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martedì 17 marzo 2009

Dal blog di Magister un grande commento alla Lettera del Papa

Da leggere e meditare questo commento di Pietro De Marco apparso oggi sul Blog di Sandro Magister:
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2009/03/17/il-metodo-di-benedetto-xvi-pietro-de-marco-commenta-la-lettera-del-papa/

Viene richiamato fortemente, nell'articolo di De Marco, che:
Solo un uso politico del Concilio, non la sua dottrina, ha declassato sotto il pretesto della “rottura” conciliare, e respinto ai margini della vita cattolica, i secoli di vitale, autentica Tradizione cui i tradizionalisti cattolici si richiamano.

Come spesso abbiamo letto sul blog di fr Z., anche De Marco riprende il concetto di "contrappeso". C'è bisogno di reintrodurre forme di stabilizzazione della dottrina, della liturgia, dell'esegesi biblica, che riportino molti cristiani (non certo la Chiesa Cattolica) nell'alveo di una Tradizione in continuo progresso, ma senza cesure o tentazioni di discontinuità. Chi ha ceduto a tali tentazioni dovrà, piano piano, riconoscerle e liberarsene, come ai tradizionalisti "congelati" si chiede di non pensare di poter rimanere al 1962:
La riabilitazione di stili, sensibilità e forme della storia cristiana intende agire come paradigma stabilizzatore delle derive centrifughe, della frammentazione soggettivistica, che operano non solo nelle sperimentazioni avanzate, ma anche nella pastorale corrente. La stabilizzazione esige, però, che quello che ho chiamato “uso politico” del Concilio divenga consapevole del proprio eccesso squilibrante, della propria parzialità; e ne tragga conseguenze autocritiche. Così l’obiettivo della riconciliazione nel seno della Chiesa diviene parte di un più ampio intervento medicinale per la Chiesa universale.

Un forte richiamo all'unità nella fede, pur nella tolleranza di espressioni diverse dell'unica fede. Sono invece intollerabili le espressioni diverse di fedi diverse. Questa sarebbe "rivoluzione", un vero e proprio inconcepibile recidere le radici dell'albero che ci sostiene.
L’azione riformatrice del pontefice si conferma, dunque, rivolta contro una lettura ideologica e sostanzialmente “rivoluzionaria” del Concilio che è stata data da élite teologiche e pastoralistiche cattoliche ed è lentamente penetrata nei laicati parrocchiali. Slittamenti che hanno una preoccupante incidenza sulla fede. Si tratterà sempre, per Benedetto XVI, di assumere il rischio di indicare “opportune et importune” l’eccesso, quando dottrine e condotte oltrepassano soglie estreme di tollerabilità. In effetti lo spazio di tolleranza, implicito nella ricerca e nella condotta dialogica, ha i suoi confini teorici e pratici, richiesti dalla logica stessa del confronto aperto.

De Marco fa notare che ultraconservatori e ultraprogressisti condividono l'idea rivoluzionaria del Concilio. La differenza è la loro opposta valutazione. Ma entrambi gli schieramenti si sbagliano di grosso, soprattutto quando confondono le posizioni teologiche che stigmatizzano (soprattutto i lefebvriani fanno questo) con la dottrina del magistero della Chiesa, che sarebbe ormai irrimediabilemente compromesso:
Basti pensare che la non-accettazione del magistero del Concilio, o la più contingente disapprovazione degli atti ecumenici di Benedetto XVI, da parte dei membri della Fraternità, sono almeno simmetriche per gravità alle recezioni discontinuistiche del Concilio, quando esse si pongono come eversive della tradizione dei Concili antichi: ad esempio il serpeggiante anticalcedonismo delle scuole teologiche, o l’antagonismo alla cristologia dei Concili nel biblicismo cattolico riduzionista.

Riprendendo le note teorie di René Girard sul "capro espiatorio" e "la violenza che tenta di esorcizzare il male producendolo", De Marco si spinge a sottolineare che questo comportamento non-cristiano si è spesso prodotto nel rinnegare il proprio passato, fino a trovare nei tradizionisti il capro espiatorio da eliminare, perchè continua a rammentare quel passato che si vuole estinguere: 
La domanda provocatoria, elevata dai critici contro Joseph Ratzinger: “Ci dica il papa se dobbiamo ancora seguire il Concilio o ritornare alla Chiesa del passato”, è una conferma di questa “vittimizzazione” (nel senso di René Girard) del preconcilio e dei suoi difensori. Ma che i segni preferenziali per la selezione della vittima espiatoria siano il catechismo di Pio X o la messa tridentina, indica quanta falsa scienza sottende la violenza e il disprezzo di cui sono stati fatti oggetto i membri della Fraternità. Girard sostiene, infatti, che il meccanismo del capro espiatorio funziona come “una falsa scienza, una grande scoperta, una rivelazione”.

Infine De Marco invita a tener presente quale sia lo scopo finale di Papa Benedetto: confermare nella fede i fratelli. Non fede in un dio qualunque, ma nel Dio di Gesù Cristo, così come si è rivelato ed è stato consegnato alla Chiesa nella sua "intera storia dottrinale". Non si può tollerare dunque una diluizione dei contenuti della fede cattolica. Chi dice che l'importante è "far del bene" e "amare tutti" senza badare a conoscere il vero Dio, sta invitando a tener presente solo metà del comandamento di Gesù: Ama Dio e Ama il prossimo (e per amare, si sa, bisogna prima conoscere). Il Cristianesimo non è una religione civile, è - invece - la fede nell'unico vero Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo: 
Priorità suprema della Chiesa e del successore di Pietro è dunque “condurre gli uomini verso il Dio che parla nella Bibbia”, non un dio qualsiasi....Certo, non si vede a che serva “l’intera storia dottrinale” della Chiesa se, a coronamento di tutto, si risolvono l’assiduità con la Parola di Dio e la differenza cristiana in istanze di ordinaria moralità pubblica, buone a tutti gli usi, anche a contingente polemica politica. Basterebbe a costoro il residuo cristiano della religione civile di Rousseau, magari equivocata con il messaggio traente e rivoluzionario del Concilio.

L'articolo completo può essere letto a questo link

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