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lunedì 31 maggio 2010

Tredicina di Sant'Antonio: oggi il primo giorno

Piccolo video di un confratello cappuccino che riassume la vita del Santo di Padova e link per trovare le preghiere che ci accompagnano alla festa del Dottore Evangelico e Padre dei Poveri.


Qualche correzione: 1) S. Antonio nasce a Lisbona, non vicino a Coimbra
2) Non si sa con certezza se Antonio ha mai incontrato ad Assisi Francesco
3) Antonio viene scoperto come predicatore, perché mancava il titolare del giorno, non perchè volesse andare contro i domenicani.

Tredicina, preghiere devozionali, e testi della messa votiva

La festa del Magnificat

Il cantico della Vergine della Visitazione ha ispirato e continua ad ispirare compositori ed esecutori. Ecco come la grande cantante Mina interpreta la composizione di Mons. Marco Frisina sul testo latino:

domenica 30 maggio 2010

Ringraziamento quotidiano del sacerdote alla Santa Trinità, per sè e quanti si sono raccomandati alle sue preghiere.

Una bella preghiera sacerdotale da dire alla fine della Messa come ringraziamento e saluto alla Santa Trinità. San Pio V l'aveva inserita come preghiera privata (devozionale) del sacerdote prima della benedizione al termine della Messa. Con la riforma è caduta in oblio, ma si può lodevolmente sussurrarla anche dopo la benedizione. Chi celebra il rito ordinario la può recitare tra sé anche mentre saluta l'altare e il tabernacolo e inizia la processione di ritorno in sacrestia. Recitando "in segreto" questa preghiera i gesti si faranno con più calma e attenzione devota. Provare per credere.


Placeat tibi, sancta Trinitas, obsequium servitutis meæ: et præsta, ut sacrificium quod oculis tuæ maiestatis indignus obtuli, tibi sit acceptabile; mihique et omnibus pro quibus illud obtuli, sit, te miserante, propitiabile. Per Christum Dominum nostrum. Amen

«Ti sia gradito, o santa Trinità, l'ossequio del mio servizio sacerdotale: e concedi che il sacrificio, che - sebbene indegno, ho offerto agli occhi della tua divina maestà - sia a te accetto; e, per la tua misericordia, sia di giovamento a me e a tutti coloro per i quali l'ho offerto. Per Cristo Nostro Signore. Amen».

I pulcini della Santissima Trinità

Fr. Gv. ci manda questa bella foto e la breve riflessione che segue (davvero di animo francescano) sul Vangelo di oggi, festa della SS. Trinità:


Solennità della Santissima Trinità

“Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso…
…lo Spirito di verità vi guiderà a tutta la verità….
Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo (lo Spirito) prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà” (Gv  16).

“Non siete capaci di portarne il portarne il peso…”. Quando Amintore, Armando, Antenore, Artemio e Ampelio (sono i codirossi della foto) sono nati sotto il porticato del nostro convento qui a Padova, per un po’ sono stati incapaci di “portare pesi”. Attendevano nel nido che i genitori, Serafino e Serenella, portassero loro da mangiare, sgomitando un po’ per chi avrebbe preso il primo boccone. Sino al 18 maggio scorso, quando, al rientro dalla preghiera mattutina, li abbiamo visti timidamente e sollecitamente guadagnare  il cielo, sotto lo sguardo attento dei genitori. …
Un po’ così anche la nostra vita spirituale…Lo Spirito Santo ci introduce pian piano a tutto quello che Gesù ha detto e fatto, proprio quando siamo in grado (e accettiamo) di recepire qualcosa in più, portandoci ad una comprensione sempre più profonda del Figlio che ci ha rivelato il Padre. Diveniamo anche noi sempre più capaci di abitare il  cielo ed anche la terra, di vedere e vivere la realtà con una prospettiva diversa, con occhio e cuore “trinitari”.

Buona e santa solennità della Santissima Trinità, di un Padre che ha tanto amato il mondo da darci suo Figlio, con il quale prende dimora in noi nello Spirito Santo!
fr Gv.

Il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è Dio: ma un solo Dio.

In un post precedente ci eravamo dati all'analogia metaforica per la predicazione, oggi ci diamo alla speculazione razionale - molto schematizzata e semplificata - ma che ci aiuta a non cadere in errore pensando alla Trinità. Si tratta più di una teologia negativa che positiva, ovvero ci viene detto ciò che Dio non è (o come non è) più che afferrare davvero come sia. E ci mancherebbe! Come diceva S. Agostino: "Se lo comprendi, non è Dio".
Lo schema riportato qui in alto è molto simile al famoso triangolo con l'occhio, simbolo di Dio, ma non c'entra e in realtà risulta parecchio utile per mostrare e rammentare le caratteristiche e le opposizioni da tenere in equilibrio nel dogma trinititario.
Ci sono tre lati del mistero divino da tenere contemporaneamente insieme: Unità, cioè c'è un solo Dio, una sola natura divina, Distinzione, cioè vi sono in Dio tre realtà in relazione tra loro che chiamiamo Persone; Uguaglianza, le tre persone sono tutte ugualmente tra loro l'unico Dio.
Lo schema evidenzia che, se si tengono in tensione tutte e tre queste caratteristiche, anche se la nostra ragione non è in grado di vederle tutte e tre contemporaneamente, allora si è nella giusta ed equilibrata visione trinitaria. Se, invece, si nega o si sminuisce anche solo una delle tre, a vantaggio delle restanti due, si cade in una delle tre eresie antiche:
a) Se si nega l'uguaglianza delle Persone divine si cade nel subordinazionismo (adozionista), per cui esiste un solo Dio (unità), il Padre, e le altre Persone sono esseri divini, o effluvi o addirittura creature adottate come divine. Gli Ariani erano eretici di questo genere.
b) Se si nega la distinzione, cioè la reale differenza e relazione tra le tre Persone del Padre, Figlio e Spirito Santo, ecco che si crederà in un unico Dio in cui tutte e tre le Persone sono solo modi umani di distinguere ciò che in realtà è uguale (modalismo). Quindi la Trinità è apparenza esterna, o modi di rivelarsi dell'Unica persona divina esistente. I Patripassiani erano di questo avviso.
c) Se si nega l'unità della sostanza divina, per cui esiste uno e un solo Dio, si può credere che le tre Persone siano uguali tra di loro ma completamente distinte e con individualità a sè (tre volontà....) facendone così tre dèi distinti (triteismo). Di questo sono sempre stati accusati i Cristiani da parte di Ebrei e Islamici, ma alquanto sporadica e rara, ma intesa come professione di vero politeismo. Condannata ancora nel 1215 al Concilio Lateranense IV.

Affermando tutte insieme le caratteristiche trinitarie, come un cerchio tangente i tre lati, riusciamo a comprendere senza capire, a tenere insieme senza esaurire, l'unico e divino mistero rivelato del Dio Trino.

Per completare la meditazione di oggi, Solennità della Santissima Trinità, vi propongo il Credo (pseudo-)Atanasiano, che fissa con chiarezza cristallina la formulazione della fede Trinitaria:

La fede cattolica è questa: che veneriamo un unico Dio nella Trinità e la Trinità nell’unità.
Senza confondere le persone e senza separare la sostanza.
Una è infatti la persona del Padre, altra quella del Figlio ed altra quella dello Spirito Santo.
Ma Padre, Figlio e Spirito Santo hanno una sola divinità, uguale gloria, coeterna maestà.
Quale è il Padre, tale è il Figlio, tale lo Spirito Santo.
Increato il Padre, increato il Figlio, increato lo Spirito Santo.
Immenso il Padre, immenso il Figlio, immenso lo Spirito Santo.
Eterno il Padre, eterno il Figlio, eterno lo Spirito Santo
E tuttavia non vi sono tre eterni, ma un solo eterno.
Come pure non vi sono tre increati né tre immensi, ma un solo increato e un solo immenso.
Similmente è onnipotente il Padre, onnipotente il Figlio, onnipotente lo Spirito Santo.
Tuttavia non vi sono tre onnipotenti, ma un solo onnipotente.
Il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è Dio.
E tuttavia non vi sono tre Dei, ma un solo Dio.
Signore è il Padre, Signore è il Figlio, Signore è lo Spirito Santo.
E tuttavia non vi sono tre Signori, ma un solo Signore.
Poiché come la verità cristiana ci obbliga a confessare che ciascuna persona è singolarmente Dio e Signore, così pure la religione cattolica ci proibisce di parlare di tre Dei o Signori.
Il Padre non è stato fatto da alcuno: né creato, né generato.
Il Figlio è dal solo Padre: non fatto, né creato, ma generato.
Lo Spirito Santo è dal Padre e dal Figlio: non fatto, né creato, né generato, ma da essi procedente.
Vi è dunque un solo Padre, non tre Padri; un solo Figlio, non tre Figli, un solo Spirito Santo, non tre Spiriti Santi.
E in questa Trinità non v’è nulla che sia prima o poi, nulla di maggiore o di minore: ma tutte e tre le persone sono l’una all’altra coeterne e coeguali.
Cosicché in tutto, come già è stato detto, va venerata l’unità nella Trinità e la Trinità nell’unità.
Chi dunque vuole salvarsi, pensi in tal modo della Trinità.

Finita la formulazione della fede trinitaria inizia la II parte del Credo:
Ma per l’eterna salvezza è necessario credere fedelmente anche all’Incarnazione del Signore nostro Gesù Cristo.
La retta fede vuole, infatti, che crediamo e confessiarno che il Signore nostro Gesù Cristo, Figlio di Dio, è Dio e uomo.
È Dio, perché generato dalla sostanza del Padre fin dall’eternità; è uomo, perché nato nel tempo dalla sostanza della madre.
Perfetto Dio, perfetto uomo: sussistente dall’anima razionale e dalla carne umana.
Uguale al Padre nella divinità, inferiore al Padre nell’umanità.
E tuttavia, benché sia Dio e uomo, non è duplice ma è un solo Cristo.
Uno solo, non per conversione della divinità in carne, ma per assunzione dell’umanità in Dio.
Totalmente uno, non perconfusione di sostanze, ma per l’unità della persona.
Come infatti anima razionale e carne sono un solo uomo, così Dio e uomo sono un solo Cristo.
Che patì per la nostra salvezza, discese agli inferi, il terzo giorno è risuscitato dai morti.
E salito al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente, e di nuovo verrà a giudicare i vivi e i morti.
Alla sua venuta tutti gli uomini dovranno risorgere nei loro corpi e dovranno rendere conto delle proprie azioni.
Coloro che avranno fatto il bene andranno alla vita eterna: coloro, invece, che avranno fatto il male, nel fuoco eterno.
Questa è la fede cattolica, e non potrà essere salvo se non colui che l’abbraccerà fedelmente e fermamente.


un bell'esempio di Triquetra, o nodo della Trinità con una variazione su tema (il cuore)

sabato 29 maggio 2010

A proposito della gerarchia fra diaconato e sacerdozio (presbiterato ed episcopato). Ma esistono davvero i diaconi permanenti?

Una riflessione sul diaconato nell'anno sacerdotale. 
l'antica rappresentazione dei gradini della gerarchia (l'episcopato non è nella scala, secondo l'idea che il vertice è il sacerdozio per la consacrazione dell'eucaristia)

Leggo con perplessità sul sito dei Diaconi permanenti della diocesi di Milano:

"A fianco della figura del diacono sposato vi è anche quella del diacono celibe. Sebbene il numero dei diaconi non sposati sia piuttosto ridotto rispetto a quello dei diaconi coniugati, essi sono una realtà e vanno considerati come un dono prezioso alla Chiesa.
Chi diventa diacono da celibe resta celibe per tutta la vita, per la semplice ragione che il diaconato si riceve a partire da una scelta di vita che va considerata definitiva.
....
Qualcuno però dirà: «Ma perché allora queste persone non sposate non diventano sacerdoti?». A questa domanda non si può dare che una risposta: «Perché la loro vocazione è quella al diaconato e non al sacerdozio». I due ministeri sono distinti e diversi e hanno uguale dignità. Sarebbe scorretto pensare che il sacerdozio valga più del diaconato ed essendo queste persone, in quanto non sposate, nella condizione di poter ricevere l’ordinazione sacerdotale, sia preferibile che diventino preti e non diaconi. Non sta a noi decidere che cosa una persona deve diventare. Il nostro compito è capire che cosa Dio vuole da lei"

Che il diaconato e il sacerdozio abbiano "uguale dignità" e che il sacerdozio "non valga" più del diaconato è invece SBAGLIATO e SCORRETTISSIMO, (forse l'autore con sacerdozio intendeva il presbiterato, perchè sacerdoti sono sia i vescovi che i presbiteri, e perciò le sue affermazioni sono ancora più errate).
Questo diverso valore o dignità è d'altronde ovvio: senza sacerdozio non c'è eucaristia, senza eucaristia non c'è Chiesa. I ministeri del diaconato, presbiterato ed episcopato condividono l'ordine sacro, ma il diaconato non condivide con gli altri gradi dell'ordine il sacerdozio.
Inoltre, sia chiaro, la diversa dignità è questione OGGETTIVA non SOGGETTIVA. Ci possono essere santissimi diaconi che valgono 1000 presbiteri. Non è questo il problema. Ma se il ministero che essi esercitano sia oggettivamente necessario alla vita della Chiesa quanto quello dei sacerdoti. Ovviamente la risposta è negativa. Lo dimostra per di più il fatto che il diaconato, che pur non è mai mancato alla Chiesa, anche se in forma transeunte al presbiterato, è stato restaurato come grado permanente solo con il Concilio Vaticano II.

La prova finale della superiorità del ministero sacerdotale è già presente nell'A.D. 325, nel canone 18 del Concilio di Nicea, il primo concilio ecumenico della Chiesa.  In esso si discute una questione liturgica, mostrandone la valenza dogmatica per la teologia dell'ordine:

XVIII. Che i diaconi non debbano dare l'eucarestia ai presbiteri; e che non devono prender posto avanti a questi.
Questo grande e santo concilio è venuto a conoscenza che in alcuni luoghi e città i diaconi danno la comunione ai presbiteri: cosa che né i sacri canoni, né la consuetudine permettono: che, cioè, quelli che non hanno il potere di consacrare diano il corpo di Cristo a coloro che possono offrirlo. Esso è venuto a conoscenza anche di questo: che alcuni diaconi ricevono l'eucarestia perfino prima dei vescovi. Tutto ciò sia tolto di mezzo, e i diaconi rimangano nei propri limiti, considerando che essi sono ministri dei vescovi ed inferiori ai presbiteri. Ricevano, quindi, come esige l'ordine, l'eucarestia, dopo i sacerdoti, e per mano del vescovo o del sacerdote. Non è neppure lecito ai diaconi sedere in mezzo ai presbiteri; ciò è, infatti, sia contro i sacri canoni, sia contro l'ordine. Se poi qualcuno non intende obbedire, neppure dopo queste prescrizioni, sia sospeso dal diaconato.

Il fatto che i diaconi siano letteralmente all'ultimo posto nella gerarchia dei ministri dovrebbe essere loro vanto e dimostrazione della veridicità del nome diacono, cioè servo. Innanzitutto a servizio del vescovo e in secondo luogo del presbitero.

- Altro errore comune: che differenza c'è tra un diacono permanente celibe e un diacono transeunte celibe? Nessuna differenza, se non nella domanda che hanno rivolto al loro vescovo, secondo il codice di Diritto Canonico. Infatti i futuri diaconi permanenti, anche celibi, chiedono di essere semplicemente ordinati diaconi. I futuri presbiteri, chiedono di essere ordinati diaconi "in vista del presbiterato". Ma mentre tutti i diaconi celibi sono diaconi, e sebbene quelli detti transeunti, una volta ordinati, abbiano una specie di diritto ad essere anche elevati al presbiterato, quelli cosiddetti permanenti no. Ma non è detto che non possano cambiare idea, o che il loro vescovo desideri ordinarli, o addirittura potrebbero essere eletti vescovi. A Roma vari Papi prima di essere eletti vescovi dell'Urbe erano "diaconi (permanenti)" celibi.
Attenzione, lo stesso vale per il diacono coniugato che dovesse, tristemente, diventare vedovo. Anche lui non ha più nessun impedimento canonico e può essere ordinato sacerdote.
In sostanza non esiste il "diacono permanente", ma solo diaconi, alcuni dei quali permangono tutta la vita nel grado del diaconato. Una permanenza di fatto. Altrimenti tutti i presbiteri che non diventano vescovi dovrebbero essere indicati come "presbiteri permanenti". Tra l'altro, ogni prete il giorno della sua ordinazione, promette di permanere nel secondo grado del sacerdozio. Ma poi, chi è eletto vescovo, ascende al primo grado, nonostante la sua promessa di un tempo. Lo stesso può avvenire per i diaconi non attualmente coniugati.

Se poi siete irriducibili e non volete ancora assentire a questi discorsi, perchè vi sanno troppo di gerarcologia preconciliare, leggete i testi del CONCILIO VATICANO II
Lumen Gentium 29, dopo aver parlato dei presbiteri così esordisce:
In un grado inferiore della gerarchia stanno i diaconi, ai quali sono imposte le mani "non per il sacerdozio, ma per il servizio".
E prosegue dicendo: il diaconato potrà in futuro essere ristabilito come proprio e permanente grado della gerarchia.
Potrà (non dovrà) essere ristabilito il diaconato come grado permanente. E' il diaconato che era diventato solo un grado di passaggio, ed esso è ristabilito in modo da poter essere esercitato permanentemente. Ma questo non istituisce due ordini di diaconi, ma solo modalità diverse di "rimanere" nell'esercizio di un dato ministero.

La traduzione politicamente corretta: orazioni SS. Trinità

Brontolii festivi & traduzioni liturgiche....


Colletta
O Dio Padre, che hai mandato nel mondo il tuo Figlio, Parola di verità, e lo Spirito santificatore per rivelare agli uomini il mistero della tua vita, fa' che nella professione della vera fede riconosciamo la gloria della Trinità e adoriamo l'unico Dio in tre persone. Per il nostro Signore...

Deus Pater, qui, Verbum veritátis et Spíritum sanctificatiónis mittens in mundum, admirábile mystérium tuum homínibus declárasti, da nobis, in confessióne veræ fídei, ætérnæ glóriam Trinitátis agnóscere, et Unitátem adoráre in poténtia maiestátis. Per Dóminum.


Questa volta la traduzione della colletta in italiano sarebbe davvero perfetta, precisa nella traduzione, ma anche scorrevole nella lingua nostrana. Però! Però si arriva in fondo e ci si scontra con il politicamente corretto. Non è bene dire - come invece fa la Bibbia ad ogni passo e i Salmi in particolare - che Dio è "rivestito di potenza" e "di maestà". No! Troppo monarchico, meglio il democratico "tre persone"!! Ma questo fa saltare tutto il senso della frase e il suo logico e bilanciato richiamo del mistero celebrato: c'è la "gloria della Trinità" che già si riferisce alle tre persone (ovvio no?), e c'è l'Unità, "in potentia maiestatis" perchè è la sostanza divina, niente meno, ciò che rende Dio il Signore. Gloria e Potenza, poi, come sanno tutti quelli che hanno familiarità con la Bibbia sono correlati, e non c'entrano nulla con il trionfalismo, ma con il riconoscere a Dio le sue prerogative.
Purtroppo, evidentemente non per ignoranza linguistica, ma per spirito di contestazione sessantottesca, anche questa splendida preghiera ci arriva manipolata dai traduttori, che, come spessissimo accade nel Messale italiano, sostituiscono le idee che piacciono loro (debitamente approvate, certo), alle idee che dovrebbero semplicemente offrire al popolo in una lingua comprensibile.

Ma non parliamo poi del mezzo disastro della super oblata! Anzi ne parliamo:

Invochiamo il tuo nome, Signore, su questi doni che ti presentiamo: consacrali con la tua potenza e trasforma tutti noi in sacrificio perenne a te gradito. Per Cristo nostro Signore.

Sanctífica, quæsumus, Dómine Deus noster, per tui nóminis invocatiónem, hæc múnera nostræ servitútis, et per ea nosmetípsos tibi pérfice munus ætérnum. Per Christum.


Sorvoliamo sul fatto che, come al solito, in italiano a Dio si danno ordini (consacrali è imperativo presente) mentre in latino c'è almeno quel senso di umile richiesta, espresso con quaesumus, che mitiga l'imperativo (sanctifica) e che quasi mai viene tradotto. Invece la "potenza" sparita dalla colletta riappare qui dove non c'era, avete notato (sanctifica = consacrali con la tua potenza)?. Ma quello che qui disturba di più è che il traduttore ha rescisso il nesso tra l'invocazione del nome di Dio e la santificazione dei doni e il nesso tra il nostro diventare un sacrificio perenne e il sacrificio dei santi doni consacrati dall'invocazione del nome di Dio (Signore Dio nostro, Domine Deus noster).
Il latino dice infatti per ea: cioè "per loro mezzo"; per il fatto che partecipiamo ai santi doni, che sono il sacrificio di Cristo, diventiamo anche noi un dono eterno con lui. Si dà il caso che lo stesso concetto con le stesse parole sia espresso nella preghiera eucaristica III che spesso e volentieri viene pronunciata per consacrare i doni. Ecco cosa si dice nella II epiclesi: concede, ut qui Corpore et Sanguine Filii tui reficimur, Spiritu eius Sancto repleti, unum corpus et unus spiritus inveniamur in Christo. Ipse nos tibi perficiat munus aeternum. Una bella formula trinitaria, d'altra parte: si chiede al Padre, che quanti mangiamo del Corpo e Sangue di Cristo (per ea), siamo ripieni di Spirito Santo, ed "egli faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito".
La traduzione della preghiera sulle offerte giustappone invece due richieste, senza nesso causale, senza nesso strumentale: parla dei "doni che ti offriamo", ma sarebbe tradurre dire "doni del nostro servizio sacerdotale", inizia con la menzione della nostra attività "invochiamo il tuo nome" e non con l'azione divina "Sanctifica", mettendo simbolicamente l'azione umana davanti a quella divina.... "Ma sì, tanto la gente non ascolta", dirà più di un sacerdote lettore. E allora, dico io, che le diciamo a fare in Italiano 'ste preghiere? Se le capisce solo il Signore, tanto vale dirgliele in latino. Se invece le diciamo in italiano sarà mica perchè il "popolo" possa ricevere in totalità il profondo senso dogmatico in esse contenuto e non le rimaneggiature dei traduttori?

E concludiamo con la preghiera finale, ovviamente:

Signore Dio nostro, la comunione al tuo sacramento, e la professione della nostra fede in te, unico Dio in tre persone, ci sia pegno di salvezza dell'anima e del corpo. Per Cristo nostro Signore.

Profíciat nobis ad salútem córporis et ánimæ, Dómine Deus noster, huius sacraménti suscéptio, et sempitérnæ sanctæ Trinitátis eiusdémque indivíduæ Unitátis conféssio. Per Christum.


Qui pare che i traduttori abbiano fatto un lavoro semplice e ordinato, senza invenzioni o fraintendimenti. Traducono addirittura Domine Deus noster con Signore Dio nostro, e non con Padre. MALE, perchè questa volta ci stava bene. A chi è rivolta, infatti questa preghiera? In italiano non è chiaro: "Signore Dio nostro" può essere il Padre o il Figlio (di solito è il Padre). Ma poi di parla del "tuo sacramento", allora è il Figlio, visto che la Comunione è il sacramento di Cristo (del suo Corpo e del suo Sangue). In latino, invece, si parlava di "ricezione di QUESTO sacramento" (susceptio huius sacramenti). Ma poi che fa la preghiera italiana? Saluta il Signore Dio nostro "unico Dio in tre persone"! Cosa alquanto stravagante, non perchè le preghiere non si debbano rivolgere alla Trinità, ma perchè aveva iniziato a rivolgersi ad una delle Divine Persone, e adesso passa a invocarla come triplice. Invece il latino, preciso e corretto, richiama, dopo "la ricezione di questo sacramento", la confessione di fede della Santa e sempiterna Trinità e della medesima individua Unità":
Proposta:
Signore Dio nostro, siano pegno della salvezza dell'anima e del corpo la comunione al Sacramento rivevuto, e la professione della nostra fede nella santa ed eterna Trinità, indivisibile Unità. Per Cristo nostro Signore.

venerdì 28 maggio 2010

Omelia sulla Santissima Trinità: consigli per afferrare il vento con le mani.

   Come mai nelle omelie si sente parlare tanto di DIO, ma poco della Santissima Trinità? Perché questa non si presta facilmente alla razionalizzazione e alla ideologia moralista che vanno per la maggiore sui pulpiti (soprattutto italiani, c’è da dire). Dice un’autore russo: «La Trinità è la croce sulla quale viene inchiodata la nostra mente». Chi vuole penetrare il mistero con la sola ragione, finisce per non aver più nulla da dire nella predicazione.
Bisogna ricorrere al simbolo, che è come il guanto che la casalinga usa per estrarre dal forno la torta: provate a farne a meno e poi vediamo se riuscite nell’impresa, che con il guanto si rivela piuttosto semplice. Così è il parlare della Trinità.


 Esistono però vari tipi di simboli.
I simboli statici della Trinità sono belli e suggestivi, ma ritengo che nella predicazione ci sia più bisogno di metafore della Trinità in azione, per aiutare a comprendere – pur sempre per mezzo dell’analogia che non può esaurire la realtà divina - almeno alcune scintille della stessa verità che ci è stata rivelata nella storia della salvezza.
Un esempio di simbolo statico, molto caro agli irlandesi (perché viene fatto risalire a San Patrizio loro patrono) è quello del trifoglio: un’unica pianta con tre identiche foglioline che la compongono. E’ un rimando all’espressione del dogma: un unico Dio in tre persone uguali e distinte. Quando vedo il trifoglio come cristiano ho un’immagine botanica della Trinità. Questo è un simbolo che funziona bene per la vista, meno per l’udito.
Infatti la similitudine del trifoglio non mi spiega le relazioni tra le persone divine, e che senso ha la loro uguaglianza nella distinzione. Ecco allora un’altra metafora dalla natura che può aiutarci: Dio Padre è il sole che splende nel cielo con tale forza e splendore che non può essere guardato direttamente (cf. 1Tm 6,15-16).  Il Figlio è la luce del sole che scende dal cielo sulla terra per illuminarla, rendendo possibile vivere e vedere la realtà del mondo (cf Gv 1,4-6; 2 Cor 4,6; Eb1,3).  Lo Spirito Santo è l’invisibile ma ben percepibile calore del sole, l’energia proveniente dalla luce solare, che vivifica e sostiene ogni essere. 
Un’altra metafora dalla radice biblica (Isaia) e patristica (sant’Ireneo) è quella che dipinge il Figlio e lo Spirito Santo come le due braccia di Dio Padre.
Dio Padre fa tutto attraverso le sue braccia e le sue mani: per mezzo del Figlio e dello Spirito ha creato il mondo, ha salvato Israele dall’Egitto portandolo tra le braccia (Is 63,9) e ha mostrato ai popoli con i miracoli la “potenza del suo braccio”. Le braccia del padre misericordioso rimangono sempre aperte per accogliere il figlio prodigo che torna nell’abbraccio della Trinità santa….
Dunque, ricapitolando, sono utili le metafore che ci aiutano a cogliere l’azione dell’unico di Di come trinità di persone, soprattutto quelle già collaudate dall’uso dei Padri o dalla lettura tipologica della Scrittura.


Ma ci sono anche delle metafore “pericolose”, che possono indurre a opinioni errate, non ortodosse. Il pericolo principale, soprattutto per noi occidentali latini, è il modalismo, quella visione, cioè, che interpreta la Trinità come un triplice modo di essere e di apparire dell’unico Dio. Per tale motivo è da evitare, per esempio, l’illustrazione per cui Dio è trino allo stesso modo dell’elemento chimico acqua, che sempre come H2O può trovarsi allo stato liquido, solido o gassoso. Ma in realtà l’acqua non si trova contemporaneamente in questi stati, e neppure necessariamente (mentre lo sono le tre persone divine!).
Il pericolo opposto al modalismo, il triteismo (cioè il pensare alle 3 persone come a 3 dèi) non è in realtà oggi così diffuso. Qui non aiutano certe immagini popolari della Trinità come il Vecchio con la barba, il giovane seduto accanto a lui e la colomba che vola tra loro. Quest’immagine abbastanza recente può essere rettamente decodificata da chi prima conosce la realtà dogmatica, altrimenti rischia di essere una rappresentazione troppo pesantemente mitologica (stile antichi dèi Greci...). Tra l’altro rappresentare il Padre in forma umana non è una gran buona idea, non solo per l’Antico, ma anche per il Nuovo Testamento. Al massimo, più corretta è la rappresentazione antica di tre figure perfettamente identiche e nello stesso atteggiamento, come vediamo nell’immagine che raffigura l’antica icona del Santuario della Trinità di Vallepietra: sembrano “tre Gesù”, e non è un caso, visto che San Giovanni fa dire a Cristo: «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 10,15). Ma anche qui stiamo tornando alle immagini per gli occhi e non per le orecchie.


Per mettere, infine, l’accento sulle relazioni delle tre Persone, relazioni che costituiscono il proprium di ciascuna nel possesso comune della sostanza divina, si può usare con attenzione la metafora della famiglia. Anche questa ha un fondamento biblico: Gn 1,27: Dio crea l’uomo a sua immagine e somiglianza, maschio e femmina li creò, e subito (cf. Gn 1,28) affida alla prima coppia il compito di generare.
Il matrimonio, dalla cui relazione d’amore nasce un figlio, è perciò una significativa metafora delle relazioni d’amore intratrinitarie – sebbene nella distensione del tempo e non nella concentrazione dell’eternità – una metafora che riflette e partecipa in questo caso realmente, ontologicamente, all’essere immagine del Dio trinitario, in cui l’amore del Padre per il Figlio e del Figlio per il Padre costituiscono la persona dello Spirito Santo. Rispettando il principio metaforico, che non sopporta la vivisezione allegorica, e la corrispondenza di ogni punto dell’immagine, possiamo ben prendere anche la famiglia come punto di partenza per l’omelia della prossima solennità.

giovedì 27 maggio 2010

Prefazio cantato della Santissima Trinità

Una reliquia antichissima della liturgia romana, passata praticamente intatta al vaglio della riforma - nonostante le voci che volevano eliminarla. Parliamo del prefazio della Santissima Trinità. Un capolavoro di poesia liturgica, che in poche e sintetiche righe esprime le linee del dogma trinitario, il volto del Dio cristiano.
Questo testo lo troviamo già contenuto nel Sacramentario Gelasiano (sec. VII) e collocato nell’ottava dopo Pentecoste. Con tutta probabilità è però originario del tempo di Leone Magno (sec. V), o addirittura vergato dalla stessa mano del Santo Dottore, di cui di sicuro riflette il pensiero. Sarebbe pertanto una delle prime testimonianze della liturgia occidentale nella quale si esprime la fides Trinitatis. Non dimentichiamo che gli Ariani erano ancora in giro e ben forti!

Merita di essere conosciuto, studiato e cantato bene dai sacerdoti.
Vi propongo la forma latina rivista, pubblicata nel Messale di Paolo VI. Ci sono solo due minime variazioni: il differentia discretionis del 1962 diventa discretione, e il Quam dell'illatio al Sanctus diventa Quem: non ho ben capito il perchè di quest'ultimo passaggio, probabilmente perchè viene riferito al Padre e non alla Trinità intera.
Vere dignum et iustum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine, sancte Pater, omnípotens ætérne Deus:
Qui cum Unigénito Fílio tuo et Spíritu Sancto
unus es Deus, unus es Dóminus: 
non in uníus singularitáte persónæ, 
sed in uníus Trinitáte substántiæ. 
Quod enim de tua glória, revelánte te, crédimus, 
hoc de Fílio tuo,
hoc de Spíritu Sancto, 
sine discretióne sentímus.
 
Ut, in confessióne veræ sempiternæque Deitátis,
et in persónis propríetas, 
et in esséntia únitas, 
et in maiestáte adorétur æquálitas. 
 
Quem laudant Angeli atque Archángeli, Chérubim quoque ac Séraphim, qui non cessant clamáre cotídie, una voce dicéntes: 
Sanctus, Sanctus, Sanctus...
E' veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.

Con il tuo unico Figlio e con lo Spirito Santo sei un solo Dio, un solo Signore, non nell'unità di una sola persona, ma nella Trinità di una sola sostanza.
Quanto hai rivelato della tua gloria, noi lo crediamo, e con la stessa fede, senza differenze, lo affermiamo del tuo Figlio e dello Spirito Santo.

E nel proclamare te Dio vero ed eterno,
noi adoriamo la Trinità delle Persone,
l'unità della natura, l'uguaglianza nella maestà divina.
Gli Angeli e gli Arcangeli, i Cherubini e i Serafini, non cessano di esaltarti uniti nella stessa lode:
Santo, Santo, Santo.....



Ecco il prefazio della SS. Trinità cantato da un giovane sacerdote olandese, Ignas Tilma, durante la sua prima messa. A proposito: auguri a padre Ignas che compie nei prossimi giorni un anno di sacerdozio. E, come si sente dal video, ha iniziato bene:

lunedì 24 maggio 2010

Dedicazione della Basilica di San Francesco in Assisi

Una festa francescana che ci conduce tutti a fare una visita virtuale alla Chiesa-Santuario che racchiude le spoglie del Serafico Patriarca.
Quando si passa per Assisi si capisce che è proprio vero che le pietre sanno parlare.
Mentre festeggiamo la dedicazione al culto di Dio di questo capolavoro dell'ingegno umano, ci vediamo un breve documentario che illustra gli ultimi restauri ricostruttivi, seguenti il terribile terremoto del 1997.
In quella tragica occasione l'altare cosmatesco dedicato nel 1253 da Papa Innocenzo IV fu completamente sbriciolato.
C'è sempre il rischio di perdere questi fragili, seppur imponenti, manufatti del genio artistico dell'umanità. Speriamo invece che, alla scuola di questi templi costruiti dai nostri avi, si ispirino quanti oggi devono continuare ad edificare chiese e santuari da dedicare alla gloria di Dio (e non alla fama degli architetti...).


Per chi vuole approfondire: un bel video commentato da p. Luigi Marioli che ci porta a spasso in una visita alla Basilica Superiore di Assisi

Il tempo dei paramenti "verdi", tempo dello Spirito Santo.


Inizia quello che oggi si chiama, con una terminologia un tantino insipida, "tempo ordinario". Fino a pochi decenni fa aveva il nome di "tempo dopo Pentecoste": il tempo dello Spirito Santo, che per tutte le lunghe settimane che vanno dalla nascita della Chiesa al ricominciare del ciclo liturgico con l'Avvento, è il protagonista della vita dei cristiani.
Il colore dello Spirito Santo, nel rito Romano, è il rosso. Nel rito ambrosiano questo colore del fuoco dello Spirito continua a caratterizzare tutto il tempo "dopo Pentecoste". Invece nel rito Romano, il tempo che segue la festa di Pentecoste (o l'ottava di Pentecoste nella forma straordinaria) prende i paramenti liturgici verdi. Come mai? Che c'entra il verde? Prima di tutto bisogna dire che non c'entra niente con la "speranza". Anzi, è un indizio ulteriore che il cosiddetto "tempo ordinario", vuole essere il tempo dello Spirito. La Pentecoste, infatti, inaugura per ebrei e cristiani il tempo della pienezza della natura, del rinverdire di ogni cosa. A Pasqua questo si intravvedeva. Ora la fioritura è compiuta e si raccolgono i primi frutti. Verde è dunque colore appropriato al "vivificante Spirito" di Dio. Ed è infatti il colore che i bizantini vestono proprio nel giorno di Pentecoste!
Nell'adottare questo colore per tutto il tempo "post Pentecosten" la Chiesa Romana altro non fa che mettere la propria quotidiana esistenza sotto il continuo influsso dello Spirito che dà la vita, e che rende gioiosa la giovinezza sempre presente della comunità che si accosta al santo Altare.
Celebrazione della Pentecoste in una chiesa ortodossa, notate i paramenti verdi e la pioggia di rose che scende alla lettura del Vangelo.

domenica 23 maggio 2010

Gran finale del tempo di Pasqua: antifona dei II Vespri (Andrea Gabrieli)

Antifona al Magnificat:
Hódie compléti sunt dies Pentecóstes, allelúia; hódie Spíritus Sanctus in igne discípulis appáruit, et tríbuit eis charísmatum dona; misit eos in univérsum mundum prædicáre et testificári: Qui credíderit et baptizátus fúerit, salvus erit, allelúia.

Oggi si compiono i giorni della Pentecoste, alleluia; oggi lo Spirito appare nel fuoco ai discepoli; conferisce loro doni carismatici; li manda in tutta la terra per predicare e dare testimonianza: Chi crederà e sarà battezzato avrà la salvezza, alleluia.


La pioggia di rose al Pantheon: si rinnova la discesa dello Spirito Santo

Anche quest'anno a Roma, nella Basilica di Santa Maria ad Martyres (Pantheon) si è ripetuta la drammatizzazione della discesa dello Spirito Santo. Sacchi e sacchi di petali di rose, allo scoccare del mezzogiorno, sono stati fatti scendere dall'oculus della cupola sui fedeli riuniti nella chiesa con il naso all'insù, mentre il coro cantava l'inno "Veni creator Spiritus".
Uno spettacolo che John Sonnen ha ripreso con la sua telecamera e prontamente messo a disposizione su YouTube:

Sant'Antonio: sermone di Pentecoste. Qualche spunto per la predica....


«Apparvero loro delle lingue come di fuoco, che si dividevano e si posarono su ciascuno di essi», perché per mezzo delle lingue del serpente, di Eva e di Adamo la morte entrò nel mondo (cf. Sap 2,24). La lingua del serpente inoculò il veleno in Eva, la lingua di Eva lo inoculò in Adamo e la lingua di Adamo tentò di ritorcerlo contro il Signore. La lingua è un membro freddo, è sempre immersa nell'umidità, e quindi è un male ribelle ed è piena di veleno mortale (cf. Gc 3,8), del quale nulla è più freddo. Lo Spirito Santo apparve perciò in forma di lingue di fuoco per opporre lingue a lingue, e fuoco a veleno mortale.

E considera che il fuoco ha quattro proprietà: brucia, purifica, riscalda e illumina. Allo stesso modo lo Spirito Santo brucia i peccati, purifica i cuori, elimina il torpore del freddo e illumina, ossia rende chiare le cose che si ignorano. Il fuoco è anche incorporeo e invisibile per sua natura, ma quando investe qualche oggetto assume varie colorazioni a seconda dei materiali nei quali brucia. Così lo Spirito Santo non può essere veduto se non per mezzo delle creature nelle quali opera.
Osserva ancora che la dispersione [confusione] delle lingue avvenne nella torre di Babele (cf. Gn 11,8-9), per il fatto che la superbia disunisce e disperde, mentre l'umiltà riunisce. Nella superbia c'è la dispersione, nell'umiltà c'è la concordia. Ecco che si compie così la promessa del Signore: Non vi lascerò orfani, ma vi manderò lo Spirito Paràclito (cf. Gv 14,18. 26), il quale fu il loro avvocato e parlò a tutti in loro favore. Colui che veniva per la Parola portò le lingue. Tra lingua e parola c'è una parentela: non possono essere divise una dall'altra; così la Parola (il Verbo) del Padre, cioè il Figlio, e lo Spirito Santo sono inseparabili, anzi hanno un'unica natura.

«E tutti furono pieni di Spirito Santo e incominciarono a parlare diverse lingue, come lo Spirito Santo dava loro di esprimersi». Ecco il segno della pienezza: il vaso pieno trabocca, il fuoco non può essere occultato. Parlavano tutte le lingue, oppure parlavano la propria lingua, l'ebraica, e tutti li capivano come se parlassero la lingua di tutti. Lo Spirito Santo, «distribuendo i suoi doni a ciascuno come vuole» (1Cor 12,11), infonde la sua grazia dove vuole, come vuole, quando vuole, in chi vuole e nella misura che vuole. Si degni di infonderla anche in noi, colui che in questo giorno infuse la grazia negli apostoli per mezzo delle lingue di fuoco. A lui sia sempre lode e gloria nei secoli eterni. Amen.
(Pent. I, §3)

sabato 22 maggio 2010

Libretto della celebrazione papale della Pentecoste 2010

Ecco il libretto per la celebrazione della Pentecoste di domani a San Pietro. Molto bello e semplice. Missa lux et origo gregoriana, alcuni canti dal Graduale Simplex e altri mottetti in italiano. Particolari le miniature che abbelliscono il libretto: sono seicentesche miniature di un frate della Madonna dell'Arco (NA), capolettera raffiguranti temi pasquali. Da sfogliare e da utilizzare per seguire la celebrazione papale in TV o alla radio.




Origine del libretto: http://www.vatican.va/news_services/liturgy/libretti/2010/20100523.pdf

Spiritus Dei: dopo The Priests arrivano Les Prêtres. Si moltiplicano i sacerdoti che cantano...da preti.

L'anno sacerdotale ci porta un'altra sorpresa. Vengono dalla Francia sono due preti e un seminarista della diocesi di Gap, e prendendo a modello il gruppo irlandese "The Priests", si sono messi anche loro ad incidere CD, non solo per "lanciare il loro messaggio in musica", ma anche per raggranellare qualche soldino per aprire una scuola in missione e riparare qualche chiesa in patria. Il tutto benedetto dal loro vescovo, Di Falco, che li appoggia e compare anche in un videoclip del loro album "Spiritus Dei". Dopo un solo mese dall'uscita del loro primo disco avevano già venduto 100.000 copie: l'ANSA scriveva "enorme successo" per questo gruppo musicale di preti.
La particolarità di questi sacerdoti cantanti, rispetto ad un recente e non molto esaltante passato, è che cantano in quanto sacerdoti: sia pre ciò che riguarda i testi, sia per ciò che riguarda la musica, mettendosi consciamente e opportunamente in collegamento con la tradizione della Chiesa e a servizio della diocesi. Il loro intento è quello di offrire nuovamente alla cultura popolare, magari con arrangiamenti e sonorità attualizzate, grandi contenuti scomparsi improvvisamente ed improvvidamente dalle scene. E pare che tutto ciò ripaghi bene e fornisca anche mezzi di sussistenza, oggi necessari più che mai a qualche Chiesa nazionale che non può contare sull'aiuto dello Stato.

In appena un paio di mesi questa loro canzone è stata richiesta, solo su YouTube, da oltre 250mila persone, e non è poco. Se seguite il video, capirete come esso racconta la storia della cattedrale, che dal medioevo ad  oggi ha visto il popolo di Dio servito dai suoi sacerdoti, in un flusso di continuità in cui cambiano i vestiti, ma le situazioni delle persone, gioiose o tristi, sono le stesse.


Se poi si pensa che la musica del brano non è affatto originale, ma riprende il tema della Sarabanda di Haendel, dei primi del XVIII sec., il successo è ancor più stupefacente. Senza parlare dell'orrendo LATINO che costituisce la lingua del ritornello del pezzo!!

Domine Deus
ad te confugio
in asperis rebus
lacrimas effundo

infirmitatem
nostram respice
et fac hominem
cum amorem tuum
commiscere.

Tant de blessures
tant de souffrances
et tant de révoltes
tant de pourquoi.

Toi seul apaises
toi seul consoles
toi seul sais répondre
a cet abime au fond de moi.

rit...

Dieu, tiens prends mes larmes
car sous ton regard
ta force devient ma force
pour affronter la vie armé
de ton amour

parce que tu m'aimes
toi qui m'as donné
la foi pour te chanter
et pour la vie

rit...


La Pentecoste e la locusta: curiosa immagine del Santo di Padova

Dai Sermoni di Sant'Antonio colgo questa curiosa immagini della Chiesa-locusta:

La locusta, quando il sole brucia, fa salti e voli; così la chiesa primitiva, quando nel giorno della Pentecoste lo Spirito Santo la infiammò, fece in tutto il mondo i salti e i voli della predicazione. «In tutta la terra si è diffuso il suono della loro voce» (Sal 18,5). (Ress. Dom. II, §4)



venerdì 21 maggio 2010

Canto della vigilia di Pentecoste (e per la Santissima Trinità)

Un Introito per due feste. Nel messale gregoriano il canto "Caritas Dei", che tradizionalmente segna il sabato vigilia di Pentecoste (in entrambe le forme del rito romano), nella forma Ordinaria è anche il canto d'ingresso consigliato per la solennità della SS. Trinità anno C (quest'anno), anche se Benedicta sit, secondo me, va comunque meglio.
Sostituiamo dunque canterelli e canticcini dai testi malfermi e melensi, con questo solidissimo ma semplice introito: altro che Sanremo, qui il testo è di SAN PAOLO, e la musica della SANTA CHIESA. Non so se mi spiego.

Testo da  Rm 5,5; 8,11L’amore di Dio è stato effuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito, che ha stabilito in noi la sua dimora. Alleluia. 
Ve lo propongo in un'ottima esecuzione e con spartito al seguito:



giovedì 20 maggio 2010

San Bernardino su sant'Antonio

Oggi ricordiamo san Bernardino da Siena, grande devoto del suo confratello Antonio di Padova (nella lunetta del Mantegna sorreggono il monogramma di Cristo). La devozione manifestata da Bernardino è quella comune a tutti i francescani dei primi secoli, purtroppo messa in ombra nell'ultimo scorcio del secolo scorso. Antonio è per Bernardino modello di santità e di predicazione. Soprattutto il santo di Siena vede Antonio come il seguace più perfetto di Francesco d'Assisi, colui che raccoglie il vessillo del Fondatore, addirittura la seconda pietra angolare dell'Ordine dei Minori (Cf. "Dialogus inter religionem et mundum", Opera Omnia, vol I, p.196):
Lapis secundarius huius fundamenti
exstitit Antonius, vir tanti momenti
quod Papa Gregorius, loco cognomenti
vocavit hunc saepius Arcam Testamenti.

Dice Bernardino nel De expugnatione Paradisi, ser. II, pars I, che a San Francesco "fu dato come socio (compagno) sant'Antonio confessore di Padova a cui consegnò il suo vessillo (la croce), mettendolo nelle sue proprie mani". Sant'Antonio, scrive Bernardino, è "quell'altro Angelo che vide Giovanni e di cui parla nell'Apocalisse, perchè Antonio visse davvero come un Angelo". Bernardino rincara: "Antonio fu il più fidato compagno che ebbe San Francesco, tanto che questi lo chiamava mio vescovo". Il riferimento è alla lettera che Francesco scrisse ad Antonio autorizzandolo ad insegnare teologia ai Frati.
Ritengo interessanti queste forti affermazioni, che ci fanno capire quale fosse la coscienza dei frati francescani nei confronti degli unici due santi canonizzati del loro Ordine (ancora nel XV sec.). Sempre insieme, Francesco e Antonio, pietre fondamentali e complementari, dell'Ordine dei Minori.

Prefazio di pentecoste: cantato da Benedetto XVI

Prefazio di Pentecoste (Messale di Paolo VI), in tono solenne, cantato nel 2008 da Papa Benedetto; seguito dal Sanctus della Missa Lux et Origo (melodia tipica del tempo pasquale) e preghiera eucaristica III. Un esempio di celebrazione post-conciliare in continuità con la Tradizione, di nobile semplicità e compresa solennità.
L'intero libretto della celebrazione è reperibile in PDF a questo link.



Dominus vobiscum.                        Il Signore sia con voi.
R. Et cum spiritu tuo.                    R. E con il tuo spirito.
V. Sursum corda.                         V. In alto i nostri cuori.
R. Habemus ad Dominum.                R. Sono rivolti al Signore.
V. Gratias agamus Domino Deo         V. Rendiamo grazie al Signore  
nostro.                                            nostro Dio
R. Dignum et iustum est.                R. È cosa buona e giusta.


Tu enim, sacramentum pascha-    Oggi hai portato a compimento
le consummans, quibus, per        il mistero pasquale e su coloro
Unigeniti tui consortium, filios      che hai reso figli di adozione in
adoptionis esse tribuisti, hodie     Cristo tuo Figlio hai effuso lo
Spiritum Sanctum es largitus;      Spirito Santo, che agli albori
qui, principio nascentis Eccle-       della Chiesa nascente ha rivelato
siæ, et cunctis gentibus scien-     a tutti i popoli il mistero nascosto
tiam indidit deitatis, et lingua-      nei secoli, e ha riunito i linguaggi
rum diversitatem in unius fidei     della famiglia umana nella pro-
confessione sociavit.                   fessione dell’unica fede.

Quapropter, profusis paschali-       Per questo mistero, nella pie-
bus gaudiis, totus in orbe ter-       nezza della gioia pasquale,
rarum mundus exsultat. Sed et     l’umanità esulta su tutta la terra
supernæ virtutes atque angelicæ    e con l’assemblea degli angeli
potestates hymnum gloriæ tuæ     e dei santi canta l’inno della tua
concinunt, sine fine dicentes:      gloria:

cliccare l'immagine per ingrandire

martedì 18 maggio 2010

18 maggio 1920: 90 anni fa nasceva Papa Wojtyła

Ricorre oggi il novantesimo anniversario della nascita di Giovanni Paolo II. Lo ricordiamo con questa testimonianza vocazionale dalla sua viva voce. Seminarista, prete, vescovo e Papa.



Una videomeditazione apparsa su Rai Tre, a proposito del ricordo e delle ricorrenze papali, con belle immagini della gioventù di Papa Giovanni Paolo II.


II Parte del documentario sulla nascita e giovinezza di Karol Wojtyla

domenica 16 maggio 2010

Il pensiero del Papa sul rapporto Movimenti laicali e Chiesa

Il 13 maggio Papa Benedetto, incontrando a Fatima i vescovi del Portogallo, ha fatto loro un discorso forte, passato un po' sotto silenzio (lo potete leggere qui). All'interno del discorso il Papa ha parlato ai presuli di quale grazia siano i Movimenti laicali nati con il Concilio Vaticano II, ma anche è stato molto, ma molto chiaro a proposito del compito dei vescovi nei confronti dei fedeli che partecipano a tali movimenti. Solo i vescovi, quali successori degli apostoli e vicari di Cristo nelle loro chiese locali, hanno da Dio il carisma della guida pastorale e anche, dove necessario, della correzione. I movimenti, ha detto con grande franchezza il Papa devono "sottomettersi" ai Pastori, e la loro prima preoccupazione dovrebbe essere quella di camminare con la "Chiesa comune" e tenere la "fede comune", ossia quella che è "in comune" e mantiene la comunione. 
Mi pare che ogni altro commento sia non necessario, applicate voi ai vari movimenti ecclesiali che conoscete.

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

....A questo proposito, vi confesso la piacevole sorpresa che ho avuto nel prendere contatto con i movimenti e le nuove comunità ecclesiali. Osservandoli, ho avuto la gioia e la grazia di vedere come, in un momento di fatica della Chiesa, in un momento in cui si parlava di «inverno della Chiesa», lo Spirito Santo creava una nuova primavera, facendo svegliare nei giovani e negli adulti la gioia di essere cristiani, di vivere nella Chiesa, che è il Corpo vivo di Cristo. Grazie ai carismi, la radicalità del Vangelo, il contenuto oggettivo della fede, il flusso vivo della sua tradizione vengono comunicati in modo persuasivo e sono accolti come esperienza personale, come adesione della libertà all’evento presente di Cristo.

Condizione necessaria, naturalmente, è che queste nuove realtà vogliano vivere nella Chiesa comune, pur con spazi in qualche modo riservati per la loro vita, così che questa diventi poi feconda per tutti gli altri. I portatori di un carisma particolare devono sentirsi fondamentalmente responsabili della comunione, della fede comune della Chiesa e devono sottomettersi alla guida dei Pastori. Sono questi che devono garantire l’ecclesialità dei movimenti. I Pastori non sono soltanto persone che occupano una carica, ma essi stessi sono portatori di carismi, sono responsabili per l’apertura della Chiesa all’azione dello Spirito Santo. Noi, Vescovi, nel sacramento, siamo unti dallo Spirito Santo e quindi il sacramento ci garantisce anche l’apertura ai suoi doni. Così, da una parte, dobbiamo sentire la responsabilità di accogliere questi impulsi che sono doni per la Chiesa e le conferiscono nuova vitalità, ma, dall’altra, dobbiamo anche aiutare i movimenti a trovare la strada giusta, facendo delle correzioni con comprensione – quella comprensione spirituale e umana che sa unire guida, riconoscenza e una certa apertura e disponibilità ad accettare di imparare....

sabato 15 maggio 2010

Ascensione del Signore: meditando il mistero con "Lumen Gentium"

La costituzione dogmatica sulla Chiesa del Concilio Vaticano II, Lumen Gentium, al num. 48 scrive:

E invero il Cristo, quando fu levato in alto da terra, attirò tutti a sé (cfr. Gv 12,32 gr.); risorgendo dai morti (cfr. Rm 6,9) immise negli apostoli il suo Spirito vivificatore, e per mezzo di lui costituì il suo corpo, che è la Chiesa, quale sacramento universale della salvezza; assiso alla destra del Padre, opera continuamente nel mondo per condurre gli uomini alla Chiesa e attraverso di essa congiungerli più strettamente a sé e renderli partecipi della sua vita gloriosa col nutrimento del proprio corpo e del proprio sangue. Quindi la nuova condizione promessa e sperata è già incominciata con Cristo; l'invio dello Spirito Santo le ha dato il suo slancio e per mezzo di lui essa continua nella Chiesa, nella quale siamo dalla fede istruiti anche sul senso della nostra vita temporale, mentre portiamo a termine, nella speranza dei beni futuri, l'opera a noi affidata nel mondo dal Padre e attuiamo così la nostra salvezza (cfr. Fil 2,12).

Lettera di Suor Lucia, veggente di Fatima, a un sacerdote molto preoccupato e occupato

Un ringraziamento al mio confratello Varghese Puthussery Ofm conv. (provincia indiana del Kerala) che condivide questa bella pagina dalle lettere di suor Lucia a un sacerdote molto impegnato, ma forse con poco tempo da dedicare alla preghiera:

Caro padre: Pax Christi! 
     Ho notato nella sua lettera che è molto preoccupato per il disorientamento del tempo presente. È nella verità quanto lei lamenta che tanti si lascino dominare dall’onda diabolica che schiavizza il mondo e si incontrano tanti ciechi che non vedono l’errore.
Ma il principale errore è che questi abbandonarono la preghiera, allontanandosi da Dio e senza Dio tutto gli viene meno, perché senza di me non potete fare nulla ( Gv 15,5).
     Ora, ciò che soprattutto raccomando è che ci si avvicini al Tabernacolo e si faccia orazioneLì si incontrerà la luce e la forza per nutrirsi e donarsi agli altri. Donarsi  con soavità, con umiltà e, nello stesso tempo con fermezza. Perché coloro che esercitano una responsabilità hanno il dovere di tenere la verità nella dovuta considerazione, con serenità, con giustizia, con carità. Per  questo hanno bisogno ogni giorno di più pregare, di stare vicino a Dio, di trattare con Dio di tutti i problemi prima di affrontarli con le creature. Continui  per questa strada e vedrà che vicino al Tabernacolo troverà più sapienza, più luce, più forza, più grazia e più virtù che giammai potrà incontrare nei libri, negli studi, né presso creatura alcuna.
     Non giudichi mai perduto il tempo che passa nell’orazione e vedrà come Dio le comunicherà la luce, la forza e la grazia di cui ha bisogno, e anche quello che Dio le chiede.
È questo che importa: fare la volontà di Dio, rimanere dove Egli ci vuole e fare ciò che Egli ci chiede. Ma sempre con spirito di umiltà, convinti che da soli non siamo niente e che deve essere Dio a lavorare in noi e servirsi di noi per tutto quello che Lui domanda.
     Per questo abbiamo tutti bisogno di intensificare  molto la nostra vita di interiore unione con  Dio e tutto ciò si consegue per mezzo della preghiera. Che a noi manchi il tempo per tutto, meno che per la preghiera, e vedrà come in meno tempo si farà molto!
     Tutti noi, ma specialmente chi ha una responsabilità, senza la preghiera, o che abitualmente sacrifica la preghiera per le cose materiali è come una penna d’oca di cui ci si serve per sbattere l’albume delle uova, elevando castelli di schiuma che, senza zucchero per sostenerli, in seguito si disgregano e si disfanno trasformandosi in acqua putrida.
     Per questo Gesù Cristo disse: voi siete il sale della terra, ma se questo perde la forza , a niente altro più serve se non per essere gettato via.
E, siccome questa forza solo da Dio possiamo riceverla, abbiamo bisogno di avvicinarci a Lui, perché ce la comunichi e questa vicinanza si realizza solo per mezzo della preghiera, che è il luogo in cui l’anima si incontra direttamente con Dio.
     Raccomandi questo a tutti i suoi fratelli sacerdoti e lo sperimenteranno. E poi mi dica se mi sono ingannata. Sono ben certa di quale sia il principale male del mondo attuale e la causa del regresso nelle anime consacrate. Ci allontaniamo da Dio, e senza Dio inciampiamo e cadiamo. Il demonio è astuto per saper qual è il punto debole e attraverso il quale ha da attaccarci. Se non stiamo attenti e non ci premuriamo con la forza di Dio, soccombiamo perché i tempi sono molto cattivi e noi siamo molto deboli. Solo la forza di Dio ci può sostenere.
     Veda se può portare avanti tutto con calma, confidando sempre in Dio e Lui farà tutto quello che noi  non possiamo fare e supplirà alla nostra insufficienza.

Suor Lucia, scc
A mons. Pasquale Mainolfi
Autore del libro:  Fatima –cronaca e profezia 
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