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mercoledì 28 gennaio 2015

Festa liturgica del beato Francesco Zirano, frate e martire

Al termine della messa di Beatificazione, alcuni devoti prendono un po' della terra del luogo
del Martirio di padre Zirano, portata a Sassari dall'Arcivescovo di Algeri.
E' l'ultimo beato della famiglia francescana conventuale: il sardo padre Francesco Zirano, che subì un orrendo martirio ad Algeri dove si era recato per riscattare dai saraceni alcuni schiavi, tra cui anche un cugino e confratello. Il giorno liturgico per la commemorazione di questo beato, iscritto appena l'anno scorso nel Martirologio, è il 29 gennaio (il giorno della sua morte coincide con il 25 gennaio, festa della conversione di san Paolo).
L'Ordine minoritico ha chiesto l'approvazione di alcune parti proprie per l'ufficio del B. Francesco Zirano, tra cui come seconda lettura dell'Ufficio la cruda relazione, di un testimone oculare, dell'esecuzione del beato. In calce al post metto anche un documentario, curato dalla Provincia dei Conventuali di Sardegna, in cui si spiega in maniera particolareggiata la vita e il sacrificio del santo confratello:

29 gennaio
BEATO FRANCESCO ZIRANO, SACERDOTE E MARTIRE

Nacque a Sassari nel 1564 da modesta famiglia. Religioso tra i Frati Minori Conventuali della città, divenne sacerdote nel 1586. Il suo zelo di carità verso il prossimo si orientò in vocazione missionaria nel 1599, quando s’impegnò a liberare un cugino e confratello schiavo ad Algeri dal 1590 per salvaguardarlo dal rinnegare la fede. Arrivato in Africa nel luglio 1602 e impossibilitato a operare redenzioni, durante la guerra allora scoppiata tra il regno cabìle di Cuco alleato di Spagna e la reggenza turca di Algeri, fu catturato come spia e condannato a morte. Sollecitato a farsi maomettano per aver salva la vita, rifiutò ripetutamente e con fermezza, preferendo morire scorticato vivo. Morì il 25 gennaio 1603, proclamando la sua fedeltà a Cristo e alla vocazione francescana, e invocando la luce della fede per i carnefici che l’avevano rinnegata.

Dal Comune dei martiri

COLLETTA

O Dio, che hai suscitato nel beato Francesco, sacerdote,
il coraggio di rischiare la vita per liberare il prossimo
restando fedele a Cristo fino al martirio,
per sua intercessione concedi a noi
di testimoniare il Vangelo
con fede viva, carità operosa, speranza certa.
Per il nostro Signore.

Latino:
Deus, 
qui beátum Francíscum, presbýterum, succendísti,
ut pro libertáte próximi daret se perículo
et usque ad martýrium persevérans in Christo manéret,
eius nobis intercessióne concéde
fidem vivam, actuósam caritátem et spem certam,
ad testificándum Evangélium. Per Dominum.

Dal Comune di un martire, con salmodia del giorno dal salterio.

UFFICIO DELLE LETTURE

SECONDA LETTURA
Dalla deposizione sul martirio di Giovanni Andrea da Cagliari. (Antonio Daza, Chronica, pars IV, c. 51, Valladolid 1611, pp. 257-258)

Nelle tue mani, Signore, affido il mio spirito

In Valladolid, 29 di marzo 1606, davanti a me Francesco di Santander, fra Antonio Daza, a nome dell’Ordine del padre san Francesco, presentò come testimone Giovanni Andrea Sardo, originario della Sardegna. Dopo aver prestato giuramento in nome di Dio e al simbolo della croce, su cui mise la mano destra secondo la legge, promise di dire la verità sui fatti di cui era a conoscenza.
Interrogato riguardo all’istanza, il testimone dichiarò che sul contenuto della petizione ciò che lui sapeva era che: mentre lui era prigioniero nella città di Algeri da oltre di 22 anni, il padre fra Matteo de Aguirre mandò, con una lettera per il re Don Filippo nostro sovrano, il suo compagno fra Francesco di cui non sa il cognome, solo che era un frate, sacerdote, di circa 30 anni, di barba castana, di media statura, originario della città di Sassari del regno di Sardegna. I mori che lo guidavano lo tradirono con l’inganno, per cui invece di condurlo al porto per l’imbarco lo portarono nel territorio dei Turchi, dove fu fatto prigioniero dai ministri del re di Algeri. Non acconsentirono alla richiesta di riscattarlo e ritenendo che fosse il citato fra Matteo de Aguirre lo condannarono a morte. Lo condussero per eseguire la sentenza nella città di Algeri, presso il Diwan cioè il Consiglio, dove fu deciso che lo scorticassero vivo e lo misero in una buca fino alla cintola. 
Questo testimone vide come i Mori e i Turchi, mentre lo portavano al martirio, cercavano di convincerlo a rinnegare la nostra amata fede cattolica e che il frate Francesco professando e predicando la verità della nostra santa fede, diceva che in essa era nato e in essa voleva morire. Vedendo ciò portarono un boia greco rinnegato, privo di orecchie, il quale affermava che gliele avevano tagliate i cristiani e che l’uomo davanti a lui doveva pagare per questo. Così il teste vide come il boia si avvicinò con un coltello al condannato che aveva le mani legate ed era stato spinto nella citata buca scavata nel terreno; lì gli inferse un taglio dall’orecchio all’indietro, incidendo fino alla vita e il frate Francesco sopportava con grandissima fermezza invocando il santissimo nome di Gesù e di nostra Signora, recitando i salmi. Il boia proseguì scorticandolo con enorme crudeltà. Arrivato alle mani gli tagliava la pelle e amputava le mani all’altezza dei polsi e dopo procedeva alla stessa maniera con i piedi. Mentre gli scorticava i quarti anteriori questo testimone vide che allorché il boia, strappando la pelle, arrivava fino alla bocca dello stomaco, il suddetto fra Francesco, con tremendo dolore, rivolti gli occhi al cielo disse: «Nelle tue mani, Signore, affido il mio spirito: mi hai redento, Signore, Dio fedele». Con queste parole spirò. 
Il boia finì di scorticarlo e, presa la pelle, la riempì di paglia e la pose in cima alla porta che chiamano di Babason. Buttarono il corpo e le ossa nella campagna. Questo testimone e altri Cristiani schiavi andando a raccoglierli, non trovarono dette ossa, ma venne a sapere che altri le avevano prese e portate in terra di cristiani.

RESPONSORIO Cf. Gal 6,14; 2,20; Fil 1,29
R. Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, * che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me.
V. Riguardo a Cristo, a me è stata data la grazia non solo di credere in lui, ma anche di soffrire per lui:
R. Che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me.

Una versione ridotta del documentario di Marco Biggi, narratore padre Umberto Zucca, che ha dedicato otto anni a ricercare e studiare i documenti sulla vita, martirio e e santità di p. Francesco Zirano:

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