Il vaticanista cauto e ben informato Orazio La Rocca, ha scritto il 18 ottobre per Repubblica questa notizia trapelata dagli ambienti di Curia. Mi era passata sotto il naso senza notarla, ma il buon Francesco, della squadra che sovrintende il Blog in spagnolo La Buhardilla de Jeronimo, mi ha inviato un'email per svegliarmi. Grazie Francesco!
Effettivamente lo slittamento di tre anni della pensione episcopale è degno di nota, per vari motivi.
1) Ci sono validissimi pastori che a 75 anni stanno benone e non si capisce perchè per "legge ecclesiastica" devono lasciare la loro "sposa amatissima" che è la diocesi a cui sono preposti e a cui "per diritto divino" presiedono.
2) Ecclesiologicamente parlando, un vescovo è unito appunto "sponsalmente" alla sua Chiesa. I vescovi emeriti arzilli, a volte più d'uno (come a Treviso, dove risiedono ben due emeriti dello stesso titolo) rendono la diocesi bigama, sia simbolicamente, sia pastoralmente: quante volte un vescovo nuovo sente tutto il peso del predecessore, che può - magari non volendolo - contrapporsi al novello pastore nei cuori delle pecorelle?
3) Sempre teologicamente, mi pare anche fuori luogo il fatto che i vescovi debbano dare tutti e indistintamente, in ragione dell'età, le loro dimissioni al Papa. Il papa, nella nostra chiesa Latina, nomina i vescovi, ma questi una volta nominati non dovrebbero avere dei limiti temporali: uno è eletto all'episcopato in una data sede fino alla morte. Come ben evidenzia la successione dei vescovi romani.
4) Ciò non significa che un vescovo non POSSA rimettere il suo mandato nelle mani del Papa, per questioni di salute o altro a sua discrezione. Il problema dell'attuale normativa è che un vescovo DEBBA, anche se non vuole, consegnare le sue dimissioni allo scoccare dell'età canonica. Così si trattano i vescovi come funzionari e delegati papali, cosa che la tradizione della Chiesa di sempre e anche la Lumen Gentium del Vaticano II ha sempre rifiutato. Ma Paolo VI forse la pensava differentemente e per favorire il rinnovamento nella chiesa, ha deciso di pensionare quanti più vescovi poteva, proprio quei vescovi che il Vaticano II l'avevano fatto e votato. Strano ma vero.
5) Il sussurrato scivolamento da 75 a 78 anni dell'età della pensione non risolve alcuno dei problemi teologici di cui sopra, ma almeno fa vedere un gesto di buona volontà da parte del sommo legislatore della Chiesa terrena nel prendere in considerazione i problemi che le dimissioni episcopali per età comportano (una tra le altre la proliferazione di vescovi, da invitare tutti qualora si convocasse un Concilio Ecumenico....).
6) Per risolvere le situazioni oggettive che si possono creare in una diocesi con un vescovo ormai inabile per senescenza esistono altre provvisioni canoniche: ricordiamoci la figura del vescovo coadiutore (un super vescovo ausiliare con diritto di successione). In caso di necessità, il vescovo diocesano rimane tale - fino alla fine o fino a quando lui stesso voglia - ma tutto il governo pastorale passa al più giovane, già eletto come suo successore.
Se invece il problema è di eliminare prima possibile vescovi che sono problematici, forse bisognerebbe andare alla radice: ma era il caso di ordinarli quella volta, o si poteva scegliere con più cautela?
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