Una delle cose più belle del magistero sorridente di Papa Francesco è l'insistenza sulla metafora di base della "terapia" spirituale, mutuata dalla similitudine della cura del corpo applicata alla cura dell'anima. La Chiesa è "un ospedale da campo", i sacerdoti sono "medici dell'anime", la confessione e i sacramenti in genere sono "farmaci che Gesù ci fornisce", anche la preghiera del rosario è "medicina per il cuore, per l'anima e per tutta la vita"...
Sentiremo parecchio utilizzare questo modo di esprimersi che, innegabilmente, ha una presa formidabile ai nostri giorni: ciò di cui ci preoccupiamo di più è la salute. Tutti capiscono cosa vuol dire star bene fisicamente o star mal. E il Papa, sapiente ma anche furbo evangelizzatore, utilizza questa leva per parlarci della salute dell'anima. E' più che un parlare figurato: è un modo per spiegare soprattutto i necessari aspetti e anche i sacrifici della vita cristiana, fornendone un fine significativo. Rinunciare ai vizi, convertirsi, vivere lontani dal peccato, ecc., hanno senso, ci spiega il Papa, non perché sono comandamenti o precetti (che nessuno oggi è incline a seguire di buon grado...) ma perché fanno bene, ti fanno bene, ti rimettono in forma interiormente, proprio come l'esercizio fisico, la buona alimentazione e le necessarie medicine.
Il vantaggio della metafora terapeutica applicato ai sacramenti e alla preghiera è anche un altro. Come non è indispensabile capire "perché" un certo composto chimico da ingurgitare mi fa bene e mi rimette in sesto, così non è necessario "capire" (e non è nemmeno possibile) la misteriosa efficacia dei sacramenti e dell'orazione per sentirne i benefici. L'importante è avere fiducia (nel medico e in Gesù, rispettivamente) per vedere "che" la prescrizione funziona, se è messa in pratica: perché in entrambe i casi, quello fisico e quello spirituale, guardare la ricetta non giova, prendere il medicinale adatto invece sì.
Il Papa sa bene - da buon italo-argentino - che la maggior parte dei cattolici non ragiona in termini di giustizia e ingiustizia, sanzione e premio (forse qualche americano e tedesco sì). L'imperativo categorico morale appartiene oggi ad un altro pianeta, se mai è appartenuto all'universo in cui vivono i cattolici. La salute, che in latino indica sia quella di un corpo sano che la salus eterna, è invece fonte di continua ispirazione e irresistibile fascino, perché è segno conosciuto che parla anche d'altro, è linguaggio ben inteso che sa esprimere però anche ciò che non si vede.
Dopotutto, come dicono le mie anziane e devotissime fedeli del primo banco: "Padre, se c'è la salute, c'è tutto". Intendono la salute dell'anima o l'esser libere dalla sciatica? Come ci insegna la teologica cattolica, attraverso l'analogia entis, facciamoci delle cose di questo mondo "una scaletta" per raggiungere quelle del cielo, e dalle orme terrene lasciate dal Creatore contempliamo le realtà celesti e chi, le une e le altre, ha posto in essere: per il nostro bene, per la nostra salvezza integrale, corpo e anima.
1 commento:
Grande insegnamento. Grazie per questo post.
paola
Posta un commento