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sabato 18 aprile 2009

I frati tornano a presentarsi al "Signor Papa". E il Papa li invia a tutta la Chiesa.


Giornata splendida per tutto il Movimento Francescano e in special modo per i frati dell'Ordine. Eravamo tantissimi oggi, stipati nel cortile del Palazzo apostolico di Castel Gandolfo, che sembrava non riuscire a contenere la straripante folla minoritica. 
Il Signor Papa Innocenzo III, nel 1209, aveva accolto 12 poveri penitenti di Assisi. Il suo successore, a distanza di 800 anni, si è visto arrivare i pronipoti di quei primi frati minori infinitamente moltiplicati. Un albero maestoso nato da un solo seme: San Francesco e la Regola da lui donata alla vita religiosa della Chiesa.
Come potete leggere nel discorso del Papa, Benedetto XVI ha ricordato la fedeltà di frate Francesco ai prelati della Santa Chiesa, e soprattutto la sua intuizione di non volersi mai separare dal Papa di Roma, anzi, contrariamente alle tendenze ereticali del suo tempo, andò controcorrente: sempre suddito e soggetto alla Chiesa Romana.
E così ha voluto i suoi figli. Strumenti nelle mani della Chiesa per l'evangelizzazione e il contatto con il popolo. Non separati, nè mescolati. Distinti come religiosi, eppure completamente immersi tra la gente. Nel chiostro e contemporaneamente per le strade del mondo.
E il Papa ha ribadito ai frati l'invio missionario: "Andate!". Come Cristo manda gli apostoli, così Francesco manda i suoi frati, con lo stesso carisma: "apostolica vivendi forma", vivere alla maniera degli apostoli, e come loro comportarsi, predicare, curare, aiutare...
Veramente quest'incontro internazionale francescano è stata una esperienza unica di cattolicità, di incontro di fratelli da ogni parte della Chiesa, di ogni lingua cultura e colore (di pelle e di abito). Accomunati esternamente solo dal cordiglio con i tre nodi e, internamente, dalla stessa paternità e dalla stessa Regola di Vita.



Ed ecco il testo integrale del discorso di oggi:

UDIENZA AI MEMBRI DELLA FAMIGLIA FRANCESCANA PARTECIPANTI AL "CAPITOLO DELLE STUOIE", 18.04.2009

Alle ore 12.30 di questa mattina, nel cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre Benedetto XVI riceve i Membri della Famiglia Francescana partecipanti al "Capitolo delle Stuoie", iniziato ad Assisi il 15 aprile per concludersi oggi a Roma.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle della Famiglia Francescana!

Con grande gioia dò il benvenuto a tutti voi, in questa felice e storica ricorrenza che vi ha riuniti insieme: l’ottavo centenario dell’approvazione della "protoregola" di san Francesco da parte del Papa Innocenzo III. 
Sono passati ottocento anni, e quella dozzina di Frati è diventata una moltitudine, disseminata in ogni parte del mondo e oggi qui, da voi, degnamente rappresentata. Nei giorni scorsi vi siete dati appuntamento ad Assisi per quello che avete voluto chiamare "Capitolo delle Stuoie", per rievocare le vostre origini. E al termine di questa straordinaria esperienza siete venuti insieme dal "Signor Papa", come direbbe il vostro serafico Fondatore. Vi saluto tutti con affetto: i Frati Minori delle tre obbedienze, guidati dai rispettivi Ministri Generali, tra i quali ringrazio Padre José Rodriguez Carballo per le sue cortesi parole; i membri del Terzo Ordine, con il loro Ministro Generale; le religiose Francescane e i membri degli Istituti secolari francescani; e, sapendole spiritualmente presenti, le Suore Clarisse, che costituiscono il "secondo Ordine". Sono lieto di accogliere alcuni Vescovi francescani; e in particolare saluto il Vescovo di Assisi, Mons. Domenico Sorrentino, che rappresenta la Chiesa assisana, patria di Francesco e Chiara e, spiritualmente, di tutti i francescani. 

Sappiamo quanto fu importante per Francesco il legame col Vescovo di Assisi di allora, Guido, che riconobbe il suo carisma e lo sostenne. Fu Guido a presentare Francesco al Cardinale Giovanni di San Paolo, il quale poi lo introdusse dal Papa favorendo l’approvazione della Regola. Carisma e Istituzione sono sempre complementari per l’edificazione della Chiesa.

Che dirvi, cari amici? Prima di tutto desidero unirmi a voi nel rendimento di grazie a Dio per tutto il cammino che vi ha fatto compiere, ricolmandovi dei suoi benefici. E come Pastore di tutta la Chiesa, lo voglio ringraziare per il dono prezioso che voi stessi siete per l’intero popolo cristiano. Dal piccolo ruscello sgorgato ai piedi del Monte Subasio, si è formato un grande fiume, che ha dato un contributo notevole alla diffusione universale del Vangelo. Tutto ha avuto inizio dalla conversione di Francesco, il quale, sull’esempio di Gesù, "spogliò se stesso" (cfr Fil 2,7) e, sposando Madonna Povertà, divenne testimone e araldo del Padre che è nei cieli. Al Poverello si possono applicare letteralmente alcune espressioni che l’apostolo Paolo riferisce a se stesso e che mi piace ricordare in questo Anno Paolino: "Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me" (Gal 2,19-20). 
E ancora: "D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo" (Gal 6,17). Francesco ricalca perfettamente queste orme di Paolo ed in verità può dire con lui: "Per me vivere è Cristo" (Fil 1,21). Ha sperimentato la potenza della grazia divina ed è come morto e risorto. Tutte le sue ricchezze precedenti, ogni motivo di vanto e di sicurezza, tutto diventa una "perdita" dal momento dell’incontro con Gesù crocifisso e risorto (cfr Fil 3,7-11). Il lasciare tutto diventa a quel punto quasi necessario, per esprimere la sovrabbondanza del dono ricevuto. Questo è talmente grande, da richiedere uno spogliamento totale, che comunque non basta; merita una vita intera vissuta "secondo la forma del santo Vangelo" (2 Test., 14: Fonti Francescane, 116).

E qui veniamo al punto che sicuramente sta al centro di questo nostro incontro. Lo riassumerei così: il Vangelo come regola di vita. "La Regola e vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo": così scrive Francesco all’inizio della Regola bollata (Rb I, 1: FF, 75). 

Egli comprese se stesso interamente alla luce del Vangelo. Questo è il suo fascino. Questa la sua perenne attualità. Tommaso da Celano riferisce che il Poverello "portava sempre nel cuore Gesù. Gesù sulle labbra, Gesù nelle orecchie, Gesù negli occhi, Gesù nelle mani, Gesù in tutte le altre membra… Anzi, trovandosi molte volte in viaggio e meditando o cantando Gesù, scordava di essere in viaggio e si fermava ad invitare tutte le creature alla lode di Gesù" (1 Cel., II, 9, 115: FF, 115). 

Così il Poverello è diventato un vangelo vivente, capace di attirare a Cristo uomini e donne di ogni tempo, specialmente i giovani, che preferiscono la radicalità alle mezze misure. 

Il Vescovo di Assisi Guido e poi il Papa Innocenzo III riconobbero nel proposito di Francesco e dei suoi compagni l’autenticità evangelica, e seppero incoraggiarne l’impegno in vista anche del bene della Chiesa.

Viene spontanea qui una riflessione: Francesco avrebbe potuto anche non venire dal Papa. 

Molti gruppi e movimenti religiosi si andavano formando in quell’epoca, e alcuni di essi si contrapponevano alla Chiesa come istituzione, o per lo meno non cercavano la sua approvazione. 

Sicuramente un atteggiamento polemico verso la Gerarchia avrebbe procurato a Francesco non pochi seguaci. 

Invece egli pensò subito a mettere il cammino suo e dei suoi compagni nelle mani del Vescovo di Roma, il Successore di Pietro. Questo fatto rivela il suo autentico spirito ecclesiale. Il piccolo "noi" che aveva iniziato con i suoi primi frati lo concepì fin dall’inizio all’interno del grande "noi" della Chiesa una e universale. E il Papa questo riconobbe e apprezzò. 

Anche il Papa, infatti, da parte sua, avrebbe potuto non approvare il progetto di vita di Francesco. 

Anzi, possiamo ben immaginare che, tra i collaboratori di Innocenzo III, qualcuno lo abbia consigliato in tal senso, magari proprio temendo che quel gruppetto di frati assomigliasse ad altre aggregazioni ereticali e pauperiste del tempo. Invece il Romano Pontefice, ben informato dal Vescovo di Assisi e dal Cardinale Giovanni di San Paolo, seppe discernere l’iniziativa dello Spirito Santo e accolse, benedisse ed incoraggiò la nascente comunità dei "frati minori".

Cari fratelli e sorelle, sono passati otto secoli, e oggi avete voluto rinnovare il gesto del vostro Fondatore. Tutti voi siete figli ed eredi di quelle origini. Di quel "buon seme" che è stato Francesco, conformato a sua volta al "chicco di grano" che è il Signore Gesù, morto e risorto per portare molto frutto (cfr Gv 12,24). I Santi ripropongono la fecondità di Cristo. Come Francesco e Chiara d’Assisi, anche voi impegnatevi a seguire sempre questa stessa logica: perdere la propria vita a causa di Gesù e del Vangelo, per salvarla e renderla feconda di frutti abbondanti. Mentre lodate e ringraziate il Signore, che vi ha chiamati a far parte di una così grande e bella "famiglia", rimanete in ascolto di ciò che lo Spirito dice oggi ad essa, in ciascuna delle sue componenti, per continuare ad annunciare con passione il Regno di Dio, sulle orme del serafico Padre. Ogni fratello e ogni sorella custodisca sempre un animo contemplativo, semplice e lieto: ripartite sempre da Cristo, come Francesco partì dallo sguardo del Crocifisso di san Damiano e dall’incontro con il lebbroso, per vedere il volto di Cristo nei fratelli che soffrono e portare a tutti la sua pace. Siate testimoni della "bellezza" di Dio, che Francesco seppe cantare contemplando le meraviglie del creato, e che gli fece esclamare rivolto all’Altissimo: "Tu sei bellezza!" (Lodi di Dio altissimo, 4.6: FF, 261).

Carissimi, l’ultima parola che voglio lasciarvi è la stessa che Gesù risorto consegnò ai suoi discepoli: "Andate!" (cfr Mt 28,19; Mc 16,15). Andate e continuate a "riparare la casa" del Signore Gesù Cristo, la sua Chiesa. 

Nei giorni scorsi, il terremoto che ha colpito l’Abruzzo ha danneggiato gravemente molte chiese, e voi di Assisi sapete bene che cosa questo significhi. Ma c’è un’altra "rovina" che è ben più grave: quella delle persone e delle comunità! Come Francesco, cominciate sempre da voi stessi. Siamo noi per primi la casa che Dio vuole restaurare. 

Se sarete sempre capaci di rinnovarvi nello spirito del Vangelo, continuerete ad aiutare i Pastori della Chiesa a rendere sempre più bello il suo volto di sposa di Cristo. Questo il Papa, oggi come alle origini, si aspetta da voi. Grazie di essere venuti! Ora andate e portate a tutti la pace e l’amore di Cristo Salvatore. Maria Immacolata, "Vergine fatta Chiesa" (cfr Saluto alla Beata Vergine Maria, 1: FF, 259), vi accompagni sempre. E vi sostenga anche la Benedizione Apostolica, che imparto di cuore a voi tutti, qui presenti, e all’intera Famiglia francescana.


La bolla originale della Regola di San Francesco, esposta sulla Tomba del Santo

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