E' spirato nella serata di sabato 14 gennaio, verso le ore 20 S.E. mons. Antonio Mistrorigo, vescovo emerito di Treviso. La notizia è stata comunicata dal vicario generale, mons. Giuseppe Rizzo.
Da anni infermo, era quasi centenario - tra i 10 vescovi più anziani della Chiesa - , essendo nato a Chiampo (VI) il 26.03.1912 e ordinato sacerdote il 07.07.1935, è stato eletto Vescovo di Troia il 9.03.1955 e trasferito a Treviso il 25.06.1958,dove entrò il 03.08.1958; nominato Assistente al Soglio Pontificio il 20.09.1980. Mons. Mistrorigo era Vescovo emerito di Treviso dall'11.02.1989.
La sua principale preoccupazione e occupazione fu sempre la divina liturgia, sia prima che dopo il Concilio Vaticano II.

Presidente della Commissione episcopale per la liturgia (CEI), per molto tempo è stato anche presidente dell’Associazione italiana Santa Cecilia, per lo studio e lo sviluppo della musica sacra.
Curò parecchie edizioni liturgiche, 159 titoli in tutto, e libri per diffondere il canto gregoriano dopo la promulgazione di Sacrosanctum Concilium. Di un certo pregio il suo Dizionario Liturgico-pastorale, pubblicato nel 1977 e il Messalino festivo per la Messa, ristampato nel 2007 in occasione dell'uscita di Summorum Pontificum.
Uno dei messalini bilingui curato da Sua Ecc. Mons. Antonio |
Come ricordo personale aggiungo la sua delicatezza unita al suo indomito desiderio di passare alle nuove generazioni di preti e religiosi il suo amore e il fuoco della divina liturgia. Appena da un anno vescovo emerito di Treviso, nel 1990-91, il monsignore ancora in ottima forma, veniva spessissimo al convento di San Francesco dei frati minori Conventuali di Treviso. Lì, oltre a presiedere spesso e volentieri le solenni celebrazioni, curava personalmente la preparazione liturgica dei giovani e numerosi postulanti (eravamo più di 20). Ci riuniva per le lezioni teoriche e poi si passava insieme in sacrestia e in chiesa per le lezioni pratiche. Mons. Antonio sapeva bene che la liturgia, in particolare quella pontificale, può mettere in soggezione i giovani seminaristi. E con la massima bontà e pazienza faceva le prove che ogni parroco farebbe con i suoi chierichetti, senza tralasciare di insegnare ai futuri cerimonieri quelle cose che diventano semplici con l'esperienza: come mettere e togliere la mitria al vescovo, facendo in modo che le infule cadano bene all'indietro. Si sedeva e chiamava il candidato di turno a imporgli e togliergli il copricapo, cosicché durante la celebrazione tutto fosse svolto con la massima serenità, scioltezza e compostezza. Non era una "mania" di perfezionismo, e questo lo si sentiva nelle sue spiegazioni. Era un modo per far entrare la nuova generazione di chierici nella preghiera liturgica, che non è solo conoscenza astratta, è anche azione, spostamento, oggetti e canti. Con i suoi consigli e la sua esperienza anche le elaborate liturgie pasquali venivano vissute senza ansia di sbagliare, ma con la compostezza e l'atmosfera orante che anche lui contribuiva a creare. Come testimoniano i tantissimi fedeli che accorrevano al tempio francescano di Treviso, che ricordo gremito (ahimè, più della cattedrale...) quando il popolo sapeva che avrebbe celebrato il Vescovo emerito.
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