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mercoledì 18 novembre 2009

La sfida di pensare la pastorale e la preghiera liturgica anche per chi non ha l'udito

Si apre domani in Vaticano il convegno sulla realtà dei non udenti nella vita della Chiesa e sul loro contributo nell'apostolato

Offrire “un'opportunità per valorizzare l’apporto delle persone non udenti nei diversi campi di apostolato, dando pieno riconoscimento alla rilevanza del loro operato”. E’ l’obiettivo della Conferenza internazionale incentrata sul tema: “Effatà! La Persona sorda nella vita della Chiesa”. Il Congresso, promosso dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, si terrà in Vaticano dal 19 al 21 novembre prossimi.
L’iniziativa è stata presentata ieri nella Sala Stampa della Santa Sede. Alla conferenza stampa hanno partecipato, tra gli altri, mons. Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, e padre Savino Castiglione, della Congregazione Piccola Missione per i Sordomuti.

Nel mondo, sono oltre 278 milioni le persone con deficit uditivo. Tra queste, 59 milioni sono affette da sordità totale. L’80% delle persone non udenti vive nei Paesi meno sviluppati, dove la mancanza di infrastrutture sanitarie adeguate e di interventi tempestivi si aggiunge alle difficoltà economiche per l’acquisto dei farmaci. Spesso, sono compromessi l’inserimento nel mondo del lavoro, la partecipazione alla vita sociale e la possibilità di crearsi una famiglia. Un grave impedimento è anche quello alla possibilità di crescita nella vita spirituale e nella pratica religiosa, come ha sottolineato mons. Zygmunt Zimowski:

“Le ricadute sono notevoli quanto inevitabili sulla vita della Chiesa cattolica, della quale si stima facciano parte circa un milione e 300 mila sordi”.

Non si può rimanere sordi alla Parola di Dio. Il brano evangelico della guarigione del sordomuto, al quale Gesù dice “Effatà, apriti”, è un invito a non vivere nel nascondimento, a non chiudersi in se stessi. Mons. José Redrado, segretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari:

“Il Signore davanti al sordo grida: Apriti! E’ un grido di speranza, è un esperienza per il sordo che comincia a sentire e a proclamare. E questo gesto di Gesù lo prende la Chiesa e dice: Apriti!”.

Chi ha aperto il proprio animo - ha aggiunto mons. Redrado - è il grande compositore Beethoven, che ha vissuto l’esperienza della sordità:

“Beethoven vive isolato vicino a Vienna e scrive pagine amare, desolate dove affiorano propositi di suicidio. E’ condannato a non udire più le sue melodie che nell’intimo dell’animo. Ma compie uno sforzo titanico - a questo mi riferisco come segno di Chiesa - e supera la crisi. La fine non è la tomba, la depressione ma il trionfo, il premio allo sforzo, la risurrezione dello spirito sulla fragile materia”.

Il Congresso prenderà in esame gli aspetti medici, sociali e psicologici della sordità e le necessità pastorali delle persone sorde. L’incontro sarà tradotto anche nelle lingue dei segni. Esponenti del clero e di istituti religiosi e del laicato si soffermeranno sulla loro esperienza di persone sorde. Particolarmente toccante sarà la testimonianza di padre Cyril Axelrod, missionario sudafricano sordo-cieco, che annuncia la Parola comunicando con i gesti per lanciare un messaggio universale: nessuno può davvero sentirsi escluso dall’amore di Dio.
(Amedeo Lomonaco - Radio Vaticana)

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Pensate quanto è difficile per una persona nata sordomuta ASCOLTARE la Parola di Dio, SCIOGLIERE LA LINGUA in preghiere e canti di lode e CONFESSARE CON LA BOCCA i propri peccati per ottenere il perdono... Tutte cose scontate per gli udenti e parlanti, ma che effettivamente devono essere offerte anche a chi, per un handicap, vedrebbe preclusa la più importante delle relazioni: quella con Dio, che - a differenza delle cose di questo mondo - non può essere raggiunto con la vista, ma del quale bisogno accogliere la Parola.
Ecco alcuni esempi di utilizzo della Lingua dei Segni per pregare e fare catechesi:







1 commento:

lycopodium ha detto...

Il libro di O. Sacks "Vedere voci" è un'ottima introduzione al linguaggio dei sordi. Leggendolo, ho pensato che varrebbe come laica introduzione al non-verbale della liturgia.

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