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lunedì 18 gennaio 2010

Il Papa, a servizio dell'unità di fede dei Cristiani: il servizio della verità.


Per introdurci da buoni cattolici alla settimana di preghiera per l'unità dei cristiani (mi raccomando non chiamatela mai "preghiera per l'unità delle chiese", che non ha proprio senso!), dunque, per introdurci a questo periodo dal 18 al 25 gennaio, vorrei rileggere e commentare con i lettori il discorso che il Papa ha fatto il 15 gennaio all'assemblea plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, il dicastero che è a "servizio del Successore di Pietro nel suo ministero di confermare i fratelli nella fede". La Chiesa è e rimane il sacramento della salvezza, cioè segno che indica e strumento che realizza l'unione con Dio e l'unità del genere umano.

Dopo i saluti di rito papa Benedetto dice, riferendosi al Card. Levada, prefetto della CDF:

Vorrei ora brevemente soffermarmi su alcuni aspetti che Ella, Signor Cardinale, ha esposto.
Anzitutto, desidero sottolineare come la Vostra Congregazione partecipi del ministero di unità, che è affidato, in special modo, al Romano Pontefice, mediante il suo impegno per la fedeltà dottrinale. L’unità è infatti primariamente unità di fede [Il papa sta dicendo che non c'è unità fra i cristiani se non c'è alla base la stessa fede: sembra un'ovvietà ma non lo è. Bisogna guardare le cose che ci dividono ed eliminarle con la verità, che è sinonimo di fedeltà alla dottrina ricevuta. Allora si attua l'unità], sostenuta dal sacro deposito [Il sacro deposito è il deposito della fede sempre uguale a se stessa], di cui il Successore di Pietro è il primo custode e difensore.
Confermare i fratelli nella fede, tenendoli uniti nella confessione del Cristo crocifisso e risorto costituisce per colui che siede sulla Cattedra di Pietro il primo e fondamentale compito conferitogli da Gesù. [Che lavoro fa il Papa? Essere la pietra di fondamento, che tiene uniti tutti i cristiani confermandoli nella fede, ricordando la confessione fondamentale del Credo] È un inderogabile servizio dal quale dipende l’efficacia dell’azione evangelizzatrice della Chiesa fino alla fine dei secoli.
Il Vescovo di Roma, della cui potestas docendi [il Papa usa una locuzione forte: potestas docendi, il potere di insegnare autorevolmente. Non parla di munus docendi, ma di potestas, secondo il modo antico e assertivo del potere ricevuto da Cristo] partecipa la Vostra Congregazione, è tenuto costantemente a proclamare: "Dominus Iesus" - "Gesù è il Signore". La potestas docendi, infatti, comporta l’obbedienza alla fede, affinché la Verità che è Cristo continui a risplendere nella sua grandezza e a risuonare per tutti gli uomini nella sua integrità e purezza, così che vi sia un unico gregge, radunato attorno all’unico Pastore [Ecco come papa Benedetto intende l'unità dei Cristiani: unità di confessione di fede].
Il raggiungimento della comune testimonianza di fede di tutti i cristiani costituisce pertanto la priorità della Chiesa di ogni tempo, al fine di condurre tutti gli uomini all’incontro con Dio. In questo spirito confido in particolare nell’impegno del Dicastero perché vengano superati i problemi dottrinali che ancora permangono per il raggiungimento della piena comunione con la Chiesa da parte della Fraternità S. Pio X [I fratelli lefebvriani, dice il papa, hanno problemi dottrinali, non semplicemente liturgici o disciplinari. Per questo motivo non sono in comunione di fede con la Chiesa cattolica. Quindi questa settimana pregheremo perchè tornino nella comunione cattolica superando i problemi dottrinali che li affliggono].
Desidero inoltre rallegrarmi per l’impegno in favore della piena integrazione di gruppi di fedeli e di singoli, già appartenenti all’Anglicanesimo, nella vita della Chiesa Cattolica, secondo quanto stabilito nella Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus. La fedele adesione di questi gruppi alla verità ricevuta da Cristo e proposta dal Magistero della Chiesa non è in alcun modo contraria al movimento ecumenico, ma mostra, invece, il suo ultimo scopo che consiste nel giungere alla piena e visibile comunione dei discepoli del Signore. [Gli anglicani di ritorno ponevano un altro problema: la loro fede è quella della Chiesa cattolica (alcuni vescovi hanno firmato il Catechismo come segno di accettazione integrale), per loro dovevano essere create delle strutture ecclesiali per accoglierli con elasticità. Questo è l'ecumenismo secondo Ratzinger: unità nella dottrina, per tutto il resto possiamo trovare una soluzione. La chiesa non è una società o una organizzazione monolitica: una volta che c'è identità di fede tra i cristiani, le altre differenze di spiritualità, teologia e liturgia, sono tutte compatibili e arricchenti]
Nel prezioso servizio che rendete al Vicario di Cristo, mi preme ricordare anche come la Congregazione per la Dottrina della Fede nel settembre 2008 ha pubblicato l’Istruzione Dignitas personae su alcune questioni di bioetica. Dopo l'Enciclica Evangelium vitae del Servo di Dio Giovanni Paolo II nel marzo 1995, questo documento dottrinale, centrato sul tema della dignità della persona, creata in Cristo e per Cristo, rappresenta un nuovo punto fermo nell’annuncio del Vangelo, in piena continuità con l’Istruzione Donum vitae, pubblicata da codesto Dicastero nel febbraio 1987.
In temi tanto delicati ed attuali, quali quelli riguardanti la procreazione e le nuove proposte terapeutiche che comportano la manipolazione dell’embrione e del patrimonio genetico umano, l’Istruzione ha ricordato che "il valore etico della scienza biomedica si misura con il riferimento sia al rispetto incondizionato dovuto ad ogni essere umano, in tutti i momenti della sua esistenza, sia alla tutela della specificità degli atti personali che trasmettono la vita" (Istr. Dignitas personae, n. 10). In tal modo il Magistero della Chiesa intende offrire il proprio contributo alla formazione della coscienza non solo dei credenti, ma di quanti cercano la verità e intendono dare ascolto ad argomentazioni che vengono dalla fede ma anche dalla stessa ragione [La verità non riguarda solo i cristiani, ma tutti gli uomini dotati di ragione]La Chiesa, nel proporre valutazioni morali per la ricerca biomedica sulla vita umana, attinge infatti alla luce sia della ragione che della fede (cfr Ibid., n. 3), in quanto è sua convinzione che "ciò che è umano non solamente è accolto e rispettato dalla fede, ma da essa è anche purificato, innalzato e perfezionato" (Ibid., n. 7).
In questo contesto viene altresì data una risposta alla mentalità diffusa, secondo cui la fede è presentata come ostacolo alla libertà e alla ricerca scientifica, perché sarebbe costituita da un insieme di pregiudizi che vizierebbero la comprensione oggettiva della realtà. Di fronte a tale atteggiamento, che tende a sostituire la verità con il consenso, fragile e facilmente manipolabile, la fede cristiana offre invece un contributo veritativo anche nell’ambito etico-filosofico, non fornendo soluzioni precostituite a problemi concreti, come la ricerca e la sperimentazione biomedica, ma proponendo prospettive morali affidabili all’interno delle quali la ragione umana può ricercare e trovare valide soluzioni [La verità non è il consenso, o l'opinione della maggioranza. In questioni di fede e morale non ci si mette d'accordo, ma si segue il magistero, che i cristiani sanno essere preservato dall'errore, anche quando è scomodo da seguire o più oneroso di altre soluzioni].
Vi sono, infatti, determinati contenuti della rivelazione cristiana che gettano luce sulle problematiche bioetiche: il valore della vita umana, la dimensione relazionale e sociale della persona, la connessione tra l’aspetto unitivo e quello procreativo della sessualità, la centralità della famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna. Questi contenuti, iscritti nel cuore dell’uomo, sono comprensibili anche razionalmente come elementi della legge morale naturale e possono riscuotere accoglienza anche da coloro che non si riconoscono nella fede cristiana.
La legge morale naturale non è esclusivamente o prevalentemente confessionale, anche se la Rivelazione cristiana e il compimento dell’uomo nel mistero di Cristo ne illumina e sviluppa in pienezza la dottrina. Come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica, essa "indica le norme prime ed essenziali che regolano la vita morale" (n. 1955). Fondata nella stessa natura umana e accessibile ad ogni creatura razionale, la legge morale naturale costituisce così la base per entrare in dialogo con tutti gli uomini che cercano la verità e, più in generale, con la società civile e secolare. Questa legge, iscritta nel cuore di ogni uomo, tocca uno dei nodi essenziali della stessa riflessione sul diritto e interpella ugualmente la coscienza e la responsabilità dei legislatori. [La Chiesa cerca l'unità di tutto il genere umano, dice la Lumen Gentium, non solo dei Cristiani. Per questo bisogna trovare una base morale comune e oggettiva, per non rimanere in balia del relativismo non ancorato a nessun valore].
Nell’incoraggiarvi a proseguire nel Vostro impegnativo e importante servizio, desidero esprimervi anche in questa circostanza la mia spirituale vicinanza, impartendo di cuore a voi tutti, in pegno di affetto e di gratitudine, la Benedizione Apostolica.
[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi parrebbe che l'espressione "i lefebvriani hanno problemi dottrinali" possa essere interpretata nel senso che i lefebvriani, come gli altri acattolici, non professano l'integrità della fede cattolica e quindi a questo devono giungere.
Ora, se i lefebvriani professano tutto ciò che la Chiesa professava fino al Vaticano II, e se quest'ultimo non ha proclamato nessun nuovo dogma, ne dovrebbe conseguire che i lefebvriani sono cattolici tout court.
Forse però si voleva dire che i lefebvriani non hanno dentro la Chiesa una posizione canonica definita. Il ché è vero.

Anonimo ha detto...

I lefebvriani (vado all'ingrosso, anche se le sfumature naturalmente ci sono) rifiutano in toto il magistero del Concilio Vaticano II (che seppure non ha proclamato dogmi veri e propri ha un contenuto dottrinale molto vasto), anzi diciamo pure che rifiutano il Concilio Vaticano II come atto magisteriale nella sua interezza.

Questo evidentemente pone problemi dottrinali, come ha giustamente indicato il Papa.

La questione non è quindi di ordine unicamente disciplinare (dovuta cioè all'atto scismatico compiuto con le ordinazioni episcopali del 1988 - che naturalmente la remissione delle scomuniche non ha estinto, come non ha estinto l'illiceità del ministero svolto dai sacerdoti della Fraternità San Pio X, ricordata dallo stesso Benedetto XVI) ma, purtroppo, anche di ordine dottrinale. Benedetto XVI ha saggiamente tratto le conclusioni di questo fatto affidando la presidenza della Commissione Ecclesia Dei al prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.
Anche in questo caso, preghiamo per l'unità, che è anzitutto unità dottrinale e di fede.

Grlyc

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