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martedì 30 ottobre 2012

Per chi ancora non lo sapesse: ci sono due forme dell'unico Rito Romano, è normale l'uso del messale del 1962

il Card. Canizares Llovera mentre celebra il rito tridentino
Andrea Tornielli per Vatican Insider ha intervistato il Cardinal Cañizares Llovera, Prefetto del Culto Divino, in vista della sua partecipazione come celebrante alla Messa del 3 novembre, culmine del pellegrinaggio di ringraziamento per il dono che il Papa ha fatto dando alla Chiesa il motu proprio "Summorum Pontificum", quello che "liberalizza" l'uso della liturgia secondo i testi liturgici anteriori alla riforma.
Il Cardinale è chiaro e tondo, sembra parlare per chi ancora non volesse capire. Ma non credo che ci siano davvero ancora sacerdoti che pensano seriamente di opporsi alla riscoperta liturgica dell'intera tradizione latina. Intera... In rosso ho messo qualche commento.

Il cardinale Cañizares spiega perché ha accettato di presiedere in San Pietro la messa di sabato per i fedeli del pellegrinaggio «Una cum Papa nostro»

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO
«Ho accettato volentieri di celebrare la messa di sabato prossimo per i pellegrini venuti a ringraziare il Papa per il dono del motu proprio Summorum Pontificum: è un modo per far comprendere che è normale usare la forma straordinaria dell’unico rito romano…». Il cardinale Antonio Cañizares Llovera, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino, risponde così alla domanda di Vatican Insider sul significato della celebrazione che avrà luogo sabato prossimo, 3 novembre, alle ore 15, presso l’altare della Cattedra nella basilica di San Pietro. Proprio questa mattina, il portavoce del pellegrinaggio intitolato «Una cum Papa nostro» ha annunciato la presenza alla celebrazione anche dell’arcivescovo Augustine Di Noia, vicepresidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei.

Qual è il senso di questo pellegrinaggio?
«È quello di rendere grazie a Dio e di ringraziare il Papa per il motu proprio di cinque anni fa, che ha riconosciuto il valore della liturgia celebrata secondo il messale del beato Giovanni XXIII sottolineando la continuità della tradizione nel rito romano. Riconoscendo la liturgia precedente si comprende che nel riformare non si nega ciò che era in uso precedentemente».

Perché ha accettato di celebrare la messa per i pellegrini che seguono il rito preconciliare?
«Ho accettato perché è un modo per far comprendere che è normale l’uso del messale del 1962: esistono due forme dello stesso rito, ma è lo stesso rito e dunque è normale usarlo nella celebrazione. [Il prefetto della Concregazione per il Culto Divino dice che "è normale" celebrare la Messa con il rito antico. Avete letto bene, non è peccato e non è nemmeno una stravaganza, come ancora certuni si ostinano a pensare]. Ho già celebrato diverse volte con il messale del beato Giovanni XXIII e lo farò volentieri anche questa volta. La Congregazione della quale il Papa mi ha chiamato ad essere Prefetto non ha nulla in contrario all’uso della liturgia antica, anche se il compito proprio del nostro dicastero è di approfondire il significato del rinnovamento liturgico secondo le direttive della costituzione Sacrosanctum Concilium e dunque di metterci sulla scia del Concilio Vaticano II. A questo proposito bisogna dire che anche la forma straordinaria del rito romano deve essere illuminata da quella costituzione conciliare, che nei primi dieci paragrafi approfondisce il vero spirito della liturgia e dunque vale per tutti i riti».

Cinque anni dopo come giudica l’attuazione del motu proprio Summorum Pontificum?
«Non conosco nei dettagli ciò che avviene nel mondo, anche perché la competenza su questo è della Commissione Ecclesia Dei, ma credo che poco a poco si cominci a comprendere come la liturgia è fondamentale nella Chiesa e noi dobbiamo ravvivare il senso del mistero e del sacro nelle nostre celebrazioni. Inoltre mi sembra che a cinque anni di distanza si possa meglio comprendere come non si tratti soltanto di alcuni fedeli che vivono nella nostalgia del latino, ma che si tratti di approfondire il senso della liturgia [Approfondire e conoscere: non si può amare ciò che non si conosce, e in liturgia non si conosce davvero ciò che non si celebra]. Tutti siamo Chiesa, tutti viviamo la stessa comunione. Il Papa Benedetto XVI lo ha spiegato molto bene e nel primo anniversario del motu proprio ha ricordato che “nessuno è di troppo nella Chiesa”».
L'allora (1990) card. Ratzinger ad una celebrazione "more antiquo" a Wigratzbad con i seminaristi della FSSP 

1 commento:

Renzo T. ha detto...

A proposito della Santa Messa che il sign. Cardinale celebrerà in san Pietro.
Mi si consenta solo una testimonianza personale.
Quando entrò in vigore il Messale Novus Ordo avevo 16 anni. Per quarant'anni ho svolto il servizio come organista in una parrocchia e contestualmente anche in un importante santuario mariano (dapprima come organista e poi come direttore di coro).
In questi quarant'anni sono stato testimone di molte liturgie novus ordo, molte celebrate santamente da sacerdoti che credevano in quello che celebravano, ma molte altre (e sempre più in questi ultimi anni) si sono rivelate disgustose parodie del santo sacrificio eucaristico. Per non perdere la fede, ho abbandonato ambedue i servizi (parrocchia e santuario) e mi reco ogni domenica, come semplice fedele, dove si celebra la Santa Messa Vetus Ordo, sobbarcandomi anche un bel po' di chilometri di auto, perché, come tutti sappiamo, senza voler polemizzare, le Sante Messe Vetus Ordo, anche dopo il Summorum pontificum, sono merce rara. In quelle celebrazioni ho ritrovato il vero senso di partecipazione "attiva" al Santo Sacrificio Eucaristico. Lì riesco a pregare e nel contempo a rimpiangere molti anni persi in arrabbiature nel confrontarmi con tanti celebranti renitenti a voler seguire le disposizioni della Sacrosanctum Concilium e dell'Istruzione Musicam Sacram che, a causa della mia formazione liturgica, cercavo di mettere in pratica nelle sante Messe. Per contro mi vedevo testimone e in qualche modo correo, di certe celebrazioni che non avevano più nulla del senso del sacro, del mistero e perfino della Fede.
Nelle omelie di quelle celebrazioni mi sento ripetere spesso quelle verità di Fede che, pur virtualmente ancora facenti parte della dottrina postconciliare, vengono omesse nelle nostre chiese, in altre parole in quelle omelie ti ricordano "la porta stretta".
Non frequento Le sante Messe Vetus Ordo per nostalgia, il "latinorum" fine a sè stesso non centra nulla, semmai avrei dovuto farlo prima.
In quelle celebrazioni, con mia somma sorpresa, ho scoperto di essere tra i più vecchi, se non il più vecchio. Numerosi sono i giovani che, per ovvie ragioni anagrafiche, non hanno mai conosciuto direttamente la liturgia preconciliare. Giovani sono anche i sacerdoti, formati negli seminari degli istituti Ecclesia Dei, che sono pieni di vocazioni, mentre quelli diocesani stanno languendo sotto l'aspetto vocazionale.
Penso che al di là delle contrapposizioni, molte volte puramente faziose, una seria riflessione a cinquant'anni dal Concilio su questi temi, scevra da ideologismi, possa risultare salutare la la nostra amata Chiesa. Realisticamente però, penso che questo "giubileo conciliare" si trasformerà in un trita e ritrita apologia del concilio su schemi e parole d'ordine troppe volte sentite in questi cinquant'anni e ormai ammuffite.
Ma, alla fine, sono certo che Cristo salverà la Sua Chiesa.

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