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lunedì 8 luglio 2013

L'altare del sacrificio


L'altare della messa del Papa a Lampedusa è costruito su una barca. E' carino, sembra fatto apposto per una cittadina marinara. Ma il significato qui è tutt'altro, e non è "estetico" o "sentimentale". Sopra quella barca si celebra il sacrificio di Cristo, perché quella non è la barca della pesca o delle vacanze. E' la barca dei disperati sacrificati, è la barca nella tempesta dove Gesù dorme quando tutto sembra affondare.
Il relitto diventa un altare, il clandestino diventa Gesù.
La barca è quella su cui Gesù consuma il suo sacrificio insieme a quanti affrontano il viaggio della speranza. La nave con l'albero a forma di croce piantato in essa è uno dei simboli più antichi della Chiesa stessa: sulla barca che è di legno - diceva Agostino - il medesimo legno della croce,  si raggiunge il porto della salvezza, ma solo se abbraccia fortemente la croce e nel momento della tempesta non la si lascia. 
Non si lascino ingannare dalle apparenze quelli che storcono il naso. Quell'altare non è un segno forzato, stile anni '70, o un altare in "arte povera". E' un simbolo vero e proprio, inserito nel contesto di una specifica celebrazione e nel suo contesto parla forte del sacrificio che su di esso si compie: il sacrificio del corpo di Cristo e del corpo di tante persone. I giovani eritrei che hanno portato al Papa il pane e il vino per il sacrificio eucaristico dicevano la stessa cosa: giovani cristiani (metà degli immigrati sono cristiani in fuga!) che con la propria vita si sono uniti a Cristo crocifisso nella vita e mostrano questa verità nel rito.

4 commenti:

Daniele ha detto...

Io sono uno di quelli che ha storto il naso. Sarà che sono prevenuto, ma l'aspetto sacrificale della Messa a mio avviso non passa. Anzi, passa proprio l'esatto opposto: la legittimazione di tutte le porcate liturgiche realizzate dagli anni 70 in poi.

Che la Messa è un sacrificio non lo sa più nessuno e più nessuno lo dice; è più comodo dire che è una cena e una festa. Questo ambiguo (se non proprio eretico) linguaggio è imperante anche con l'uso degli altari canonici, figuriamoci cosa può accadere con l'uso di questo tipo di altari.

Non ci credo alla distinzione tra forma e contenuto. La validità della Messa nessuno la pone in dubbio, ma quello che nel mondo cattolico passerà, sarà la benedizione di ogni sorta di pagliacciata, sulla scia de "l'ha fatto anche il Papa".

Per questo quella prudenza che qualcuno auspicava non guasterebbe.

E per questo, visto che prudenti non si è, io che storco il naso, continuo a vivere con perplessità, sofferenza e sgomento tutti questi gesti.

Giovanni221 ha detto...

A me non piacciono questi segni, penso che il Papa comunque debba risplendere per semplicità, ma come dice il Concilio "nobile semplicità", senza forzature. Anche se comprendo la situazione, l'esempio poi scatena emulazione, e tutti si sentono autorizzati da quello che fa il Papa, indipendentemente dall'innocenza o dal significato serio che lei ci ha espresso nel post.

Francesco ha detto...

Credo che non si percepisca più il valore del simbolo. Se l'altare è costruito su una barca, per quanto possa essere riferita a situazioni drammatiche, rimangono solo il pathos ed il sentimento che non hanno nulla a che fare con la liturgia perché essa è azione sacra della Chiesa e ogni "manipolazione" o risignificazione è un maldestro atto d'orgoglio per ciò che realmente è il culto, celebrazione, memoria, presenza.
Se è "giusto" e "giustificabile" un altare sui relitti, allora lo è tutto il resto, e nulla si può opporre ad una ermeneutica che, con passi biblici e riflessioni esistenziali, mina le fondamenta della celebrazione della Chiesa. Se va bene l'altare sul relitto allora vanno bene anche i balletti all'ambone, le messe in discoteca, i sombreri, i mappamondi, le lavatrici in presbiterio, il parroco vestito da pagliaccio, l'aspersione domenicale fatta con la pistola ad acqua e molto altro. Nulla è più sottoposto al vaglio della ratio liturgica. Tutto è livellato, instabile e soggettivo proprio perché dato dalle situazioni singole, dai luoghi e dai tempi. E qui io non ci vedo chiaro.
Quello che vedo allora non è altro che "teatro" tentativo di allestire "scenografie" che siano in grado di suscitare "buoni sentimenti" nei presenti. La dignità del mistero eucaristico, l'amore ed il rispetto non saranno mancati, ma dal mio punto di vista è emerso altro.
Se l'eucaristia è al centro della vita e della fede della Chiesa allora a Lampedusa, con tutte le eccezioni del caso, percepisco una diminutio, quasi cha la messa sia una delle tante cose, o addirittura il contorno di un evento e non il suo fulcro, il suo punto culminante. Allora non mi stupisco se altre cose, nella vita della Chiesa prendono il sopravvento, se altre oggi sono le priorità per le quali niente è lasciato al caso. Non certo la Liturgia.

Condivido quindi con gli altri le perplessità, la sofferenza nel vedere i tesori della fede ancora ulteriormente maltrattati e lo sgomento a causa di chi non si rende conto che queste immagini hanno fatto il giro del mondo ed hanno forse trasmesso un'idea di Chiesa più vicina ai poveri ed agli ultimi ma anche dato l'autorizzazione a fare della liturgia materia di privata interpretazione.

Anonimo ha detto...

Condivido l'articolo intelligente e profondo di Cantuale.

Ai rubricisti ricordo che l'altare è stato approvato dal Sommo Liturgo. Spero che canonicamente possa bastare.

LucaGras

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