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lunedì 24 novembre 2014

L'inno del Giudizio universale nell'ultima settimana dell'anno liturgico


L'ufficio divino riformato dopo il Concilio Vaticano II suggerisce per l'ultima settimana del tempo Ordinario, (la XXXIV, quella che ci conduce all'Avvento), di utilizzare come inno feriale delle varie ore canoniche il "Dies Irae", distribuito in tre parti, per Ufficio delle letture, Lodi e Vespri. Lo ricordo ad anni alterni, perché pochi sembrano avvedersi di questa possibilità e del suo significato (vedi questo post)
Si tratta della celeberrima sequenza della Messa per i morti, che è stata espunta dalla Messa aggiornata del beato Paolo VI, ma - come si dice - uscita dalla porta è rientrata dalla finestra.
Siamo nell'ultima settimana del mese di novembre, mese dedicato alla preghiera per i defunti. E' l'ultima settimana di un anno liturgico che va verso la sua conclusione. E' la settimana che richiama il giudizio universale in cui apparirà come giudice Cristo Re dell'Universo. Per questi motivi è ben appropriato l'uso dell'inno di indole escatologica e, quindi, possiamo e vogliamo recitarlo (e meglio ancora cantarlo). Tanto più dovremmo farlo con piacere noi francescani, visto che l'autore del testo è ritenuto essere quel fra Tommaso da Celano, coetaneo e primo biografo del Poverello d'Assisi, che ci ha lasciato ben due redazioni della vita del Padre Serafico e il Trattato sui suoi miracoli.

Spartiti, spiegazioni e traduzione li trovate in quest'altro post pubblicato qualche tempo fa.

Riascoltiamo il Dies Irae nell'esecuzione del coro della cattedrale di Colonia (Germania)



Dies Irae, dies illa
solvet saeclum in favilla
teste David cum Sybilla.

Quantus tremor est futurus,
Quando judex est venturus,
Cuncta stricte discussurus.

Tuba, mirum spargens sonum
per sepulcra regionum
coget omnes ante thronum.

Mors stupebit et natura,
cum resurget creatura,
judicanti responsura.

Liber scriptus proferetur,
in quo totum continetur,
unde mundus judicetur.

Judex ergo cum sedebit,
quidquid latet, apparebit:
nil inultum remanebit.

Quid sum miser tunc dicturus?
quem patronum rogaturus,
cum vix justus sit securus?

Rex tremendae majestatis,
qui salvandos salvas gratis,
salva me, fons pietatis.

Recordare, Jesu pie,
quod sum causa tuae viae
ne me perdas illa die.

Quaerens me, sedisti lassus,
redemisti Crucem passus:
tantus labor non sit cassus.

Juste judex ultionis,
donum fac remissionis
ante diem rationis.

Ingemisco, tamquam reus,
culpa rubet vultus meus
supplicanti parce, Deus.

Qui Mariam absolvisti,
et latronem exaudisti,
mihi quoque spem dedisti.

Preces meae non sunt dignae,
sed tu bonus fac benigne,
ne perenni cremer igne.

Inter oves locum praesta,
et ab haedis me sequestra,
statuens in parte dextra.

Confutatis maledictis,
flammis acribus addictis,
voca me cum benedictis.

Oro supplex et acclinis,
cor contritum quasi cinis:
gere curam mei finis.

Lacrimosa dies illa,
qua resurget ex favilla
judicandus homo reus.

Huic ergo parce, Deus:
pie Jesu Domine,
dona eis requiem. 
Amen.


Giorno dell’ira sarà quel giorno
dissolverà il mondo terreno in cenere
come annunciato da David e dalla Sibilla.

Quanto terrore verrà
quando giungerà il giudice
a giudicare severamente ogni cosa.

La tromba diffondendo un suono stupefacente
tra i sepolcri del mondo
spingerà tutti davanti al trono.

La Morte si stupirà, e anche la Natura
quando risorgerà ogni creatura
per rispondere al giudice.

Sarà portato il libro scritto
nel quale 
tutto è contenuto,
dal quale si giudicherà il mondo.

E dunque quando il giudice si siederà,
ogni cosa nascosta sarà svelata,
niente rimarrà invendicato.

In quel momento che potrò dire io, misero,
chi chiamerò a difendermi,
quando a malapena il giusto potrà dirsi al sicuro?

Re di tremenda maestà,
tu che salvi per grazia chi è da salvare,
salva me, fonte di pietà.

Ricorda, o Gesù pio,
che io sono la causa della tua venuta;
non lasciare che quel giorno io sia perduto.

Cercandomi ti sedesti stanco,
mi hai redento patendo la Croce:
che tanta fatica non sia vana!

Giusto giudice di retribuzione,
concedi il dono del perdono
prima del giorno della resa dei conti.

Comincio a gemere come un colpevole,
per la colpa è rosso il mio volto;
risparmia chi ti supplica, o Dio.

Tu che perdonasti Maria di Magdala,
tu che esaudisti il buon ladrone,
anche a me hai dato speranza.

Le mie preghiere non sono degne;
ma tu, buon Dio, con benignità fa’
che io non sia arso dal fuoco eterno.

Assicurami un posto fra le pecore,
e tienimi lontano dai capri,
ponendomi alla tua destra.

Smascherati i malvagi,
condannati alle aspre fiamme,
chiamami tra i benedetti.

Prego supplice e in ginocchio,
il cuore contrito, come ridotto in cenere,
prenditi cura del mio destino.

Quel giorno sarà un giorno di lacrime,
quando risorgerà dalla cenere
il peccatore per essere giudicato.

Perdonalo, o Dio:
pio Signore Gesù,
dona a loro la pace. Amen.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Qualche notizia sul verso cambiato nell'ultima edizione della Liturgia Horarum riguardante Maria di Magdala? "Qui Mariam absolvisti" perché è stato cambiato in "Peccatricem qui solvisti"?

A.R. ha detto...

L'inno dei vespri, erede della terza parte della Sequenza, sostituisce Mariam con Peccatricem (http://www.cantualeantonianum.com/2012/11/inno-per-lultima-settimana-xxxiv-del.html) per motivi biblici.
In Maria di Magdala veniva sommandosi, nella visione di alcuni padri della Chiesa, la peccatrice che unge i piedi di Gesù e li asciuga con i suoi capelli in casa di Simone, e perfino Maria sorella di Lazzaro. Ma una attenta analisi mostra improbabile - se non proprio impossibile - questa coincidenza di tre personaggi femminili diversi dei vangeli.
Per questo motivo la peccatrice anonima ha ripreso il suo anonimato.

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