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martedì 24 aprile 2012

Che cosa si intende - nella Chiesa - per "dare l'autorizzazione per pubblicare" un testo destinato alla catechesi?

Un anonimo lettore, manda un apparentemente dotto commento che dobbiamo smontare - per solo amore di verità -, in quanto rivela la sottile mentalità farisaica di chi vuole giocare con il diritto, sollevando questioni formali, senza tener conto delle particolarità del diritto canonico, il quale si interessa del bene delle anime, non - in primo luogo - di cavilli da giureconsulti (non sempre ben informati...). Io, certo, non pretendo di essere un esperto di diritto, ma chi ha mandato il suo commento non ha neppure lui un'invidiabile conoscenza di ciò di cui parla, per usare un eufemismo. E comunque, da vari macroscopici indizi, il commentatore mostra di prendere granchi grandi come case. Per essere gentili. Iniziamo il vaglio.

1) Il commento si riferisce a questo post, che dovreste utilmente rileggere:

2) Il testo del commento inviato dice:
Forse, caro Fr A.R., dovrebbe considerare meglio cosa si intende nel diritto (in generale, ma anche nel diritto canonico) col termine "pubblicazione". Il diritto, come tutte le scienze ha un linguaggio tecnico se si ignora il quale si rischia di incorrere in errori e confusione. Pubblicare in linguaggio giuridico non si riferisce ad un atto materiale di stampa, ma ad una consegna nelle mani di un organo pubblico, il quale garantisca che il testo non sia modificato senza autorizzazione e che il testo non sia occultato. E’ solo l’organo pubblico che garantisce ciò, e non l’edizione, che è un fatto privato e può contenere refusi, alterazioni, o semplicemente essere oggetto di riedizione. In questo caso per pubblicazione si intende il deposito del testo già approvato presso gli archivi della Santa Sede. Vada in Vaticano e chieda di prenderne visione. La decisione di concederglielo o meno non è in mano ai NC ma alla Santa Sede, e da parte loro con la consegna alla Biblioteca Vaticana la disponibilità al pubblico è pienamente effettuata. La “pubblicazione” come accordo commerciale con un editore per realizzare un testo a stampa acquistabile in libreria non è un obbligo per nessuno, ed è un fatto privato non “pubblico".
La messa a disposizione tramite l’organo pubblico non vuol dire che si debba metterle il testo su un piatto d’argento, affinchè lei lo esamini e giudichi se è cattolico. Questo lo hanno già fatto coloro che ne hanno l’autorità. Pertanto lei può chiederne una copia o prenderne visione andando in Vaticano, e sarà poi l’organo pubblico a determinare se e come farglielo consultare. Quel testo non appartiene più nè ai NC, nè a lei o a me. Quel testo è un atto della Chiesa, perchè è lo Statuto di un associazione PUBBLICA di fedeli su cui la Santa Sede ha messo il suo sigillo.
Grazie per l'ospitalità.  :) 
3) L'anonimo commentatore in buona fede, probabilmente più esperto di diritto commerciale che di diritto della Santa Chiesa, commette vari e gravi errori, che ora esporremo (ed essendo alquanto comuni cerchiamo di correggerli):

a) Il Cammino Neocatecumenale non è e non ha mai voluto essere una ASSOCIAZIONE PUBBLICA DI FEDELI, come asserito dall'anonimo. E qui si vede che lo scrivente non ne fa parte, o è un "novizio". Quante volte deve ripeterlo il povero Kiko che non vuole sentir parlare per il Cammino di "Associazione"?
E infatti il Cammino Neocatecumenale, dicono gli Statuti, è una Fondazione di religione e di Culto (basta leggere la nota 3 dell'art 1 §3).

b) Il caro commentatore non si accorge però di che cosa si sta esattamente parlando nell'articolo che commenta e di quale documento si discuta nel post. Non si tratta, come egli afferma nel concludere la sua filippica, dello STATUTO del movimento (il quale è stato pubblicato, divulgato, ciclostilato e può essere trovato anche qua), ma del Direttorio per la Catechesi del Cammino Neocatecumenale (se il giurista-commentatore non ha colto la differenza tra l'uno e l'altro documento, lascio ai lettori l'ardua sentenza....). Comunque sia continuiamo nel merito.

c) Nel linguaggio ecclesiale un testo viene "approvato PER la pubblicazione", e questo non coincide con il linguaggio del diritto civile (o diritto "in generale" come dice l'amico) che prevede il deposito di statuti o altri regolamenti di aziende per darne la necessaria pubblicità, cioè perché non venga occultato. Quest'ultima è una precauzione necessaria in altri ambiti. Nessuno, infatti, può o vuole occultare la dottrina della Chiesa o il vangelo; anzi devono essere annunciati ad ogni creatura per comando di Cristo!  La Chiesa, però, volendo tutelare i fedeli da opinioni eventualmente non conformi alla dottrina cattolica, prevede che i testi che trattano di fede e morale, prima di essere divulgati, usati pubblicamente, in forma scritta (stampata o meno, non importa il supporto) vengano vagliati e approvati. Tanto più un documento che si propone di essere un DIRETTORIO PER LA CATECHESI, cioè di un testo di riferimento per l'insegnamento della fede. Dice il Diritto canonico in maniera generale:
Can. 823 - § 1. Perché sia conservata l'integrità della verità della fede e dei costumi, i pastori della Chiesa hanno il dovere e il diritto di vigilare che non si arrechi danno alla fede e ai costumi dei fedeli con gli scritti o con l'uso degli strumenti di comunicazione sociale; parimenti di esigere che vengano sottoposti al proprio giudizio prima della pubblicazione gli scritti dei fedeli che toccano la fede o i costumi; e altresì di riprovare gli scritti che portino danno alla retta fede o ai buoni costumi.
§ 2. Il dovere e il diritto, di cui al § 1, competono ai Vescovi, sia singolarmente sia riuniti nei concili particolari o nelle Conferenze Episcopali nei riguardi dei fedeli alla loro cura affidati, d'altro lato competono alla suprema autorità della Chiesa nei riguardi di tutto il popolo di Dio.
Per quanto poi riguarda il nostro caso, il decreto di approvazione del Direttorio Catechetico si riferisce ad esso come a "sussidio valido e vincolante per le catechesi del Cammino Neocatecumenale" (vedi qui). Perciò ad esso si applica il seguente canone che si riferisce a "scritti pertinenti all'istruzione catechetica":
Can. 827 - § 1. I catechismi come pure gli altri scritti pertinenti all'istruzione catechetica o le loro versioni, per essere pubblicati, devono avere l'approvazione dell'Ordinario del luogo, fermo restando il disposto del can. 775, § 2.
§ 2. Qualora non siano stati pubblicati con l'approvazione della competente autorità ecclesiastica o da essa successivamente approvati, nelle scuole, sia elementari sia medie sia superiori, non possono essere adottati come testi-base dell'insegnamento i libri che toccano questioni concernenti la sacra Scrittura, la teologia, il diritto canonico, la storia ecclesiastica e le discipline religiose o morali.
§ 3. Si raccomanda che i libri che trattano le materie di cui al § 2, sebbene non siano adoperati come testi d'insegnamento, e parimenti gli scritti in cui ci sono elementi che riguardano in modo peculiare la religione o l'onestà dei costumi, vengano sottoposti al giudizio dell'Ordinario del luogo.
§ 4. Nelle chiese o negli oratori non si possono esporre, vendere o dare libri o altri scritti che trattano di questioni di religione o di costumi, se non sono stati pubblicati con licenza della competente autorità ecclesiastica o da questa successivamente approvati.
Ovviamente trattandosi di un testo di catechesi destinato virtualmente a tutto il popolo di Dio non è approvato da un Ordinario di qualche luogo, ma dalla Santa Sede. Se un parroco scrive un catechismo per la sua parrocchia (e può farlo) ha bisogno dell'approvazione, se Kiko scrive un direttorio catechistico per i neocatecumenali ha bisogno dell'approvazione. E si ritiene che sia il parroco che Kiko non intendano tenere in un cassetto o nel chiuso di polverosi scaffali un'unica copia del loro testo che con tanta fatica hanno composto. O sbaglio?

4) Come si può ampiamente costatare, nel vocabolario del Diritto della Chiesa pubblicare vuol proprio dire "rendere pubblico", divulgare con lo scritto - in questo caso -, perché non si tratta di semplici documenti che riguardano il funzionamento interno di una associazione, ma di testi destinati - per loro stessa natura - a diventare predicazione pubblica, fatta a nome della Chiesa, e devono perciò essere diffusi e dati in mano a quanti dovranno usarli in maniera "vincolante".

5) Inoltre, proprio per evitare gli errori materiali che l'anonimo commentatore paventa, la Chiesa prevede che prima di tutto vengano approvati gli scritti per la pubblicazione, poi, se di essi vengono fatte nuove edizioni o traduzioni, anche queste, di volta in volta, siano controllate e approvate singolarmente. La prudenza non è mai troppa:
Can. 829 - L'approvazione o la licenza di pubblicare un'opera ha valore per il testo originale, non però per le sue nuove edizioni o traduzioni.
6) Il commentatore sornione e ironico afferma poi: "La messa a disposizione tramite l’organo pubblico non vuol dire che si debba metterle il testo su un piatto d’argento, affinchè lei lo esamini e giudichi se è cattolico". E io rispondo: non pretendo di avere il testo su un piatto d'argento, e tantomeno ritengo di dover giudicare "se è cattolico". Il problema è che questo testo è destinato alla catechesi (cioè per sua natura è un testo che pretende di essere reso pubblico in qualche forma) e io, come presbitero o parroco o vescovo, ho il dovere di controllare che ciò che viene detto corrisponda al testo approvato. Se per caso sorgono dubbi o ambiguità a chi pensa si rivolgeranno i fedeli per avere un chiarimento? Ma se non ho accesso al sussidio, come posso svolgere il compito che mi è stato affidato dall'Autorità ecclesiastica, al quale mi sono assogettato dal giorno della sacra ordinazione e del quale dovrò render conto a Dio? 

7) Personalmente ritengo che il ritardo nella pubblicazione si sia verificato solo a causa dell'iter che è stato seguito per far approvare in maniera specifica, dalla Congregazione per il Culto Divino, le "celebrazioni" particolari del Movimento, mentre il resto del testo è approvato dal Pontificio Consiglio per i Laici su mandato della Congregazione della Dottrina della Fede. Adesso, dopo l'ultima approvazione di qualche mese fa, non dovrebbero esserci più ostacoli al "rendere pubblico" un testo per la catechesi che la Chiesa ha con tanto impegno fornito del proprio sigillo di approvazione.

8) Mi pare di aver ampiamente risposto all'anonimo che deve informasi meglio sul peculiare gergo del diritto ecclesiale, soprattutto per quello che riguarda la "Funzione di insegnare nella Chiesa", il cosiddetto "munus docendi", che - per quanto ne so - non mi sembra abbia paralleli nel diritto pubblico o privato che sia. Perciò sostenere che: "Pubblicare in linguaggio giuridico non si riferisce ad un atto materiale di stampa, ma ad una consegna nelle mani di un organo pubblico" potrà anche valere in altro ambito (perfino nel diritto canonico, per esempio quando si parla di fare le "pubblicazioni per il matrimonio", dove non si intende ovviamente "stampare il libretto della liturgia di nozze"!), ma non ha lo stesso significato quando si tratta di predicazione e di catechesi e di pubblicazioni che hanno per oggetto la fede e la morale.

9) Aspettiamo, quindi, fiduciosi, di poter prima o poi vedere diffuso in ogni forma - come merita - il testo del Direttorio Catechetico che non è - lo ricordo ancora - destinato solo ad un movimento o una associazione come un regolamento interno, ma a tutti i fedeli (e anche a quelli che vogliono diventare fedeli), compresi i pastori.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

purtroppo ancora oggi neanche i semplici fratelli possono venire in possesso delle catechesi, di questi famosi "mamotetri"...forse perchè altrimenti scoprirebbero da soli tutto ciò che li attende..i passaggi devono restare l'incognita di quello che il Signore dirà alla loro vita...un passaggio di Dio da scoprire....forse è questo il motivo di tanta omertà..

Anonimo ha detto...

Gli stessi catechisti non sono in possesso di tutti i libri nonostante debbano guidare altre comunità...sfido chiunque a dire che non è così!

Anonimo ha detto...

Se io avessi saputo il contenuto delle catechesi e degli scrutini in anticipo, senza un percorso progressivo di formazione, sarei scappato a gambe levate e avrei continuato ad essere quello che ero: ateo e anticlericlare (un po anticlericale lo sono rimasto).

Questo percorso di formazione cattolica, in 40 anni grazie allo Spirito Santo ha trasformato e riportato alla Chiesa tanti battezzati "non praticanti" (leggasi atei e agnostici di fatto), oramai circa 1,5 milioni nel mondo, con una crescita vorticosa unica (di fatto e senza gloriarsene) per dimensioni nella Chiesa, fino ad essere clamorosa, proprio negli ultimissimi anni nei paesi arabi ed in asia.

Un percorso che fornisce oggi alla Chiesa 400-500 sacerdoti e 200 consacrate all'anno, ricostituisce famiglie e le apre REALMENTE alla vita, come nelle AUTENTICHE intenzioni di Paolo VI.

Funziona, non basta?

Anonimo ha detto...

non basta se tutto questo è una chiesa a parte, non basta se si continua a snobbare i parroci che non si attengono all'obbedienza dei catechisti,per cui le comunità sono spostate in altre parrocchie..non basta se c'è una freddezza mostruosa nei confronti dei fratelli che per amore alla comunità parrocchiale scelgono di uscire da un cammino che non è aperto.. che non sfocia nella parrocchia...non basta..mi dispiace...sbandierate numeri che sono involucri di niente..

Anonimo ha detto...

Non c'è bisogno di tecniche umane per rendere più efficace un insegnamento!
Non è lo Spirito Santo, quello che opera, servendosi di testimoni "fedeli" -della Rivelazione Apostolica custodita dalla Chiesa- però?
O dipende dalle strategie e dagli "Arcani", che sono di conio settario, elitario, e nella Chiesa cattolica, (universale, cioè per tutti e ovunque) non hanno alcun senso?

Anonimo ha detto...

...proprio non basta il fatto che il Cammino funzioni-ma sarà poi vero?-, ne fare di statistiche la prova che tutto sia bello e ispirato.E ammesso che 'il cammino funzioni',le basi teologiche sono sane?Anche le eresie si sono sempre diffuse e 'funzionavano',soprattutto durante le crisi...tutto è così sereno nell'esperienza neocatecumenale? Di fatto non è così, basta vivere in mezzo al popolo di Dio per rendersene conto.Quanti cristiani che hanno fatto il cammino per anni hanno poi abbandonato- non la fede,non Gesù- quel cammino a causa di certe modalità oppressive e invadenti(ad esempio nel rapporto tra coniugi...e i preti certe cose in confessione le sentono,grazie a Dio e nonostante i catechisti da guardia) tipiche dei neocatecumeni, ispirate da una teologia eucaristica ed ecclesiale errata o unilaterale,o comunque nata ex novo dalle teologie liturgiche degli anni '60?Come prete non ci vedo molta obbedienza e mi ha scandalizzato l'unica messa neocatecumenale che ho celebrato;mi son chiesto come mai venisse stravolta la liturgia e perchè degli estranei si improvvisassero accoliti;e perchè tutto quel vino?Certamente buono ed inebriante...anche un dinosauro si sarebbe messo a lodare Dio danzando, dopo averne bevuto litri...Quel pane consacrato che ho dovuto sbriciolare per una quarantina di persone... e altro che frammenti!Ma che razza di teologia ci stà dietro?!E i canti?Brutti musicalmente e cantati male;pure la chitarra di quel catechista-credo il responsabile- che urlando stava all'ambone in mezzo al presbiterio( chissa perchè proprio lì,in mezzo e all'ambone da dove si proclama la Parola) era scordata.Insomma,non ho potuto che avere un senso di disarmonia,di estraneità e di sospetto a confronto di una liturgia eucaristica normale e serena,senza rigidità e condivisa magari con qualche persona più semplice e anziana,come accade nella quotidianità.E il rispetto e l'obbedienza alle norme?Non c'è un'unica liturgia eucaristica?La tradizione ambrosiana ha secoli di sana traditio,come altre liturgie, ma quella neocatecumenale... da dove salta fuori?E i pastori perché lasciano i preti da soli,senza chiarezza,senza interventi nella difesa di ciò che di più prezioso abbiamo?Sembrano dormire incuranti e talvolta sembrano più zelanti per le cose del mondo,mentre la casa di Dio è trascurata.Non a caso Benedetto XVI dà importanza alla liturgia e all'eucaristia: da qui trae origine la Chiesa.Vedo più obbedienza,autenticità e mansuetudine in fedeli che riprendono un percorso di fede dopo essere stati a Medjugorie che in certi cristiani zelanti e detentori di verità. Sò bene di essere ignorante di molte cose,anche sul Cammino,ma ho la presunzione di asserire che di alcune basta farne esperienza per capirne l'eterodossia di fondo.Rifacciamoci un poco al sano e vecchio realismo cattolico,suvvia, e al sensus fidei del Popolo di Dio, animato non da Chico, ma dallo Spirito Santo.Scusate lo sfogo, ma noi preti sulla liturgia ci giochiamo la vita e la nostra identità fondante,altro che storie!

Anonimo ha detto...

L'unica messa che ho celebrato per una comunità di neocatecumeni mi ha lasciato perplesso.Ho sentito puzza di eterodossia.Da dove salta fuori questa nuova liturgia?A quale teologia si rifà?Le tradizioni liturgiche sono antiche perchè vivono di una traditio fidei,come quella ambrosiana,ma la modalità neocatecumenale...a che teologia eucaristica ed ecclesiale si rifà?Tutto nasce negli anni '60, se non sbaglio;donde l'autorevolezza per modificare prassi e momenti della celebrazione eucaristica?Come prete svolgo un servizio ecclesiale autentico non potendo in un contesto liturgico simile restare fedele alle norme del messale romano?E restare fedele anche alla mia identità di sacerdote e pastore?Senza tacere altre difficoltà non trascurabili riscontrate nel Popolo di Dio in vari aspetti, anche di ordine psicologico e spirituale,ritengo in coscienza di non essere certo della bontà ed ortodossia di simili celebrazioni e della ispirazione divina di tale Cammino.Se prima non c'è obbedienza, mansuetudine e umiltà, che ne può seguire se non confusione ed errore?Non a caso Benedetto XVI dà importanza primaria alla liturgia,ossia alla celebrazione della S.Messa dalla quale ne consegue l'edificazione della Chiesa e il suo più genuino rinnovamento.Nonchè la mia identità di sacerdote.Scusate lo sfogo,ma ho l'impressione che in queste cose fondamentali il clero sia lasciato a se stesso,mentre i vescovi trovano utile fare tante altre cose o sono pavidi nella loro autorevolezza.Speriamo in bene e nel Papa;che in lui Dio porti a termine la Sua opera. Amen.

Renzo T. ha detto...

Caro don Stefano, condivido parola per parola.

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