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lunedì 9 novembre 2009

Le maggiori novità nella Costituzione Anglicanorum Coetibus


Foto: l'ex vescovo di Rio Grande, anglicano americano, William Steston ordinato prete cattolico il 7 marzo 2009


Era prevista per oggi e puntualmente è uscita la Costituzione Apostolica che regola il ritorno degli Anglicani, approntando per loro appositi Ordinariati. Questi sono un ibrido tra una Amministrazione apostolica e un Ordinariato militare. Come è precisato dall'art I  §3 sono assimiliati giuridicamente ad una diocesi, però l'art V b dice che la potestas dell'Ordinario non è propria, ma vicaria, esercitata in nome del Romano Pontefice. Ricordiamo a proposito che invece i vescovi diocesani non sono vicari del Papa (a riprova agli Ordinari secondo l'art 4§1 delle norme complementari non si applica l'art 381 del CIC, almeno per il §1).
Secondo il mio modesto avviso, le novità più rilevanti della nuova Costituzione Apostolica sono:
1) Il modo di eleggere l'Ordinario.
2) Il Consiglio di Governo.
Nelle normali circoscrizioni della Chiesa latina queste due sono effettivamente importanti innovazioni (o meglio, in realtà sono un far proprio della Chiesa di Roma di modalità di governo collegiale proprie della Chiesa anglicana, e anzi, più antiche di quelle vigenti "da noi").
Dicono le norme complementari (art 4 §1) che l'Ordinario è sì nominato dal Papa, ma in base ad una terna proposta dal Consiglio di Governo. Ora: le diocesi normali non godono di un tale privilegio di proposta (anche se esistono eccezioni che hanno questa prerogativa), e la nomina del loro Ordinario è solitamente calata dall'alto (con il lavoro segreto dei Nunzi apostolici e delle Conferenze Episcopali, come lungamente precisa il Canone 377 §3 del Codice).
Poi c'è questo Consiglio di Governo, in tutto simile a quello che consiglia i superiori maggiori dei religiosi, ma non presente nelle strutture diocesane, e dotato di poteri a cui nessun vescovo latino vorrebbe sottostare (l'Ordinario anglicano in parecchie situazioni dovrà avere il consenso di questo consiglio per agire validamente).Questo organo collegiale assomma in sè le funzioni del consiglio presbiterale, del collegio dei consultori, ma ha poi altre prerogative sull'ammissione dei candidati al presbiterato, sulla erezione di seminari, sulla formazione dei candidati, sulla costituzione di decanati e altre questioni attinenti al governo.
Inoltre, come già detto, a questo consiglio, la metà dei componenti del quale è eletta dalla base del clero, ha il diritto e dovere di proporre una terna per l'Ordinario, ciò potrà proporre direttamente tre candidati per l'episcopato (dove l'eletto abbia le condizioni per essere vescovo). Si bypassa così la nunziatura apostolica e la Conferenza Episcopale del luogo, conferendo un'autonomia e un potere davvero notevoli ai presbiteri di questi ordinariati, che in pratica potranno quasi scegliersi il loro Ordinario (si sa che spesso il primo delle terne sottoposte alla Santa Sede è il favorito del proponente, e normalmente viene nominato).
Gli statuti che regoleranno il consiglio di governo sono ancora da scrivere, sarà interessante leggerli a suo tempo.
Questa scelta papale, che comunque è in sintonia con il rispetto che viene affermato per le istituzioni e la spiritualità delle comunità anglicane, in cui il governo collegiale è molto, ma molto più sentito e attuato che in casa Cattolica. E non parliamo della partecipazione dei laici al governo della Chiesa....
Per quanto riguarda la questione dei preti e dell'ammissione futura, caso per caso, di candidati sposati, effettivamente pare avesse ragione Tornielli. Non si parla qui solo di ministri anglicani che oggi o in futuro volessero essere accolti e ordinati preti, ma di candidati che non sono mai stati ministri anglicani e vogliano essere ordinati preti per l'Ordinariato. Mi pare che la Costituzione e le Norme complementari siano molto possibiliste. L'art. 6 delle Norme precisa: "In considerazione della tradizione ed esperienza ecclesiale anglicana, l’Ordinario può presentare al Santo Padre la richiesta di ammissione di uomini sposati all’ordinazione presbiterale nell’Ordinariato, dopo un processo di discernimento basato su criteri oggettivi e le necessità dell’Ordinariato. Tali criteri oggettivi sono determinati dall’Ordinario, dopo aver consultato la Conferenza Episcopale locale, e debbono essere approvati dalla Santa Sede". Questo diritto non è attualmente nemmeno immaginabile per un vescovo diocesano: chissà se queste norme non apriranno la porta al rinnovarsi di richieste analoghe fatte da Ordinari diocesani che vorrebbero tanto poter disporre anche di qualche candidato coniugato per il presbiterato...

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