Mi dispiace proprio, quindi, che mons. Betori, segretario della CEI, invece di rendersi conto di questo e fare ammenda dell'atteggiamento intellettuale ed elitario che ha guidato la scelta delle opere riprodotte nel lezionario, si prodighi invece in difese alquanto di "ufficio" di ciò che è stato prodotto non senza il suo personale avvallo.
Leggete a riguardo la lettera che qui vi linko.
Difendendo l'espressione non figurativa Betori scrive:
"Nel caso invece delle tavole del nuovo Lezionario, esse hanno il compito di suggerire per immagine il significato che il testo proclama mediante le parole. Se non devo dunque suscitare un atteggiamento di devozione o di preghiera, ma aiutare una comprensione, ritengo che possano tornare utili anche altri linguaggi, oltre quello iconico, che pur non manca tra le tavole del Lezionario".
Eppure poche righe dopo aggiunge rivolgendosi a S. Magister:
"Per questo, Le posso anticipare che è allo studio un piccolo sussidio per spiegare le opere e il loro legame ai testi, che cercheremo di diffondere capillarmente, in particolare tra i nostri sacerdoti."
Quindi: le opere che dovrebbero "suggerire il significato del testo" hanno bisogno ora di un "sussidio" che le spieghi in se stesse e nel loro legame al testo a chi - poverino - non ci arriva, come tanti sacerdoti....
Diamo atto a Betori di buona volontà per la riconciliazione degli opposti in questo finale del suo scritto: "Camminando insieme, correggendoci secondo le diverse sensibilità – e di questo ringrazio tutti quanti intervengono in questo dibattito – potremo raggiungere risultati più alti e maggiormente condivisi, ricordando che alla fine ciò che conta è rendere un servizio alla fede, alla comprensione più profonda, mediante tutti i linguaggi, anche quelli delle arti visive, di Dio che ci parla nelle sue sacre Scritture."
Altre più autorevoli critiche, le trovate in questo post. Leggete soprattutto cosa scrive la restauratrice d'arte Paolozzi.
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