Vi fornisco un bell'esempio di cantillazione della II lettura dell'Ufficio della Notte di Natale, che spesso viene utilizzato come "Veglia" in attesa della Messa di Mezzanotte.
Questa lettura è tratta dal Sermone di San Leone Magno per la festa del Natale: un capolavoro di teologia dell'incarnazione e della redenzione, che cuce insieme il Natale e la Pasqua, mostrandone i risvolti per il cristiano.
Ma visto che praticamente tutto nella liturgia, anche moderna, è destinato al canto (in particolare nella sua forma tipica latina), proviamo ad ascoltare l'esecuzione di questa lettura "cantillata" (che neppure in Vaticano si azzardano a fare, ma solo in monasteri particolarmente pervicaci....). Potete seguirla nel video, o in traduzione italiana che trovate qui sotto. L'effetto è pacificante e fa cogliere la differenza tra una lettura informativa (che comunica nozioni) e una lettura celebrativa (che canta quello che tutti, da centinaia di anni, rileggono ogni Santo Natale...). Questo si adatta perfettamente alla Parola di Dio, ma - come si vede - funziona bene anche con le più solenni letture patristiche.
IN NATIVITATE DOMINI ad Officium lectionis: Lectio altera
Dai «Discorsi» di san Leone Magno, papa (Disc. 1 per il Natale, 1-3; Pl 54, 190-193)
Salvator noster, dilectissimi, hodie natus est, gaudeamus. Neque enim
locum fas est ibi esse tristitiae, ubi natalis est vitae; quae, consumpto
mortalitatis timore, nobis ingerit de promissa aeternitate laetitiam.
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Il nostro
Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci! Non c'è spazio per la
tristezza nel giorno in cui nasce la vita, una vita che distrugge la paura
della morte e dona la gioia delle promesse eterne.
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Nemo ab huius alacritatis participatione
secernitur, una cunctis laetitiae communis est ratio: quia Dominus noster,
peccati mortisque destructor, sicut nullum a reatu liberum repperit, ita
liberandis omnibus venit. Exsultet sanctus, quia propinquat ad palmam.
Gaudeat peccator, quia invitatur ad veniam. Animetur gentilis, quia vocatur
ad vitam.
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Nessuno è escluso
da questa felicità: la causa della gioia è comune a tutti perché il nostro
Signore, vincitore del peccato e della morte, non avendo trovato nessuno
libero dalla colpa, è venuto per la liberazione di tutti. Esulti il santo,
perché si avvicina al premio; gioisca il peccatore, perché gli è offerto il
perdono; riprenda coraggio il pagano, perché è chiamato alla vita.
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Dei namque Filius secundum plenitudinem
temporis, quam divini consilii inscrutabilis altitudo disposuit,
reconciliandam auctori suo naturam generis assumpsit humani, ut inventor
mortis diabolus, per ipsam qua vicerat, vinceretur.
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Il Figlio di Dio
infatti, giunta la pienezza dei tempi che l'impenetrabile disegno divino
aveva disposto, volendo riconciliare con il suo Creatore la natura umana,
l'assunse lui stesso in modo che il diavolo, apportatore della morte, fosse
vinto da quella stessa natura che prima lui aveva reso schiava.
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Ab exsultantibus ergo angelis, nascente Domino, Gloria in excelsis Deocanitur,
et pax in terra bonae
voluntatis hominibus nuntiatur.
Vident enim caelestem Ierusalem ex omnibus mundi gentibus fabricari: de quo
inenarrabili divinae pietatis opere, quantum laetari debet humilitas hominum,
cum tantum gaudeat sublimitas angelorum?
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Così alla nascita
del Signore gli angeli cantano esultanti: «Gloria a Dio nel più alto dei
cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2, 14). Essi vedono che
la celeste Gerusalemme è formata da tutti i popoli del mondo. Di questa opera
ineffabile dell'amore divino, di cui tanto gioiscono gli angeli nella loro
altezza, quanto non deve rallegrarsi l'umanità nella sua miseria!
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Agamus ergo, dilectissimi, gratias Deo Patri, per Filium eius, in
Spiritu Sancto, qui propter multam misericordiam suam, qua dilexit nos,
misertus est nostri; et cum
essemus mortui peccatis, convivificavit nos in Christo, ut essemus in
ipso nova creatura, novumque figmentum.
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O carissimi,
rendiamo grazie a Dio Padre per mezzo del suo Figlio nello Spirito Santo,
perché nella infinita misericordia, con cui ci ha amati, ha avuto pietà di
noi, «e, mentre eravamo morti per i nostri peccati, ci ha fatti rivivere con
Cristo» (cfr. Ef 2, 5) perché fossimo in lui creatura nuova, nuova opera
delle sue mani.
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Deponamus ergo veterem hominem cum actibus
suis; et adepti participationem generationis Christi, carnis renuntiemus
operibus.
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Deponiamo dunque
«l'uomo vecchio con la condotta di prima» (Ef 4, 22) e, poiché siamo
partecipi della generazione di Cristo, rinunziamo alle opere della carne.
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Agnosce, o christiane, dignitatem tuam, et, divinae consors factus
naturae, noli in veterem vilitatem degeneri conversatione redire. Memento cuius
capitis et cuius corporis sis membrum. Reminiscere quia erutus de potestate
tenebrarum, translatus es in Dei lumen et regnum.
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Riconosci,
cristiano, la tua dignità e, reso partecipe della natura divina, non voler
tornare all'abiezione di un tempo con una condotta indegna. Ricòrdati chi è
il tuo Capo e di quale Corpo sei membro. Ricòrdati che, strappato al potere
delle tenebre, sei stato trasferito nella luce del Regno di Dio.
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Per baptismatis sacramentum Spiritus Sancti factus es templum: noli
tantum habitatorem pravis de te actibus effugare, et diaboli te iterum
subicere servituti: quia pretium tuum sanguis est Christi.
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Con il sacramento del battesimo sei
diventato tempio dello Spirito Santo! Non mettere in fuga un ospite così
illustre con un comportamento riprovevole e non sottometterti di nuovo alla
schiavitù del demonio. Ricorda che il prezzo pagato per il tuo riscatto è il
sangue di Cristo.
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