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venerdì 29 giugno 2012

Un messaggio chiaro ai Lefebvriani ribelli: tocca al successore di Pietro aprire e chiudere

Papa Benedetto nell'omelia di oggi, 29 giugno 2012, non ha mancato di declinare il primato petrino in linea con le esigenze della Chiesa di oggi e le necessità che emergono in modo particolare in questi tempi. Ha ricordato con forza che a Pietro è conferito il "potere delle Chiavi". Gesù rimane per l'eternità il capo della Chiesa, certo, ma Pietro e i suoi successori sono gli "amministratori delegati". E chi disobbedisce a loro, disobbedisce a Cristo: perché ai pontefici competono "le decisioni dottrinali", il "potere disciplinare" e "la facoltà di infliggere e togliere la scomunica". Lefebvriano catechizzato, mezzo salvato... Rileggiamo le parole del Papa. Se vi interessa l'intera omelia, la trovate qui.
Passiamo ora al simbolo delle chiavi, che abbiamo ascoltato nel Vangelo. Esso rimanda all’oracolo del profeta Isaia sul funzionario Eliakìm, del quale è detto: «Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide: se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire» (Is 22,22). La chiave rappresenta l’autorità sulla casa di Davide. E nel Vangelo c’è un’altra parola di Gesù rivolta agli scribi e ai farisei, ai quali il Signore rimprovera di chiudere il regno dei cieli davanti agli uomini (cfr Mt 23,13). Anche questo detto ci aiuta a comprendere la promessa fatta a Pietro: a lui, in quanto fedele amministratore del messaggio di Cristo, spetta di aprire la porta del Regno dei Cieli, e di giudicare se accogliere o respingere (cfr Ap 3,7). Le due immagini – quella delle chiavi e quella del legare e sciogliere – esprimono pertanto significati simili e si rafforzano a vicenda. L’espressione «legare e sciogliere» fa parte del linguaggio rabbinico e allude da un lato alle decisioni dottrinali, dall’altro al potere disciplinare, cioè alla facoltà di infliggere e di togliere la scomunica. Il parallelismo «sulla terra … nei cieli» garantisce che le decisioni di Pietro nell’esercizio di questa sua funzione ecclesiale hanno valore anche davanti a Dio.

Mi pare che Benedetto sia stato di una chiarezza cristallina. E speriamo che chi è tentato dallo scisma, dal rifiuto pratico dell'autorità dottrinale di Pietro affermata a parole, dall'aperta ribellione alla Chiesa di Roma, sappia con umiltà accettare i "preamboli dottrinali" e la "sistemazione canonica" che il Papa, roccia petrina della Chiesa, ha offerto e continua, con il sorriso di padre, a proporre nonostante tutto. (Se sapete l'inglese leggete l'omelia odierna di Mons. Fellay o ascoltatela in francese e ditemi voi!). Davvero Benedetto XVI è il papa dell'unità della Chiesa.

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Io non credo che tali parole il papa le abbia pensate in riferimento ai "lefebvriani". Forse è più probabile che le abbia pensate per quei settori che stan facendo di tutto propio per far naufragare i colloqui.

Accettare il preambolo? E quale versione? quella modificata per accogliere i rilievi della FSSPX e approvata dal papa...............oppure quella "nuova" bmessa in mano a Fellay nell'ultimo incontro e che altro non è che la versione originaria............?

E se il papa con quelle parole si riferisse a quei prelati della Curia che anzichè ubbidirgli lo ostacolano........?

Anonimo ha detto...

Insomma il messaggio potrebbe invece esser questo: curiale avvisato....mezzo salvato.

Anonimo ha detto...

Direi che il messaggio non è solo per i lefebvriani, ma per tutti coloro che in tempo di crisi spirituale come questo non riconosco più nel Pontefice il riferimento sicuro per la Chiesa. I lefebvriani hanno le loro colpe e chiusure, ma sono una notevole minoranza rispetto all'ala "ultraprogressista" almeno in Italia... basta fare un giro nei seminari e nelle facoltà teologiche (senza generalizzare per carità, ma l'andazzo è quello...)

Simone Veronese ha detto...

Stimato padre, c'è una cosa che non capisco: fermo restando che è legittimo e doveroso che Pietro, il Vicario di Cristo in terra, ribadisca con forza che il mandato di legare e sciogliere spetta a lui e soltanto a lui, mi riesce difficile capire perché, in tutta questa vicenda si ignori che il preambolo dottrinale, nella versione che il Superiore della FSSPX aveva declinato, era stato accettato anche dal Santo Padre. Se siamo al punto di partenza, non lo si deve né al Santo Padre, né a Mons. Fellay, ma a qualcuno che evidentemente, da ambo le parti, non ha a cuore che questa frattura venga definitivamente sanata.
Se da una parte Mons. Fellay ha già rimosso uno degli artefici di questo autentico sabotaggio, il Santo Padre, proprio in virtù del divino mandato delle chiavi, avrà la forza per rimuovere chi gli obbedisce a parole ma non nei fatti?

Nicola Faini ha detto...

Le parole sono parole e rimangono parole, ha ragione Cantuale Antonianum. Se i Lefebvriani hanno la fede che dicono di avere come cattolici, accettino la proposta del Papa, dicano SI' una buona volta, come hanno fatto già tanti e pare siano felici. Ricordate, tra gli ultimi, i redentoristi scozzesi? Possibile che i calcoli politici di Fellay siano più forti delle ragioni della fede e della autentica Tradizione cattolica, che senza il Papa non può stare in piedi?

Anonimo ha detto...

le parole sono importanti, e definire i lefebvriani come "ribelli" è pericoloso: primo perchè non sono ribelli: secondo perchè se ribelli ci sono dentro la Chiesa, i lefebvriani sono all'ultimo postoì; Prima di loro infatti ci sono ben altri ribelli a cui però non si chiede la sottoscrizione di nessun preambolo....

Se la resistenza lefebvriana viene fatta passare per ribellione...............quando tale resistenza verrà sanata, i settori progressisti potrebbero pensare che se si vuole ottenere qualcosa..............basta entrare in resistenza e prima o poi lo si otterrà. Ma la "resistenza" lefebvriana è motivata dal fatto di restar fedeli all'insegnamento immutato e immutabile della Chiesa, mentre i progressisti vogliono restar fedeli solo alle loro idee, spesso già condannate dalla Chiesa. Non è una differenza di poco conto!

Andrea Carradori ha detto...

Reverendo Padre, pur condividendo in toto il Suo pregiato Articolo, che ho postato nella mia bacheca di Facebook, non credo che la "predica" papale di ieri sia stata rivolta, in modo esclusivo, agli intolleranti membri della Fraternità Sacerdotale San Pio X. Ci sono nella Santa Chiesa non più pericolosi elementi meritevoli di essere racchiusi a chiave con doppio mandato : perchè, dicendosi cattolici e rimanendo in apparente comunione con Roma stanno portando il gregge che è stato loro affidato lontano dalla vera fede a danno delle anime ! Viceversa la FSSPX ha il dono della fede anche se , per una serie di motivazioni storico-personalistiche, continuano a perseverare nel più grande errore per un cattolico : non chinare il capo nell'atto di obbedienza nei confronti del Papa, il legittimo Successore di Pietro, e dei Suoi collaboratori !

A.R. ha detto...

Non dubito che il Papa non si rivolgesse solo a loro, ma mi sembra alquanto improbabile che mentre Sua Santità vergava quelle parole non pensasse anche a questi suoi figli particolarmente incapaci di accettare l'ovvio e tradizionale assioma per cui la fede senza l'obbedienza al Papa non può dirsi cattolica.
La differenza rispetto ad altri è che spesso quelli giudicati "modernisti" o "senza fede" sono semplicemente vittime di ignoranza o irretiti da ideologie di cui non sempre sono consapevoli. Come dire: se c'è pur materia grave, manca la piena avvertenza o il deliberato consenso. Ma i Lefebvriani non hanno questa attenuante. Lo dicono continuamente: la loro scelta di non accogliere il giudizio dottrinale del Papa è pienamente consapevole. Sarà pertanto ben difficile che - come già accennato a suo tempo dalla Congregazione della Fede - qualora non cambino atteggiamento in tempi brebi, non potranno evitare la medicina della scomunica.

Andrea Carradori ha detto...

Reverendo Padre, ho il fondato timore che la cosiddetta "questione lefebriana" , iniziata male, finirà, se non ci sarà l'intervento Divino, peggio.
Da un lato persiste nel cuore di coloro che si sentono legati alle antiche forme ecclesiali il senso della riconoscenza a Mons.Lefebvre che ha salvato dall'oblio la forma liturgica antica.
Dall'altro aumenta lo sdegnato stupore perchè i sucessori dell'Arcivescovo-missionario non vogliono collaborare con il Successore di Pietro nella Sua sacrosanta battaglia contro il modernismo distruttore della Dottrina Cattolica.
Per quanto riguarda il primo punto, il rito "salvato", voglio ricordare che paradossalmente, ne sono testimone, le sacche di resistenza" al nuovo rito paolino dovettero piegare il capo proprio dopo l'esplosione del "caso Lefebvre" per paura di essere, ingiustamente, associati a colui che, da destra a sinistra, veniva etichettato come disobbediente e scismatico... Un argomento questo che mi piacerebbe fosse approfondito. Nella mia regione vige una antico detto "prima o poi anche le nespole matureranno". Preghiamo affinchè i cuori di coloro che, ancora, si dicono "romani" possano convertirsi alla vera "romanità" = obbedienza al Romano Pontefice e ai Suoi Collaboratori ! Buona domenica !

Emanuele ha detto...

Più che ai lefebvriani la lettura di questo brano dell'omelia di Benedetto XVI farebbe bene agli scismatici orientali che si rifiutano ostinatamente di riconoscere il primato petrino e che ci considerano ancora degli eretici da convertire.
Ma non mi sembra di aver mai letto su questo o su altri siti richieste di nuove scomuniche dopo la revoca di Paolo VI.

Antonino ha detto...

e sono anche sicuro che non ha mai letto che gli orientali ortodossi pretendano di essere in comunione con il Papa, nè che affermino nella teoria e neghino nella pratica la loro obbedienza a Roma. Come dire: sono almeno più coerenti dei lefebvriani.

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