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venerdì 19 aprile 2013

Otto anni fa veniva eletto Benedetto XVI, il papa che ha infranto il tabù.



Ricordiamo, il 19 aprile, l'anniversario di elezione del Papa (oggi emerito) Benedetto XVI. Il Pontefice che uscì al balcone di San Pietro con il maglioncino nero sotto la talare papale, suscitando ilarità e risolini (povero vecchietto.... ha freddo!), e invece ci mostrava senza clamore quanto poco si aspettasse di essere scelto per il posto a cui non aveva mai aspirato. 
Benedetto è stato il Papa che ha avuto il coraggio di prendere in mano le chiavi di Pietro dopo Giovanni Paolo II "il grande", consapevole della fatica enorme e dei continui confronti a cui sarebbe stato sottoposto. E vi fu sottoposto, senza pietà.
La limpidezza del suo insegnamento, l'altezza del suo magistero dottrinale unite alla semplicità e chiarezza della sua omiletica lo pongono (e lo porranno sempre più in futuro) tra quei papi-dottori che rendono evidente il motivo per cui esiste il primato petrino di confermare i fratelli nella fede.
Tutto quello che Benedetto fece, scrisse e disse non fu mai per il potere o per attirare su di sé l'attenzione. Non poteva né voleva reggere al confronto con la personalità del suo predecessore, figura che giganteggia nello skyline dei vescovi di Roma. Ratzinger si vedeva ed è stato, dall'inizio fino ad oggi, "un umile lavoratore nella vigna del Signore". Un umile lavoratore che per un certo tempo ha fatto anche il lavoro del Papa, occupandosi di due cose soprattutto: della Fede del Popolo di Dio e dell'unità e comunione tra i cristiani nella Chiesa. E quando si è reso conto di non riuscire più a esercitare il compito immane, per le forze calanti, ha lasciato che la Chiesa provvedesse alla sua sostituzione, facendo quello che nessun Papa aveva mai avuto il coraggio di fare. Ha infranto il tabù. Ha rinunciato all'Ufficio da cui solo la morte ha la facoltà di sollevarti. Ma non ha rinunciato perché - come qualcuno ha ventilato - in questo modo si ridimensionasse l'Ufficio o si desse un segnale di modernità o si contribuisse alla "desacralizzazione" (?) del ministero del Papa. Semplicemente perché voleva ricordarci che è necessario IL Papa, non questo o quel Papa, e tantomeno la sua umile persona.
Ci ha infine richiamato, con la sua scelta di nascondimento e il suo esempio, quanto è rivelato da Cristo stesso: che la vita dedicata all'accoglienza del Signore è più necessaria per un cristiano rispetto ad ogni successo dell'attività umana (Lc 10,38-42). L'ascolto orante di Dio è la fecondità nascosta, le radice invisibili, dell'albero della Chiesa. Tutti guardano alla bellezza delle foglie, ma l'umile vignaiolo sa che deve occuparsi delle radici della vite se vuole raccogliere i grappoli.
Benedetto, dunque, ha rimesso a fuoco il Ministero non il Ministro, la Sede non il Sedente, la direzione verticale prima della direzione orizzontale. Con la sua rinuncia, paradossalmente, si è rafforzato l'Ufficio petrino, esattamente nel momento in cui il successore di Pietro accettava la propria umana debolezza e la trasformava  in forza orante.

Vi invito poi, se ne avete tempo, a leggere l'articolo di Juan Manuél de Prada dall'eloquente titolo: "Telepapa" (è in spagnolo). Fa riflettere sulla sovraesposizione mediatica a cui è sottoposto - ai nostri tempi  - qualunque Pontefice. Ciò è qualcosa che rischia di dirottarne il magistero, incasellandolo preventivamente in "cassetti mediatici" tagliati sul personaggio, e filtrando tutto quanto che egli dice o insegna. Ratzinger è stato crocifisso da questo sistema che - onestamente - non sembrava in grado di comprendere al meglio e di gestire, e d'altronde non è stato sostenuto o difeso bene in questo campo (Raffaella con i suoi sfoghi documentati l'ha gridato parecchie volte....). Papa Francesco sa muoversi certamente meglio su questo terreno, ma le insidie del sistema dei media non possono essere sottovalutate. 

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Condivido buona parte della valutazione espressa. Anch'io sono persuaso che la predicazione, le encicliche e il magistero di Benedetto XVI (e che dire della sua attività di "privato dottore"!) sono un prezioso tesoro che va ad aggiungersi al bimillenario colloquio d'amore tra la Chiesa e il suo Sposo. Mantengo invece un prudente riserbo sull'abdicazione. Atto legittimo certo, atto non privo di precedenti, ma solo il tempo ci dirà se è stato anche un atto avveduto.
Più complesso, e forse discutibile è stato il Benedetto XVI "uomo di governo", mentre resterà nella storia la sua coraggiosa, illuminata e amorosa cura per la liturgia romana. Non indegnamente credo che il suo nome verrà ricordato accanto a Leone, Gregorio Magno, Gregorio VII, Pio V e Pio X tra i luminosi testimoni dell'ars celebrandi.
Andrea

Anonimo ha detto...

Dio mio, ricordare Benedetto come un grande per l'ars celebrandi mi sembra un eufemismo: dire qualcosa per dire altro. Che Benedetto sia un grande nessun dubbio e dovremo riandare spesso ancora ai suoi scritti per esserne illuminati. Che abbia avuto a cuore l'unità della Chiesa e abbia cercato di darle forza,speranza e l'abbia fatta tornare ai fondamenti della fede,spesso messi da parte per interessarsi a manifestazioni esteriori superficiali, è anche vero, e valga da solo il momento di silenzio dei giovani in Spagna in adorazione del Santissimo. Ha cercato di dare il senso di continuità alla chiesa con il suo passato che è sempre presente e a vedere continuità dove sembra che ci siano inversioni di cammino. In breve, un grande papa, da non accantonare ma da tener sempre presente. Sulle dimissioni ho anch'io i miei dubbi e certo non le vedo come un atto di coraggio,ma di rassegnata accettazione dei propri limiti fisici. Forse i motivi veri e profondi sono altrove, sono negli ostacoli che non gli è riuscito di togliere nel governo della chiesa, ostacoli di istituzioni e di uomini. A quello sembra ci stia pensando il nuovo vescovo di Roma, che accetto con rispetto e attesa ma che finora non riesco a sentire con l'effetto che provavo per Benedetto.

Anonimo ha detto...

Errata corrige sulla penultima riga: affetto, naturalmente, non effetto.

mariateresa ha detto...

segnalo questo articolo di Allen sulle aspettative legate a papa Francesco http://ncronline.org/node/50581
in particolare questa parte:
"The truth is, in some ways it's surprising wariness hasn't already set in.
In his very first homily, in the Mass celebrated with the cardinals in the Sistine Chapel the day after his election, Francis quoted the French novelist Léon Bloy: "Anyone who does not pray to the Lord prays to the devil." Had someone been so inclined, that line could have been seen as spectacularly insensitive to non-Christians. If it had been a pope who came into office carrying the baggage of being "God's Rottweiler" rather than a man who was already drawing rave reviews for humility and simplicity, it's not difficult to imagine the contretemps that would have ensued.
On Tuesday, Francis celebrated Mass in the Pauline Chapel for his name day, the feast of St. George, and included this line: "It is not possible to find Jesus outside the church." Once again, it's easy to imagine how that would have played had it been Benedict."

Cosa voglio dire? Che non è solo questione di saper padroneggiare i media. A volte i media decidono (e ci sono delle ragioni) che devi avere successo e a volte decidono di farti a pezzi. Ha ragione Allen, le frasi che mette in evidenza non sarebbero state perdonate mai a Benedetto, LE STESSE FRASI. Come mai? Allen dice che è "sorprendente". Io userei altri aggettivi.Riflettiamoci bene.
grazie per l'attenzione.
franca

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