi illumini dandomi colui che porti, il sovrano della luce senza tramonto».
Nell'ultima ode del mattutino, quando la liturgia canta il cantico della Madre di Dio (Magnificat), sono ripresi i diversi aspetti del ruolo di Maria, che partorisce veramente il Verbo di Dio incarnato: «Per i neonati di un tempo, c'era una coppia di tortore o di piccoli di colomba: compiendo ora la figura col loro servizio, ecco il divino vegliardo e la casta Anna profetessa che magnificano, al suo entrare nel tempio, colui che è stato partorito dalla Vergine ed è unigenito Figlio del Padre».
Infine Maria diventa colei che custodisce i fedeli e intercede per loro: «Madre di Dio, speranza di tutti i cristiani, proteggi e custodisci quanti sperano in te, e su di essi vigila». E in questa festa è tutta la Chiesa che, assieme a Maria, gioisce per il sole di giustizia che da lei sorge per illuminare gli uomini.

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