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domenica 11 novembre 2012

Dalla cappa di san Martino ai cappellani il passo è breve

Tutti sanno come san Martino (316-397), ancora catecumeno e soldato romano,  trovandosi alle porte della città di Amiens insieme ai suoi commilitoni, incontrò un mendicante seminudo. Tutti conoscono il suo gesto: d'impulso tagliò in due il suo mantello militare e lo condivise con il poveraccio infreddolito. Si racconta che quella stessa notte Martino sognò Gesù avvolto nel lembo di mantello che aveva donato al povero. Gesù si presenta a lui e gli restituisce la parte che aveva condiviso. L'indomani, quando Martino si sveglia, trova il suo mantello di nuovo integro. Martino aveva allora all'incirca 18 anni.

Mantello, in latino, si dice cappa. Ma trattandosi del mantello corto dei militari si parlava, al diminutivo, di cappella (cappa corta). Questa cappella venne conservata come insigne reliquia ed entrò a far parte della collezione di reliquie dei re Merovingi. I Franchi la portavano come stendardo in guerra, davanti alle truppe, fidando nella protezione del santo patrono.
Da Carlomagno la cappa di san Martino venne inviata all'oratorio palatino di Aquisgrana, che da allora si chiamerà, in francese Aix-la-chapelle (Aachen, in tedesco). Infatti, il termine latino, dal significare la reliquia del mantello di san Martino, passò per estensione ad indicare l'oratorio che la conteneva; le persone incaricate di conservare tale insigne reliquia vennero chiamate: "cappellani"! E fu così la chiesetta del palazzo reale di Carlomagno divenne una "cappella" in senso moderno.
Interno della Cappella palatina di Aquisgrana
Il nome, in seguito, identificherà per ulteriore estensione tutte le chiesette e saranno chiamati cappellani tutti i sacerdoti ad esse preposti, anche se non avevano più nulla a che fare con il prodigioso indumento del santo vescovo di Tours (vedi il Dizionario etimologico).
Dalla cappa di Martino prende nome, perfino, la dinastia reale francese dei "Capetingi". Una vera e propria devota fissazione! Pezzetti del mantello di san Martino erano nel medievo reliquie ambitissime (e parecchio diffuse), vere e proprie narrazioni reificate dell'esempio di carità del primo santo non martire dell'Occidente cristiano.

Una lettura teologica e sociale del gesto di amore disinteressato di san Martino, l'ha data papa Benedetto XVI nel messaggio dell'Angelus dell'11 novembre 2007, dove, tra l'altro, diceva:
Cari fratelli e sorelle, il gesto caritatevole di san Martino si iscrive nella stessa logica che spinse Gesù a moltiplicare i pani per le folle affamate, ma soprattutto a lasciare se stesso in cibo all’umanità nell’Eucaristia, Segno supremo dell’amore di Dio, Sacramentum caritatis. E’ la logica della condivisione, con cui si esprime in modo autentico l’amore per il prossimo. Ci aiuti san Martino a comprendere che soltanto attraverso un comune impegno di condivisione, è possibile rispondere alla grande sfida del nostro tempo: quella cioè di costruire un mondo di pace e di giustizia, in cui ogni uomo possa vivere con dignità. Questo può avvenire se prevale un modello mondiale di autentica solidarietà, in grado di assicurare a tutti gli abitanti del pianeta il cibo, l’acqua, le cure mediche necessarie, ma anche il lavoro e le risorse energetiche, come pure i beni culturali, il sapere scientifico e tecnologico.


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